Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.33780 del 12/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6200-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio degli Avvocati TONIO DI IACOVO e DELIA BERTO, che lo rappresentano e difendono giusta procura speciale in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 89/18/13 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 16/7/2013;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Salzano Francesco, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 14/7/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva respinto l’appello erariale avverso la sentenza n. 371/44/11 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che aveva accolto il ricorso proposto da D.M.R. avverso avviso di accertamento IRPEF IVA IRAP 2005 riguardante la posizione fiscale del de cuius D.M.B., notificato all’odierno controricorrente in qualità di erede di quest’ultimo;

il contribuente resiste con controricorso ed ha depositato memoria difensiva.

CONSIDERATO

che:

1.1. con unico mezzo l’Agenzia delle entrate denuncia violazione di norme di diritto (artt. 476,477,478,1362,1363 e 1367 c.c.) lamentando che la CTR abbia erroneamente escluso l’accettazione tacita dell’eredità di D.M.B. da parte dell’odierno controricorrente, e segnatamente si deduce che l’atto di disposizione dei diritti successori, con conseguente accettazione dell’eredità, sarebbe rinvenibile nella “richiesta di registrazione di testamento pubblico con adesione ed acquiescenza a disposizioni testamentarie”, sottoscritto dal contribuente unitamente agli altri partecipi alla successione testamentaria, in cui si affermava quanto segue:” I costituiti…, legittimari ex lege, dichiarano di prestare piena adesione ed acquiescenza al testamento… rinunciando ad ogni eccezione e riserva ed espressamente ad ogni azione di riduzione”;

1.2. il contribuente ha sollevato, nel controricorso, ai sensi dell’art. 2909 c.c., eccezione relativa al giudicato esterno costituito dalla sentenza della C.T.R. della Lombardia n. 7254/2016, divenuta definitiva come da attestazione di Cancelleria rilasciata in calce alla copia prodotta dal contribuente nel giudizio di legittimità;

1.3. con la suddetta pronuncia la C.T.R. ha affermato che D.M.R. non può essere “ritenuto erede del padre (ndr. D.M.B.) in quanto la qualità di erede non può fondarsi su presunzioni, ove le stesse addirittura contrastino con risultanze documentali di segno contrario”, statuendo altresì che “la rinuncia ad impugnare il testamento non può equivalere ad accettazione dell’eredità in quanto “effettuata verso corrispettivo” individuato nella reciprocità delle rinunce degli altri… (ndr. e) … così si forza il senso delle dichiarazioni di rinuncia che possono avere origine dalle più disparate motivazioni e non necessariamente dal fatto che vi sia stato un trasferimento del conto in questione, in vita dal de cuius, al figlio” e “…ove anche detto trasferimento o la donazione di altri beni fosse avvenuta in vita dal signor D.M.B. a favore del figlio, questo fatto non comporterebbe certo per lui l’acquisizione della qualità di erede”;

1.4. occorre dunque ribadire che il giudice tributario può conoscere, senza efficacia di giudicato, questioni che ricadono in altra giurisdizione, quando dalla loro risoluzione dipenda la decisione del giudizio, per cui, in sede d’impugnazione dell’iscrizione a ruolo di un debito fiscale ereditario, ha il potere di accertare incidenter tantum la sussistenza o meno della qualità dei contribuenti quali eredi accettanti con beneficio d’inventario, ai fini della corretta quantificazione del debito d’imposta (cfr. Cass. n. 25116 del 2014; Cass. SU n. 7792 del 2005, Cass. SU n. 467 del 2000);

1.5. ne consegue che l’eccezione di giudicato esterno sollevata nel presente giudizio dal controricorrente in relazione all’accertamento della sussistenza di qualità di erede risulta infondata;

1.6. le affermazioni rese dalla Commissione Tributaria Regionale nella suddetta pronuncia risultano tuttavia condivisibili e giuridicamente corrette poste che risulta incontestato, in fatto, che D.M.R. sia stato pretermesso dalla delazione testamentaria del padre D.M.B., il quale aveva istituito come erede universale la moglie, disponendo altresì l’istituzione di un legato in sostituzione di legittima a favore della figlia e nulla disponendo in favore dell’odierno controricorrente, il quale aveva poi prestato acquiescenza alle disposizioni testamentarie rinunciando espressamente ad ogni azione di riduzione;

1.7. l’accettazione tacita dell’eredità postula, dunque, ex art. 476 c.c., la ricorrenza di due condizioni e, cioè, il compimento di un atto che presuppone necessariamente la volontà di accettare e la qualificazione di tale atto, nel senso che ad esso non sia legittimato se non chi abbia la qualità di erede;

1.8. nel caso in esame, la rinuncia da parte del controricorrente ad impugnare il testamento, da cui risultava essere stato escluso, mediante adesione alla volontà del testatore, non poteva ritenersi un comportamento tale da presupporre la volontà di accettare l’eredità secondo una valutazione obiettiva condotta alla stregua del comune modo di agire di una persona normale;

1.9. come già affermato da questa Corte, peraltro, la rinuncia all’azione di riduzione da parte del legittimario totalmente pretermesso diverge, sul piano funzionale e strutturale, dalla rinuncia all’eredità, non potendo il riservatario essere qualificato chiamato all’eredità prima dell’accoglimento dell’azione di riduzione volta a rimuovere l’efficacia delle disposizioni testamentarie lesive dei suoi diritti (cfr. Cass. n. 3389 del 2016);

1.10. quanto alle deduzioni di parte ricorrente circa la rinuncia dietro corrispettivo all’impugnazione del testamento (asseritamente costituito dalla “preclusione di eventuali azioni di riduzione dirette contro atti di liberalità compiuti in proprio favore dal de cuius”), trattasi di circostanze di fatto prospettate per la prima volta in sede di legittimità e dunque inammissibili;

2. sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso va dunque respinto;

3. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, con distrazione delle spese a favore dei difensori del controricorrente, dichiaratisi antistatari.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida e distrae in favore dei difensori antistatari del controricorrente in misura pari ad Euro 70.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 14 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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