Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33624 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6372-2019 proposto da:

ESSEBI IMPIANTI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, B.F., domiciliati presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentati e difesi dall’avvocato PIERPAOLO SAFRET;

– ricorrenti –

contro

ISPETTORATO TERRITORIALE del LAVORO di TRIESTE e GORIZIA, AVVOCATURA CENTRALE DELLO STATO, AVVOCATURA DISTRETTUALE STATO TRIESTE;

– intimati –

contro

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 167/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 12/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/07/2021 dal Presidente Relatore Dott.ssa ESPOSITO LUCIA.

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Trieste confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione a ordinanza ingiunzione proposta da Essebi Impianti s.r.l. e B.F., quest’ultimo quale responsabile solidale, con la quale, a seguito di verbale di accertamento, era stata irrogata sanzione amministrativa in relazione a plurime violazioni (omessa comunicazione di assunzione di lavoratore, omessa registrazione nel libro unico, omessa consegna della lettera di assunzione e del tesserino prescritto per i lavoratori dell’edilizia, avviamento al lavoro senza prescritta visita medica);

rilevava la corte che lo svolgimento in concreto del rapporto, come emergente dall’istruttoria svolta, attestava il riferimento tipologico alla fattispecie del lavoro subordinato;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione B.F., in proprio e nella qualità di legale rappresentante di Essebi Impianti s.r.l., sulla base di cinque motivi;

il Ministero del Lavoro si è costituito al solo fine di intervenire in sede di discussione, mentre l’Ispettorato del lavoro è rimasto intimato;

la proposta del relatore, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerate non partecipata è stata notificata alla controparte.

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 osservando che sul primo motivo di appello, attinente a violazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att., il giudice d’appello si era limitato ad affermare che le doglianze relative alle carenze della sentenza di primo grado non avevano incidenza perché suscettibili di conversione in motivi di impugnazione;

con il secondo motivo rileva violazione degli artt. 111 Cost e art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. poiché, nel confermare la sentenza di primo grado quanto all’esistenza degli addebiti formulati, la Corte omette di indicare le norme, le ragioni giuridiche e i precedenti conformi a sostegno della decisione;

con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. e L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, allegato E, per avere la Corte omesso di pronunciarsi su due motivi di impugnazione, a loro volta riguardanti omessa pronuncia;

con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 2697 c.c. e del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 90, comma 4, art. 92 c.p.c., lett. C) e art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – erronea valutazione delle risultanze probatorie e conseguente erronea ricostruzione della questio facti con ulteriore conseguente erronea applicazione dell’art. 2094 c.c. e violazione degli artt. 2222,2223 e 2224 c.c., oltre alla violazione del principio dell’onere della prova, rilevando che il Ministero, pur essendone gravato, non aveva allegato e provato gli elementi che contraddistinguono un rapporto di lavoro subordinato;

con il quinto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e L. n. 689 del 1981, art. 23, u.c., rilevando che con il nono motivo d’appello era stato censurato il ragionamento del Tribunale che aveva affermato la mancanza di prova di prestazioni davvero autonome da parte del dipendente e che tale motivo che era stato implicitamente rigettato dalla Corte territoriale, sicché in questa sede veniva riproposto;

i motivi sub 1 e 3 sono infondati poiché, stante l’esito complessivo della decisione, con riferimento alle esposte doglianze non è ravvisabile omessa pronuncia, conformemente al principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui “Il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132 c.p.c., n. 4, che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'”iter” argomentativo seguito. Ne consegue che il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto”;

il secondo motivo è infondato poiché la sentenza rende leggibile l’iter fattuale e logico sotteso alla decisione, mentre non sono ravvisabili carenze di motivazione atte a configurare violazione dell’art. 132 c.p.c. secondo i parametri fissati da 8053/2014 e molte altre decisioni conformi, risultando il vizio rilevato circoscritto al caso in cui la motivazione stessa non consenta alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, 8 (Cass. n. 13248 del 30/06/2020);

gli ultimi due motivi sono inammissibili poiché, pur formulati sub specie violazione di legge, tendono a una rivalutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità (Cass. n. 8758 del 04/04/2017, SU 34476 del 27/12/2019);

in base alle svolte argomentazioni in ricorso va rigettato, senza statuizione alcuna in ordine alle spese in mancanza di svolgimento di attività difensiva ad opera delle controparti;

in considerazione della statuizione, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 13 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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