Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.33768 del 12/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25905-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LA TERNA RETE ELETTRICA NAZIONALE SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA SCROFA 57, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE RUSSO CORVACE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARCO EMMA e LAURA TRIMARCHI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1020/2018 della COMM. TRIB. REG. LAZIO, depositata il 20/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 31/05/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

PREMESSO che:

1. Con la sentenza in epigrafe, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha confermato la decisione della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva accolto il ricorso proposto da Terna – Rete Elettrica Nazionale S.p.A. contro l’avviso con il quale essa ricorrente aveva liquidato imposte di registro, ipotecaria e catastale, in relazione all’atto stipulato tra la società contribuente e Rete Rinnovabile s.r.l., definito come contratto di affitto, relativo ad un terreno destinato alla costruzione di un impianto fotovoltaico, e riqualificato dall’Ufficio come contratto di concessione di diritto reale di superficie.

Disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello per non avere l’Agenzia delle entrate censurato il capo della sentenza di primo grado che aveva statuito sul difetto di motivazione dell’atto impugnato, la CTR ha affermato che il contratto in questione “ha il contenuto e gli effetti propri di un contratto di locazione costitutivo di un diritto personale di godimento e non di un contratto di concessione di un diritto reale di superficie”.

La CTR ha spiegato tale affermazione sulla base dell’esame del complesso delle clausole contrattuali – segnatamente della clausola che in deroga all’art. 953 c.c., prevede la devoluzione dell’impianto e degli altri manufatti, alla scadenza del contratto, alla proprietaria del terreno non in via automatica ma mediante apposito atto di trasferimento; la clausola in forza della quale Terna avrebbe dovuto approvare preventivamente il progetto per la costruzione dell’impianto ed ogni sua variazione; la clausola che consente a Terna di accedere al terreno per eseguire la manutenzione delle proprie infrastrutture e per controllare il rispetto dell’accordo; la clausola in base alla quale la locatrice Terna avrebbe potuto in qualsiasi momento rientrare nel possesso materiale del terreno per esigenze della rete elettrica nazionale da lei gestita -, dopo aver escluso la condivisibilità delle argomentazioni dell’ufficio per una diversa interpretazione di alcune clausole del contratto ed aver altresì rilevato come la qualificazione del contratto in termini di contratto costitutivo di un diritto reale di superficie avrebbe comportato un vincolo incompatibile con il pubblico interesse perseguito da Terna;

2. avverso la suddetta sentenza, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo. Resiste con controricorso la società contribuente e propone ricorso incidentale, affidato ad un motivo. La contribuente ha presentato memoria alla quale ha allegato pronunce definitive della CTR del Lazio tutte nel senso favorevole alla qualificazione in termini di affitto o locazione di contratti che essa contribuente dice essere identici a quello ad oggetto dell’atto impositivo di cui si tratta in questo processo. Invoca l’effetto di giudicato di tali pronunce.

CONSIDERATO

che:

1. l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, nonché degli artt. 952,953,1322,1571,1576,1587,1590 e 1615 c.c., per avere erroneamente la CTR qualificato l’atto negoziale in discussione come contratto di affitto/locazione e non come contratto di concessione del diritto reale di superficie;

2. la società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, dell’art. 2909 c.c., e dell’art. 324 c.p.c., per non avere la CTR dichiarato inammissibile l’appello nonostante l’Ufficio non avesse impugnato il capo della sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’atto impostivo mancante di motivazione;

3. va preliminarmente evidenziato che l’eccezione di giudicato sollevata dalla contribuente è priva di base. Il giudicato (art. 2909 c.c.) si forma su fatti e non su qualificazioni giuridiche di fatti o di contratti. Resta assorbito il rilievo che l’identità tra i contratti a cui si riferiscono le sentenze passate in giudicato e il contratto oggetto dall’atto impositivo di cui si tratta in questo processo è solo un asserto della contribuente, indimostrato;

4. il motivo di ricorso principale è infondato.

Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, rubricato “interpretazione degli atti”, stabilisce che “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”.

Ai sensi dell’art. 952 c.c., comma 1, “il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà”. Il diritto di realizzare la costruzione si qualifica come diritto reale di godimento.

Niente esclude che il diritto di costruire e mantenere la costruzione sul suolo altrui venga creato come diritto (non reale ma) personale di godimento, mediante un contratto ad effetti obbligatori.

L’art. 934 c.c., che detta il principio dell’accessione, prevede infatti deroghe risultanti dalla legge o dal “titolo” (v., in proposito, tra altre, Cass., n. 3721 del 19/11/1974; Cass. 9 novembre 1964, n. 2706).

La CTR ha preso in esame l’insieme delle clausole del contratto e ne ha coerentemente ricavato elementi che fanno propendere per la qualificazione del contratto stesso come affitto/locazione.

L’Agenzia non specifica sotto quale profilo i canoni interpretativi di cui all’art. 20, sarebbero stato violati dalla CTR.

Il motivo in esame si riduce alla prospettazione di clausole di cui la CTR ha negato in modo logicamente argomentato il rilievo come elementi a sostegno della diversa interpretazione data al contratto dall’Ufficio.

E’ stato tuttavia affermato che “L’interpretazione del contratto può essere sindacata in sede di legittimità solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra” (Cass. n. 11254/2018).

Ed è stato affermato altresì che “L’interpretazione della volontà delle parti in relazione al contenuto di un contratto o di una qualsiasi clausola contrattuale importa indagini e valutazioni di fatto affidate al potere discrezionale del giudice di merito, non sindacabili in sede di legittimità ove non risultino violati i canoni normativi di ermeneutica contrattuale e non sussista un vizio nell’attività svolta dal giudice di merito, tale da influire sulla logicità, congruità e completezza della motivazione” (Cass. n. 2560/2007).

Ancora, è stato precisato che “La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale ha l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati e il punto e il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato” (Cass. 15 novembre 2013, n. 25728);

6. il ricorso va rigettato;

7. il ricorso incidentale resta assorbito;

8. le spese sono compensate in ragione della specificità della fattispecie.

PQM

la Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale;

compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, svolta con modalità da remoto, il 31 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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