Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.33756 del 12/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21218/2013 R.G proposto da:

Tikal S.p.A. in liquidazione, in qualità di incorporante di Finpaco Real Estate S.p.A. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Zizzo del foro di Milano, Claudio Lucisano e Sonia Vulcano, del foro di Roma, elettivamente domiciliata presso gli ultimi due difensori in Roma, alla via Crescenzio n. 91;

– ricorrente –

contro

Equitalia Sud S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Gioia Vaccari, presso cui elettivamente domicilia in Roma, al viale Gioacchino Rossini n. 18;

– controricorrente –

e:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e difesa, ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza, dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, in via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 53/1/13, pronunciata in data 13 novembre 2012, depositata in data 1 febbraio 2013 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16 aprile 2021 dal consigliere Andreina Giudicepietro.

RILEVATO

che:

Tikal S.p.A. in liquidazione, in qualità di incorporante di Finpaco Real Estate S.p.A. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, ricorre con sei motivi contro l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Sud S.p.A. per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 53/1/13, pronunciata in data 13 novembre 2012, depositata in data 1 febbraio 2013 e non notificata, che ha rigettato l’appello della società contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa della cartella di pagamento emessa a seguito di controllo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, ed del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, per maggiori imposte relative all’anno 2007;

con la sentenza impugnata, la C.t.r. riteneva che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 11,14,15 e 15 bis, nei ruoli straordinari potessero essere iscritte, per l’intero ammontare, le imposte dovute, sia a titolo provvisorio, sia a titolo definitivo, purché vi fosse il fondato pericolo per la riscossione;

nel caso di specie, secondo il giudice di appello, il fondato pericolo era costituito dalla messa in liquidazione della società debitrice, pertanto l’ufficio aveva legittimamente iscritto a ruolo straordinario le somme dovute per omessi versamenti di imposta per l’anno 2007;

a seguito del ricorso, Equitalia Sud S.p.A. resiste con controricorso, mentre l’Agenzia delle entrate si è costituita ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza;

il ricorso è stato fissato per la Camera di consiglio del 16 aprile 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

i difensori della ricorrente hanno rinunciato al mandato.

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, la ricorrente denunzia l’illegittimità della sentenza impugnata laddove i giudici di appello hanno ammesso la possibilità di iscrivere a ruolo straordinario gli importi liquidati D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, per la violazione del combinato disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 11,14,15 e 15 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

secondo la società ricorrente, l’iscrizione nei ruoli straordinari sarebbe possibile solo per l’iscrizione nei ruoli in base ad accertamenti non definitivi, in quanto l’art. 15 bis citato (sull’iscrizione nei ruoli straordinari) opererebbe in deroga del solo art. 15 (sull’iscrizione in base ad accertamenti non definitivi), prevedendo che le imposte, gli interessi e le sanzioni debbano essere iscritte per l’intero importo risultante dall’avviso di accertamento, senza alcun riferimento all’art. 14 (sull’iscrizione a titolo definitivo);

sostiene la ricorrente che il ruolo straordinario costituirebbe il mezzo attraverso il quale l’amministrazione finanziaria, in deroga alla regola generale della riscossione frazionata in pendenza di giudizio, per gli accertamenti non definitivi e in presenza di un fondato pericolo per la riscossione, potrebbe pretendere il pagamento integrale di quanto richiesto;

il motivo è infondato e va rigettato;

ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 11, “1. Nei ruoli sono iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi.

2. I ruoli si distinguono in ordinari e straordinari.

3. I ruoli straordinari sono formati quando vi è fondato pericolo per la riscossione”;

il D.P.R. citato, art. 14, a sua volta prevede che “Sono iscritte a titolo definitivo nei ruoli: a) le imposte e le ritenute alla fonte liquidate ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 36-bis e 36-ter, al netto dei versamenti diretti risultanti dalle attestazioni allegate alle dichiarazioni…”;

l’art. 15, vigente ratione temporis, disciplinava le ipotesi di iscrizione nei ruoli provvisori delle imposte, dei contributi e dei premi, corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, nonché la misura dell’ammontare da iscrivere;

il D.P.R. citato, il successivo art. 15 bis, prevedeva che “1. In deroga all’art. 15, nei ruoli straordinari le imposte, gli interessi e le sanzioni sono iscritti per l’intero importo risultante dall’avviso di accertamento, anche se non definitivo”;

alla luce della normativa sopra indicata, in tema di riscossione delle imposte sui redditi, l’emissione del ruolo straordinario con obbligo di pagamento immediato delle imposte iscritte, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 11, è legittima quando sussiste il requisito previsto dalla legge e consistente nel fondato pericolo per la riscossione (cfr. Cassazione civile sez. VI, 13/01/2014, n. 458);

