Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.34015 del 12/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19488-2015 proposto da:

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE N. ***** DI GROSSETO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. MIRABELLO 18, presso lo studio dell’avvocato UMBERTO RICHIELLO, rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO STOLZI;

– ricorrente principale –

contro

S.V., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO AMERINI;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

nonché contro AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE N. ***** DI GROSSETO;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

nonché contro S.V.;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 99/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 25/05/2015 R.G.N. 94/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/05/2021 dal Consigliere Dott. SPENA FRANCESCA;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA MARIO;

visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020 n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza in data 25 maggio 2015 n. 99 la Corte d’appello di Firenze confermava, con diversa motivazione, la sentenza del Tribunale di Grosseto, che aveva accolto la impugnazione proposta da S.V., dirigente medico della AZIENDA USL n. ***** di GROSSETO (in prosieguo: la AZIENDA) avverso la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per mesi tre, irrogata per avere assunto il ruolo di amministratore unico della società S. E S. srl ed usufruttario delle quote sociali e per avere gestito, attraverso di essa, la società SANTALUCIA srl, controllata al 100% dalla prima società, nonché per avere detenuto quote di partecipazione della società OVI srl.

2. La Corte territoriale accoglieva l’appello della AZIENDA in ordine alla statuizione di decadenza dal potere disciplinare, resa dal Tribunale per decorso del termine di 120 giorni per la irrogazione della sanzione.

3. Non condivideva la valutazione del Tribunale secondo cui il termine decorreva dal maggio 2010, momento in cui l’ufficio servizi ispettivi attraverso il Dott. A., che rivestiva anche il ruolo di responsabile dell’ufficio per i procedimenti disciplinari (UPD), aveva ricevuto la comunicazione delle partecipazioni societarie del S. da parte della Camera di Commercio. Osservava che il Dott. A. nel maggio 2010 non era ancora responsabile dell’UPD (la delibera di nomina era del luglio 2010); inoltre la norma del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 bis, cui era conforme il regolamento disciplinare della AZIENDA, faceva riferimento al momento in cui la notizia dell’infrazione perveniva all’ufficio dei procedimenti disciplinari e non al suo dirigente personalmente, in ragione di un incarico diverso.

4. Non accoglieva la tesi dell’AZIENDA secondo cui il termine di 120 giorni decorreva dalla constatazione della gravità della condotta del S. e riteneva che il termine decorresse dal 3 dicembre 2010, momento in cui la comunicazione dell’esito degli accertamenti ispettivi era pervenuta al direttore ammnistrativo, con conseguente tempestività del provvedimento del 22 marzo 2011.

5. Accoglieva comunque nel merito la impugnazione della sanzione.

6. Osservava che l’art. 6 del CCNL richiamava in punto di incompatibilità D.Lgs n. 165 del 2001, art. 53, che a sua volta rimandava al D.P.R. n. 3 del 1957, art. 60 ed al L. n. 412 del 1991, art. 4, comma 7.

7. Era onere della AZIENDA dimostrare la potenzialità del conflitto di interessi del S. derivante dalla partecipazione nella società S. e S., acquisita attraverso l’usufrutto delle quote dei figli; non era sufficiente a tal fine l’oggetto sociale della società né delle società a responsabilità limitata partecipate, SANTALUCIA ed OVI.

8. Infatti, la L. n. 412 del 1991 art. 4, consentiva al dipendente pubblico lo svolgimento di attività libero professionale all’esterno della azienda, purché in strutture non convenzionate con il servizio sanitario nazionale. Il conflitto di interessi idoneo a determinare incompatibilità aveva dunque riguardo al danno che la AZIENDA poteva ricevere.

9. Nella fattispecie, in assenza di una specifica allegazione da parte della AZIENDA sulla attività posta in essere dalle società, non era integrato il pericolo dei conflitto di interessi, che la Azienda poneva a fondamento della contestazione e della sanzione.

10. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la AZIENDA, articolato in sei motivi di censura, cui S.V. ha resistito con controricorso, contenente altresì ricorso incidentale articolato in due motivi. La AZIENDA ha resistito al ricorso incidentale ed ha a sua volta proposto ricorso incidentale, affidato a due motivi, cui S.V. ha resistito con controricorso.

11. Il PM ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale del S..

12. Le parti hanno depositato memoria (per la AZIENDA la memoria è stata depositata dalla AZIENDA USL TOSCANA SUD EST, succeduta in via universale ai sensi della L.R. TOSCANA n. 84 del 2015, art. 83, comma tre).

