Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33627 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22303-2015 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 39, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO GIUFFRE’, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO CARULLO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 523/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 28/05/2015 R.G.N. 464/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/04/2021 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE.

PREMESSO che T.A. ha agito in giudizio, avanti al Tribunale di Bologna, esponendo di essere stato assunto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con chiamata diretta, ai sensi della L. 24 ottobre 1977, n. 801, e decorrenza dal 16 dicembre 1983, per svolgere attività in favore del Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica (SISDE); di essere stato assegnato agli uffici di Bologna, inizialmente con la qualifica di “Segretario”, e di avere acquisito, con decorrenza dall’1 novembre 1985, la qualifica di “Collaboratore”, grado unico e apicale dell’area direttiva, immediatamente precedente il primo livello della fascia dirigenziale del Servizio; di essere stato trasferito a domanda, in data 11 dicembre 2006, alle dipendenze dell’Agenzia delle Dogane, dalla quale era stato inquadrato con la qualifica di funzionario, Area C, posizione economica C3 (divenuta in seguito, secondo le previsioni del nuovo c.c.n.l. delle Agenzie Fiscali, Area III, livello retributivo F4) e peraltro senza che, in tale passaggio, si tenesse conto dell’inquadramento e dell’anzianità acquisiti presso il SISDE, in contrasto con le disposizioni di cui al D.P.C.M. n. 7 del 1980, artt. 7 e 9;

– che, su tali premesse, il ricorrente ha chiesto che venisse accertato e dichiarato il suo diritto all’inquadramento nell’Agenzia delle Dogane come dirigente e, in via meramente subordinata, all’inquadramento come funzionario nell’Area III, livello retributivo F6, con le pronunce conseguenti;

– che il Tribunale ha respinto integralmente il ricorso;

– che con sent. n. 523/2015, depositata il 28 maggio 2015, la Corte di appello di Bologna ha confermato la decisione di primo grado;

– che, richiamati D.P.C.M. n. 7 del 1980, artt. 7 e 9 la Corte ha ritenuto non condivisibile la tesi dell’appellante, secondo la quale egli avrebbe avuto diritto all’inquadramento nella dirigenza o nella fascia retributiva F6 per il solo fatto di avere maturato nel SISDE una anzianità di servizio di ventuno anni, osservando, quanto alla domanda principale, come fosse necessario, per accedere alla categoria dirigenziale, superare un concorso in senso stretto, sicché non era ammissibile la fictio iuris dello scorrimento automatico prevista dal citato D.P.C.M.; osservando, con riferimento alla domanda subordinata, come l’accesso alla posizione richiesta, trattandosi di sviluppo economico all’interno della stessa Area, fosse subordinato alla partecipazione ad una procedura selettiva interna, secondo le previsioni del c.c.n.l. Comparto Agenzie Fiscali del 2004, procedura in relazione alla quale peraltro difettavano, nel caso concreto, allegazioni specifiche che chiarissero i requisiti di partecipazione stabiliti dall’autonomia collettiva sia nazionale che integrativa;

– che avverso detta sentenza della Corte di appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione il T. con unico motivo, assistito da memoria, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli;

RILEVATO

che con il motivo proposto, deducendo il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 con riferimento al D.P.C.M. n. 7 del 1980, artt. 7 e 9 nonché carenza e contraddittorietà della motivazione, il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte disapplicato la disciplina del D.P.C.M., della quale pure aveva riconosciuto la specialità e l’obbligatoria applicazione nel caso di specie, in particolare trascurando che, ai sensi dell’art. 7, l’intera anzianità maturata nei Servizi di informazione si deve considerare come svolta nei ruoli dell’Amministrazione di destinazione; che la stessa disposizione prevede che i concorsi, le selezioni e le valutazioni per l’avanzamento di carriera in quest’ultima si debbano ritenere utilmente superati dal dipendente trasferito e che il provvedimento di inquadramento o di promozione possa venire adottato anche in deroga alle norme generali;

osservato:

preliminarmente che è fatto pacifico che il ricorrente è stato assunto alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri con la modalità della chiamata diretta;

– che, pertanto, deve trovare applicazione nel caso di specie il D.P.C.M. n. 7 del 1980, art. 9 che riguarda specificamente il personale assunto direttamente per svolgere attività a favore degli organismi di informazione previsti dalla L. 24 ottobre 1977, n. 801, e non l’art. 7 medesimo D.P.C.M., che riguarda il personale rientrato nell’Amministrazione di originaria appartenenza dopo il servizio prestato nei predetti organismi;

– che l’art. 9 D.P.C.M. citato, per il personale assunto con chiamata diretta, stabilisce che “L’Amministrazione richiedente determina, tenuto conto del titolo di studio posseduto, delle funzioni svolte presso gli Organismi di informazione e dell’anzianità di servizio acquisita, il livello funzionale, il profilo professionale e l’anzianità che devono essergli attribuiti”;

– che diversa è la ragione ispiratrice delle due disposizioni, poiché l’art. 7 D.P.C.M. cit. si propone, attraverso rigidi meccanismi perequativi, di evitare qualsiasi penalizzazione del dipendente che, già inserito nel personale di un’Amministrazione civile o militare, si trovi, ad un certo momento della sua carriera, a collaborare con gli organismi di informazione, mentre l’art. 9 muove dalla duplice e concorrente necessità di operare un adeguato riconoscimento della professionalità dallo stesso acquisita nel servizio presso i suddetti organismi e, nel contempo, di tutelare l’interesse dell’Amministrazione di destinazione a collocare il nuovo dipendente – mai in precedenza vagliato quanto a grado di istruzione, preparazione, attitudini – in una posizione che sia utilmente correlata alle finalità che ne conformano l’azione, anche nell’osservanza del principio di “buon andamento” dei pubblici uffici e del principio per il quale agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso (art. 97 Cost.);

– che tale diversità di ragione ispiratrice è comprovata dalla stessa formulazione dell’art. 9, là dove è previsto che l’Amministrazione di destinazione debba “tener conto”, nelle proprie determinazioni, del titolo di studio posseduto, delle funzioni svolte presso gli organismi di informazione e dell’anzianità ivi maturata dal dipendente da inquadrare: criteri, questi, che essa è chiamata a coordinare proficuamente nel contemperamento di esigenze diverse, ma la cui applicazione, pur nel raccordo con i criteri fissati all’art. 7, vede chiaramente esclusi gli automatismi che contraddistinguono invece la disciplina di quest’ultima disposizione, peraltro – come si è già rilevato – dettata per un’ipotesi affatto diversa, in cui è cogente il fine di evitare qualsiasi pregiudizio alle prospettive di una carriera già iniziata e parzialmente percorsa prima dell’assegnazione al nuovo servizio presso gli organismi di informazione, con tutte le aspettative che a tale situazione sono connesse;

ritenuto:

conclusivamente che il ricorso deve essere respinto;

– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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