la deroga, che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15 bis, prevede con riferimento all’ipotesi dell’iscrizione provvisoria, disciplinata dal precedente art. 15, introduce la possiblità, in caso di fondato pericolo per la riscossione, dell’iscrizione nei ruoli straordinari dell’intero importo delle imposte, degli interessi e delle sanzioni, risultante dall’avviso di accertamento, anche se non definitivo;

come è stato detto ” l’iscrizione nel ruolo straordinario previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 15 bis, consente all’ufficio di procedere, sulla base di accertamenti non definitivi, alla riscossione dell’intero importo delle imposte, sanzioni ed interessi, in luogo della riscossione parziale delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni), consentita dalla iscrizione nei ruoli ordinari D.P.R. cit., ex art. 15;

tale procedura di carattere eccezionale (poiché legittima la riscossione dell’intero importo indicato in un avviso di accertamento non definitivo, perciò passibile di annullamento totale o parziale ad opera del giudice) richiede, a norma del medesimo D.P.R. n. 602 del 1973, art. 11 comma 3, la sussistenza del “fondato pericolo per la riscossione”;

la specificazione normativa del presupposto di fatto legittimante, in via di eccezione, l’iscrizione a ruolo dell’intero importo richiesto con l’avviso di accertamento non definitivo, comporta per l’Amministrazione finanziaria l’obbligo di indicare nella cartella le ragioni per cui, in deroga alla procedura ordinaria, ha ritenuto la sussistenza di fatti indicativi di un fondato (cioè non aprioristicamente e immotivatamente affermato) periculum in mora, tale da giustificare la riscossione integrale del credito tributario (comprese le sanzioni), ancorché privo del requisito della definitività” (Cass. n. 7795/2020, in motivazione);

come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, ” l’iscrizione nei ruoli straordinari dell’intero importo delle imposte, degli interessi e delle sanzioni, risultante dall’avviso di accertamento non definitivo, prevista, in caso di fondato pericolo per la riscossione, dal D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 11 e 15 bis, costituisce misura cautelare posta a garanzia del credito erariale, la cui legittimità dipende pur sempre da quella dell’atto impositivo presupposto, che ne è il titolo fondante, sicché, qualora intervenga una sentenza del giudice tributario, anche non passata in giudicato, che annulla in tutto o in parte tale atto, l’ente impositore, così come il giudice dinanzi al quale sia stata impugnata la relativa cartella di pagamento, ha l’obbligo di agire in conformità della statuizione giudiziale, sia ove l’iscrizione non sia stata ancora effettuata, sia, se già effettuata, adottando i conseguenziali provvedimenti di sgravio, o eventualmente di rimborso dell’eccedenza versata” (Cass. Sez. U., Sentenza n. 758 del 13/01/2017);

così delimitata e definita la funzione dell’iscrizione nel ruolo straordinario D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 15 bis, essa risulta finalizzata alla riscossione dell’intero importo delle imposte, sanzioni ed interessi, in luogo della riscossione parziale delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni), consentita dalla iscrizione nei ruoli ordinari D.P.R. cit., ex art. 15;

tuttavia, nel caso di specie, l’iscrizione nel ruolo straordinario riguarda un credito tributario portato nella cartella emessa del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, per il quale il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 14, prevede l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo;

tale iscrizione presuppone la definitività dell’accertamento ed è consentita, solo eccezionalmente, nei casi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, quando debba essere liquidata l’imposta su un reddito dichiarato (come nel caso di specie, in cui la cartella, emessa a seguito di controllo automatizzato, riguarda l’omesso versamento di importi dovuti in base alla dichiarazione);

pertanto, deve concludersi che, ai sensi della normativa citata, le imposte, gli interessi e le sanzioni possono iscriversi a titolo definitivo, in base ad accertamenti definitivi oppure alla cartella di pagamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e ter, ovvero a titolo provvisorio in base ad accertamenti non definitivi;

in entrambe le ipotesi, in caso vi sia un fondato pericolo per la riscossione, l’iscrizione nei ruoli straordinari viene fatta per l’intero importo accertato (in deroga al D.P.R., art. 15, nel caso di iscrizione a titolo provvisorio);

in ogni caso, come precisato nella citata pronuncia delle Sezioni Unite n. 758/2017, l’efficacia del ruolo straordinario cessa a seguito di una sentenza di primo grado che accoglie, in tutto o in parte, il ricorso del contribuente;

con il secondo motivo, la ricorrente denunzia l’omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine alla nullità dell’iscrizione a ruolo e della cartella di pagamento per difetto di motivazione sotto il profilo dell’omessa indicazione delle ragioni di fondato pericolo per la riscossione, che avrebbero legittimato il ricorso ad un ruolo straordinario, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