RAGIONI DELLA DECISONE 1. Preliminarmente deve essere disattesa la allegazione di avvenuta cessazione della materia del contendere esposta nella memoria difensiva del S., in ragione della cessazione del rapporto di lavoro in data 31 ottobre 2019. La verifica della legittimità della sanzione disciplinare resta in discussione tra le parti di causa né sussiste un difetto sopravvenuto di interesse delle parti all’esame dei rispettivi ricorsi, per le conseguenze patrimoniali discendenti dalla eventuale illegittimità della disposta sospensione del S. dal servizio e dalla retribuzione.

2. Con il primo motivo del ricorso principale la AZIENDA ha denunciato violazione e falsa applicazione della L. n. 412 del 1991, art. 4, comma 7, in relazione al D.P.R. n. 3 del 1957, art. 60, al D.Lgs n. 165 del 2001, art. 53 ed all’art. 12 disp. prel. c.c..

3. Ha censurato la interpretazione della normativa sulle incompatibilità posta a base della sentenza impugnata, secondo la quale la AZIENDA avrebbe dovuto allegare elementi tali da dimostrare il danno potenziale. Si assume che configurava la situazione di incompatibilità il fatto che il S., direttore della UO di Oculista dell’ospedale di Grosseto, fosse amministratore unico della società S. E S. ed usufruttuario della totalità delle quote, società che controllava al 100% la società SANTALUCIA srl (che gestiva una struttura medica oculistica nel Comune di Grosseto, di cui peraltro il S. era anche direttore sanitario).

4. Si denuncia, altresì, che la interpretazione del giudice dell’appello si basava su una impropria confusione tra l’ipotesi della partecipazione a società e le condizioni per l’esercizio di attività libero professionale, fattispecie distinte nei presupposti e non sovrapponibili.

5. Il motivo è fondato.

6. Questa Corte si è già pronunciata sulla interpretazione delle norme disciplinanti le incompatibilità del personale dipendente del Servizio Sanitario nazionale (Cass. sez. lav. 29 novembre 2019 n. 31277) in una vicenda relativa ad altro dirigente medico della medesima AZIENDA. Nel cassare la pronuncia della Corte di Appello di Firenze che, come quella qui censurata, aveva accolto l’impugnazione della sanzione disciplinare per difetto di prova della specifica attività materialmente posta in essere dalla società partecipata dal medico, si sono affermati principi cui in questa sede si intende assicurare continuità.

7. Si è in particolare rilevato che la L. n. 412 del 1991, n. 412- fatta espressamente salva dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53 insieme con le disposizioni integrative contenute nel D.L. n. 510 del 1992, art. 1, comma 9- ha introdotto il principio del rapporto unico di lavoro con il servizio sanitario nazionale (art. 4, comma 7) e sancito espressamente l’incompatibilità con: a) ogni altro rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato; b) altri rapporti anche di natura convenzionale con il Servizio sanitario nazionale; c) l’esercizio di altre attività che possono configurare conflitto di interessi con il servizio sanitario nazionale; d) la titolarità o la compartecipazione delle quote di imprese che possono configurare conflitto di interessi con il servizio sanitario nazionale.

8. Anche in questo caso, come in generale ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53 è riconosciuto rilievo alla mera situazione di conflitto di interessi potenziale, indipendentemente dalla sua attualità, che anzi la norma mira a prevenire.

9. Rispetto al regime generale, il divieto assoluto, nel caso del personale sanitario, soffre, però, di una eccezione concernente lo svolgimento della libera professione, che è consentito- fuori dell’orario di lavoro e in strutture non convenzionate con il servizio sanitario nazionale-ai dipendenti medici. Trattasi di fattispecie distinta e non sovrapponibile a quelle concernenti le altre ipotesi di incompatibilità ed, in particolare, per quanto rileva in causa, alla incompatibilità discendente dalla titolarità o compartecipazione delle quote di imprese che possono configurare conflitto di interessi con il Servizio sanitario nazionale.

10. La portata rigorosa della previsione fa discendere l’incompatibilità della sola titolarità di quote di società il cui oggetto sociale sia potenzialmente in concorrenza con le attività del servizio sanitario nazionale; restano escluse dal divieto le sole partecipazioni che non configurano, sulla base di un giudizio prognostico ex ante da svolgersi anche e principalmente con riferimento all’oggetto sociale, alcun conflitto di interesse.

