LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5448-2016 proposto da:
M.M., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA 109, presso lo studio dell’avvocato BIAGIO BERTOLONE, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro tempore, ICE – AGENZIA PER LA PROMOZIONE ALL’ESTERO E L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE ITALIANE (già I.C.E.), rappresentati e difesi ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
E SUL RICORSO SUCCESSIVO SENZA NUMERO DI R.G. proposto da:
C.F. o F., V.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA 109, presso lo studio dell’avvocato BIAGIO BERTOLONE, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti successivi –
avverso la sentenza n. 6439/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/09/2015 R.G.N. 8163/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/09/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’.
FATTI DI CAUSA
1. i ricorrenti meglio indicati in epigrafe, dipendenti dell’Istituto Commercio Estero (ICE), hanno convenuto in giudizio il medesimo al fine di far accertare il loro diritto ad ottenere la considerazione nel calcolo degli accantonamenti per il t.f.r. per il periodo dal 1990 al 2004, di alcune voci retributive percepite (premio prod. aree; premio prod. ex art. 15 etc.), che l’ente riteneva di non valutare per i fini predetti;
la domanda è stata rigettata in primo grado, con pronuncia poi confermata dalla Corte di Appello di Roma, la quale riteneva che non operasse per i rapporti dedotti in giudizio l’art. 2120 c.c. e quindi il regime del t.f.r., dovendosi applicare la disciplina legale di cui alla L. n. 13 del 1975 ed argomentando altresì la Corte rispetto al “carattere non stipendiale delle voci retributive di cui è stato chiesto il computo ai fini dell’indennità di buonuscita”.
I lavoratori, con due separati ricorsi di identico contenuto avverso la medesima sentenza, riuniti ex art. 335 c.p.c., hanno impugnato per cassazione con quattro motivi.
I.C.E. – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Agenzia ICE) e il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), nel corso del processo subentrati in forza del D.L. n. 98 del 2011, art. 14 nei rapporti giuridici già facenti capo all’ICE hanno depositato atto di costituzione;
i ricorrenti di cui al primo ricorso per cassazione hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione (art. 360 c.p.c., n. 3) dell’art. 111 Cost., art. 183 c.p.c., comma 4, art. 101 c.p.c., comma 2, art. 420 bis c.p.c., art. 112 c.p.c., sostenendo che il Tribunale e la Corte d’Appello avessero ritenuto applicabile un regime giuridico, in ultimo quello della L. n. 70 del 1975, art. 13, comma 1, senza provocare il contraddittorio sul punto e, ciò, nonostante la stessa Amministrazione, per il periodo interessato, avesse continuato ad applicare il regime del t.f.r., pur senza includere le voci retributive da loro rivendicate;
con il secondo motivo è dedotta (art. 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione della L. n. 70 del 1975, art. 13, del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, argomentandosi in ordine alla persistenza del regime di t.f.r. per i dirigenti ICE, pur dopo il sopravvenire della L. n. 68 del 1997 e sottolineandosi come la sentenza impugnata nulla avesse affermato rispetto all’applicabilità nel caso in esame della L. n. 106 del 1989, quanto meno nel periodo 1990-1998;
con il terzo motivo viene denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione della L. n. 106 del 1989, dei c.c.n.l. ICE 1990-1991, della L. n. 68 del 1997, del CCNL del comparto degli enti pubblici non economici 1998/2001, art. 46, dell’art. 56, comma 56, Accordo Quadro Nazionale in materia di t.f.r. e di previdenza complementare del 29 luglio 1999, della L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 56, dell’art. 2120 c.c., dell’art.111 Cost., dell’art.112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, oltre ad omesso esame di un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5), richiamando, sui medesimi presupposti di cui al secondo motivo, i conteggi allegati e predisposti dallo stesso ICE, con riferimento alle voci da inserire nel calcolo degli accantonamenti utili al t.f.r.;
il quarto motivo riguarda infine la liquidazione delle spese operata con la sentenza di appello, ritenuta eccessiva.
2. Il primo motivo non è fondato;
2.1 La Corte territoriale, nella prima parte della propria motivazione, ha infatti argomentato al fine di affermare, come poi ha fatto, che per i rapporti in giudizio non opererebbe in alcun modo il regime del t.f.r., ma quello della buonuscita ai sensi della L. n. 70 del 1975, art. 13;
in ciò sicuramente essa si è mossa lungo una linea giuridica autonoma rispetto a quella delle parti, ma lo ha fatto restando pienamente entro corretti binari processuali;
infatti, a fronte di domande e difese che riguardavano le modalità di accantonamento a fini di t.f.r., la Corte non poteva certamente non verificare previamente se il regime applicabile al caso di specie fosse o meno quello del t.f.r. e ciò essa ha fatto negando che appunto quello fosse la disciplina propria del rapporto, in quanto destinato invece ad essere assoggettato alle regole sull’indennità di buonuscita per i dipendenti di enti del c.d. parastato;
neppure può dirsi che vi fosse da sollecitare un qualche contraddittorio sul punto, ai sensi dell’art. 102 c.p.c., comma 2, in quanto non si trattava di muovere rilievi d’ufficio, quanto di valutare la base giuridica dell’azione dispiegata e dunque un profilo che, quale che dovesse essere la sua soluzione, era necessariamente ed ab origine interno ed immanente al contraddittorio;
ciò esclude che sia mancata pronuncia sull’oggetto del contendere, così come ogni altra violazione processuale denunciata;
3. venendo al secondo motivo, va data continuità, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1 all’orientamento di questa S.C. (Cass. 20 maggio 2021, n. 13914) che, prendendo le mosse dalla L. n. 106 del 1989, art. 5, comma 5, che sottopose per legge, a partire dal 18.7.1990, i dipendenti alla disciplina della contrattazione collettiva privata del settore assicurativo, sotto il profilo del “trattamento economico dei dipendenti dell’Istituto” oltre che degli “aspetti dell’organizzazione del lavoro e del rapporto di impiego di cui alla L. 29 marzo 1983, n. 93, art. 3”, è stata intesa dall’ente come riguardante anche il trattamento di fine rapporto, con interpretazione non contestata dagli stessi dipendenti e che, alla luce della natura precipua di retribuzione differita che caratterizza il t.f.r., non può dirsi fosse errata;
la L. n. 68 del 1997, art. 10 successivo ha poi previsto che “il rapporto di lavoro dei dirigenti e del personale dell’ICE è disciplinato dai contratti collettivi del comparto degli enti pubblici non economici” (comma 1) e il c.c.n.l. di Comparto (Enti Pubblici non Economici 1998-2001) ha stabilito all’art. 46, comma 5, che “la normativa relativa al trattamento di fine rapporto (TFR) in vigore presso l’ICE, così come in atto disciplinata in base agli artt. 33 e 34 del CCNL ICE 1990-1991 relativo al personale non dirigente, resta in vigore fino alla nuova disciplina del TFR da valere per il comparto secondo quanto previsto dall’art. 48”;
deve quindi ritenersi che, rispetto al personale non dirigente assunto prima del 31.12.1995, sia proseguito il regime di t.f.r. ad essi già precedentemente applicato, sicché viene meno il fondamento ultimo della decisione impugnata, ovverosia che il regime proprio del personale ricorrente fosse quello della buonuscita;
ciò comporta l’accoglimento del secondo motivo del ricorso per cassazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma affinché verifichi se le voci indicate dai ricorrenti con la domanda giudiziale siano o meno da considerare nel calcolo del t.f.r. o degli accantonamenti ad esso funzionali;
ne restano assorbiti il terzo ed il quarto motivo di ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbiti il terzo ed il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021
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