il motivo è infondato, in quanto la C.t.r. ha ritenuto che nei ruoli straordinari potessero essere iscritte, per l’intero ammontare, le imposte dovute, sia a titolo provvisorio, sia a titolo definitivo, purché vi fosse il fondato pericolo per la riscossione;

nel caso di specie, secondo il giudice di appello, il fondato pericolo era costituito dalla messa in liquidazione della società debitrice, pertanto l’ufficio aveva legittimamente iscritto a ruolo straordinario le somme dovute per omessi versamenti di imposta per l’anno 2007, senza obbligo di motivare specificamente sul punto;

con il terzo motivo, la ricorrente denunzia l’illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui i giudici di appello, individuando nello stato di liquidazione della società la ragione di fondato pericolo per la riscossione, che avrebbe legittimato il ricorso ad un ruolo straordinario, hanno attribuito rilevanza alla motivazione della pretesa erariale offerta dall’ufficio solo in corso di causa, per violazione e falsa applicazione della L. 7 agosto 1990 n. 241, art. 3, della L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 7 e 17, artt. 24,97 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

con il quarto motivo, la ricorrente denunzia l’illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui i giudici di appello, individuando nello stato di liquidazione della società la ragione di fondato pericolo per la riscossione, che avrebbe legittimato il ricorso ad un ruolo straordinario, hanno attribuito rilevanza alla motivazione della pretesa erariale offerta dall’ufficio solo in corso di causa, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 19 e 23, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

secondo la ricorrente, la C.t.r. non avrebbe considerato che l’ufficio, nel processo tributario, non può integrare le motivazioni dell’atto impugnato, né chiedere una pronuncia che vada oltre il provvedimento impositivo in concreto emanato;

con il quinto motivo, la ricorrente denunzia l’illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui i giudici di appello affermano che lo stato di liquidazione della società costituisca di per sé la ragione di fondato pericolo per la riscossione, che avrebbe legittimato il ricorso ad un ruolo straordinario, in violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 11, comma 3, artt. 2484,2486,2487 e 2491 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

secondo la ricorrente, lo stato di liquidazione non sarebbe di per se stesso sintomatico di un’incapacità del contribuente di far fronte alle pretese creditorie, né della volontà di sottrarre i beni alla garanzia dei creditori;

i motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono infondati e vanno rigettati;

nella specie è circostanza pacifica che la società si trovava in liquidazione allorché ricevette la notifica della cartella esattoriale portante l’iscrizione a ruolo straordinario dei maggiori tributi dovuti a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione e dei quali aveva omesso il versamento;

come è stato detto (vedi Cass. Ord. n. 458 del 2014), la circostanza che la società contribuente si trovi in fase di liquidazione costituisce un elemento idoneo ad integrare il requisito del “fondato pericolo per la riscossione”, richiesto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 11, comma 3 (V. pure Cass. Sentenze n. 11225 del 30/07/2002, n. 9180 del 2001);

la necessità di iscrivere urgentemente a ruolo l’intero credito erariale, anche prima del suo definitivo accertamento, nasce dal fatto che il credito erariale deve confrontarsi con i diritti degli altri creditori della società in liquidazione;

tale ratio si rinviene, ancor più chiaramente, in caso di assoggettamento del contribuente a procedura concorsuale, che, secondo l’ormai consolidato orientamento di questa Corte (Cass. n. 9180 del 06/07/2001; Cass. n. 11508/2001; Cass. n. 6138/2002; Cass. n. 12887/2007), lungi dall’escludere, dimostra per così dire in re ipsa la sussistenza del fondato pericolo per la riscossione di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 11, comma 3, senza necessità di ulteriori specifiche motivazioni;

in applicazione di tali principi, la C.t.r, nel caso di specie, ha ritenuto che l’iscrizione a ruolo straordinaria (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 11, comma 3), non richiedesse una motivazione specifica, perché il fondato pericolo per la riscossione poteva evincersi dal fatto che la società (tra l’altro, in qualità di incorporante una società a sua volta in liquidazione) fosse sottoposta a liquidazione e non avesse versato i tributi dovuti in base alla dichiarazione presentata per l’anno 2007;

inoltre, non può non rilevarsi che le considerazioni della C.t.r. trovano riscontro nel fatto che, come risulta dagli altri ricorsi fissati per l’adunanza camerale odierna innanzi a questo collegio, la società ricorrente, in liquidazione ed incorporante numerose società a loro volta in liquidazione, sia successivamente fallita;