11. A tali principi non si è conformato il giudice dell’appello, avendo posto a carico della AZIENDA l’onere di provare un conflitto di interessi concreto ed attuale attraverso la dimostrazione delle attività svolte dalla società S. E S. (delle cui quote il dirigente medico era usufruttuario) e dalle sue partecipate, ritenendo non idonea la prova emergente dall’oggetto sociale. Tutt’al più era il dirigente medico a dover dimostrare che a quel dato formale non corrispondesse alcuna realtà fattuale.

12. Ne’ risulta dirimente, come sopra osservato, il riferimento operato dalla Corte territoriale, a sostegno dell’interpretazione accolta in sentenza, alla circostanza che L. n. 412 del 1991, art. 4, comma 7, consente ai medici dipendenti del Servizio sanitario Nazionale l’esercizio di attività professionali anche presso altre strutture private, purché non convenzionate, trattandosi di fattispecie del tutto diversa.

13. Dall’accoglimento del primo motivo deriva l’assorbimento dei motivi dal secondo al quinto, parimenti relativi alla statuizione di assenza di una situazione di incompatibilità (rispettivamente concernenti: il secondo la violazione delle disposizioni del codice di comportamento; il terzo ed il quarto nuovamente la interpretazione della disciplina sulle incompatibilità; il quinto l’omesso esame delle specifiche allegazioni svolte circa la esistenza in concreto del conflitto di interessi).

14. Il sesto motivo- con il quale si censura la statuizione sul dies a quo di decorrenza del termine di decadenza, per avere disatteso la tesi difensiva della AZIENDA- (secondo la quale il termine di decadenza per la irrogazione della sanzione disciplinare decorreva dalla valutazione di gravità del comportamento del S.)- resta invece assorbito dalle valutazioni di seguito esposte in ordine al ricorso incidentale proposto dal S., che coglie il rigetto dell’eccezione di decadenza.

15. Con il primo motivo del ricorso incidentale si lamenta- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4- violazione degli artt. 112,342,345,434 e 437 c.p.c. nonché del principio devolutivo che governa l’appello.

16. Il S. ha esposto che l’AZIENDA, con l’atto di appello avverso la statuizione di decadenza resa dal Tribunale, sosteneva che il dies a quo del termine per la irrogazione della sanzione decorresse dalla valutazione della rilevanza disciplinare del fatto addebitato, in epoca successiva al 5 dicembre 2010, per la quale era determinante la consapevolezza da parte del medico della posizione di incompatibilità e la sua volontà di aggirarla. Detta valutazione sarebbe stata compiuta soltanto all’esito del raffronto tra la relazione pervenuta dall’ufficio ispettivo ed il fascicolo personale del medico.

17. Tanto premesso, ha imputato alla Corte territoriale di avere ecceduto dai limiti dell’impugnazione, disattendendo le difese della AZIENDA ed accogliendo il motivo d’appello sotto il diverso profilo della rilevanza, ai fini del decorso del termine di centoventi giorni, della data di trasmissione della relazione ispettiva al direttore amministrativo (il 3 dicembre 2010).

18. Il ricorrente incidentale ha altresì evidenziato che i motivi di appello non negavano il fatto, accertato dal Tribunale, che il Dott. A., responsabile dell’ufficio ispettivo, fosse anche Presidente dell’UPD.

19. Il motivo è infondato.

20. Per consolidata giurisprudenza di questa Corte l’effetto devolutivo dell’appello, correlato ai motivi di gravame, preclude al giudice di estendere la cognizione a punti non ricompresi neanche implicitamente nell’ambito di quei motivi, mentre non viola il principio tantum devolutum quantum appellatum il giudice che fondi la decisione su ragioni, pur non specificamente dedotte dall’appellante ma direttamente connesse con quelle espressamente dedotte. Nel giudizio d’appello, infatti, il giudice può riesaminare l’intera vicenda nel complesso dei suoi aspetti, purché tale indagine non travalichi i margini della richiesta, coinvolgendo punti decisivi della statuizione impugnata suscettibili di acquisire forza di giudicato interno in assenza di contestazione, e decidere, con pronunzia che ha natura ed effetto sostitutivo di quella gravata, anche sulla base di ragioni diverse da quelle svolte nei motivi d’impugnazione (Cassazione civile, 12 maggio 2020, n. 8773; Cass. 16 gennaio 2002, n. 397; Cass. 23 luglio 2002, n. 10734; Cass. 10 febbraio 2006, n. 2973; Cass. 13 aprile 2018, n. 9202).