per quanto detto, risultano infondate le doglianze secondo cui la C.t.r. non avrebbe considerato che l’ufficio, nel processo tributario, non poteva integrare le motivazioni dell’atto impugnato, né chiedere una pronuncia che andasse oltre il provvedimento impositivo in concreto emanato, in quanto non vi è stata alcuna integrazione successiva della motivazione del provvedimento emanato, né da parte dell’ufficio, né da parte del giudice;

con il sesto motivo, la ricorrente denunzia l’omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine all’illegittimità della cartella impugnata nella parte relativa ai compensi di riscossione, stante l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 17, comma 1, per lesione degli artt. 3,24,42 e 111 Cost., nonché violazione del principio generale dell’ordinamento comunitario, direttamente applicabile all’ordinamento interno, della proporzionalità, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

il motivo è inammissibile;

come questa Corte ha rilevato più volte, “la questione di legittimità costituzionale di una norma, in quanto strumentale rispetto alla domanda che implichi l’applicazione della norma medesima, non può costituire oggetto di un’autonoma istanza rispetto alla quale, in difetto di esame, sia configurabile un vizio di omessa pronuncia, ovvero (nel caso di censure concernenti le argomentazioni svolte dal giudice di merito) un vizio di motivazione, denunciabile con il ricorso per cassazione: la relativa questione è infatti deducibile e rilevabile nei successivi stati e gradi del giudizio che sia validamente instaurato, ove rilevante ai fini della decisione” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1311 del 19/01/2018; conf. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 14666 del 09/07/2020);

ciò premesso, la prospettata questione di costituzionalità è manifestamente infondata e va disattesa;

invero, sull’asserita violazione della capacità contributiva prevista dall’art. 53 Cost., e degli altri parametri costituzionali, questa Corte ha avuto modo di affermare che “attesa la natura retributiva dell’aggio di riscossione, derivante dalla sua funzione di compenso per l’attività esattoriale del soggetto incaricato, è manifestamente infondata la questione di costituzionalità del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17, come modificato dal D.L. n. 262 del 2006, art. 2, convertito con modificazioni dalla L. n. 286 del 2006” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3524 del 14/02/2018; conf. Cass. 28/02/2017, n. 5154 e Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1311 del 19/01/2018 citata);

come ampiamente chiarito da questa Corte con la sentenza n. 27650 del 3 dicembre 2020, “in tema di riscossione, a seguito della sostituzione della concessione esattoriale con l’attribuzione “ex lege” del servizio di riscossione dei tributi a società a prevalente partecipazione pubblica strumentale all’Agenzia delle entrate, permane la giustificazione alla imposizione normativa di un corrispettivo per lo svolgimento dell’attività esattoriale, e la percentuale fissata dal D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 1, conv. in L. n. 135 del 2012, non costituisce un limite quantitativo massimo, non avendo l’aggio natura di compenso modulabile proporzionalmente all’entità dell’attività di volta in volta espletata dall’esattore”;

in particolare, come ha evidenziato la Corte nella sentenza citata, l’articolato sistema di quantificazione dell’aggio persegue l’interesse pubblicistico al corretto, effettivo ed efficace funzionamento del servizio di riscossione dei tributi in ossequio al principio di cui all’art. 97 Cost., e contempera in maniera non irragionevole, né arbitraria, l’interesse suddetto con quello imprenditoriale dei soggetti incaricati della riscossione ad ottenere il giusto compenso per il servizio espletato (v. Cons. Stato Sez. IV, 29/1/2008, n. 272);

la previsione legale di un aggio risponde alla finalità della copertura finanziaria del servizio di riscossione e tale connotazione funzionale è rimasta invariata nel tempo, nonostante i mutamenti che hanno interessato la configurazione del sistema di gestione della riscossione dei tributi;

pertanto, non esiste una necessaria correlazione tra il quantum del corrispettivo dovuto e l’attività esattoriale specificamente prestata, essendo l’aggio finalizzato non tanto a remunerare le singole attività compiute dal soggetto incaricato della riscossione, ma a coprire i costi complessivi del servizio, nell’ottica di una gestione dello stesso secondo criteri di economicità e di efficienza;

in ogni caso, quanto alla denunciata sproporzione della somma dovuta dal debitore rispetto al costo del servizio di riscossione, la questione è altresì generica, poiché non viene fornita alcuna motivazione sulla ricorrenza di tale eventualità nel caso concreto;

in conclusione il ricorso va complessivamente rigettato;

parte ricorrente deve essere condannata alle spese nei confronti della controricorrente;

nulla deve disporsi in ordine alle spese in favore dell’Agenzia delle entrate, che non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600,00, oltre il 15% per spese generali, Euro 200,00 per esborsi ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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