21. In coerenza con tale principio, si è affermato che ai fini della selezione delle questioni di fatto o di diritto suscettibili di giudicato interno occorre avere riguardo alla cd. “unità minima suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato”, che è costituita dalla sequenza logica fatto-norma-effetto giuridico. Benché ciascun elemento di tale sequenza possa essere singolarmente investito di censura in appello, nondimeno l’impugnazione motivata in ordine anche ad uno solo di essi riapre per intero l’esame di tale minima statuizione, consentendo al giudice dell’impugnazione di riconsiderarla tanto in punto di diritto- (individuando una diversa norma sotto cui sussumere il fatto o fornendone una differente esegesi) quanto in punto di fatto, attraverso una nuova valutazione degli elementi probatori acquisiti. In tal senso: Cass. sez. VI, 22/02/2013, n. 4572r Cass. nn, 2217 del 2016, 12202 del 2017 e 16853 del 2018, tutte sulla scorta di Cass. n. 6769 del 1998.

22. Nella specie, è pacifico che l’appello verteva sulla statuizione di decadenza e sulla individuazione del dies a quo per il computo del termine di 120 giorni; la questione era dunque devoluta al giudice d’appello, a prescindere dalla relativa prospettazione difensiva.

23. Con il secondo mezzo del ricorso incidentale si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 55 bis nonché dell’art. 12 disp.prel.c.c. in relazione al principio di immediatezza dell’esercizio della potestà disciplinare.

24. Il ricorrente ha esposto essere stato accertato, in quanto affermato dal Tribunale e non contestato dall’appellante, che il Dott. A. era nel maggio 2010 il direttore della U.O. gestione del personale; la notizia della infrazione ricevuta dal capo del personale nell’assunto di parte ricorrente sarebbe idonea a far decorrere il termine di legge di 120 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare.

25. Il motivo è infondato.

26. La fattispecie di causa risulta regolata ratione temporis dalla disciplina procedimentale del D.Lgs n. 165 del 2001, art. 55 bis, comma 4, introdotta dal D.Lgs. n. 150 del 2009, a tenore del quale la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento resta fissata alla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora.

27. Questa Corte (Cassazione civile sez. lav., 14/10/2015, n. 20733) ha già chiarito che la data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, dalla quale decorre il termine entro il quale deve concludersi, a pena di decadenza dall’azione disciplinare, il relativo procedimento, coincide con quella in cui la notizia è pervenuta all’ufficio per i procedimenti disciplinari o, se anteriore, con la data in cui è pervenuta al responsabile della struttura in cui il dipendente lavora.

28. Non rileva, dunque, una notizia acquista dal responsabile del personale dovendo aversi riguardo al responsabile della specifica struttura amministrativa cui è adibito il dipendente, figura alla quale si riferiscono anche i precedenti commi da uno a tre del medesimo art. 55 bis.

29. Deve essere, da ultimo dichiarato inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla AZIENDA nel controricorso avverso il ricorso incidentale del S., egualmente relativo alla statuizione sulla decadenza.

30. La proposizione del ricorso principale per cassazione determina la consumazione del diritto di impugnazione, con la conseguenza che il ricorrente, ricevuta la notificazione del ricorso proposto da un’altra parte, non può introdurre nuovi e diversi motivi di censura con i motivi aggiunti, né ripetere le stesse censure già avanzate con il proprio originario ricorso mediante un successivo ricorso incidentale, che, se proposto, va dichiarato inammissibile, pur restando esaminabile come controricorso nei limiti in cui sia rivolto a contrastare l’impugnazione avversaria (Cass. civ., sez. UU, 22/02/2012, n. 2568; Cassazione civile, 16/05/2016, n. 9993; Cass. 11/11/2019 n. 29090).

31. Conclusivamente deve essere accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, respinto il ricorso incidentale e dichiarato inammissibile l’ulteriore ricorso proposto dalla AZIENDA, ricorrente in via principale. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione affinché riesami nel merito la impugnazione della sanzione disciplinare, sulla base dei principi di diritto qui ribaditi.

32. Il giudice del rinvio provvederà altresì sulle spese del presente giudizio di legittimità.

33. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte dei ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri. Rigetta il ricorso incidentale. Dichiara inammissibile l’ulteriore ricorso della ASL n. ***** di GROSSETO. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia- anche per le spese- alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti in via incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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