LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4873-2020 proposto da:
P.P., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIORGIO MARISCOLI;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, ANTONIETTA CORETTI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 282/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 19/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata dell’08/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PICCONE VALERIA.
RILEVATO
che:
– con sentenza depositata il 19.11.2019, la Corte d’appello di Ancona, decidendo sull’appello proposto dall’INPS e dalla SCCI S.p.A. ha dichiarato la sussistenza dell’obbligo contributivo dell’Avv. P.P. per gli anni 2009 e 2010 nella gestione separata INPS;
– la Corte in particolare, ha ritenuto che risultava pacifico che l’appellato aveva versato alla Cassa Forense il contributo c.d. integrativo ma che ciò non valeva ad esentarlo dall’iscrizione alla gestione separata INPS, aggiungendo che la perdurante iscrizione all’Albo, in difetto di specifici elementi di segno contrario che il P. avrebbe avuto l’onere di allegare, costituiva indice presuntivo sufficiente dell’abitualità;
– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso per cassazione P.P., affidandolo a quattro motivi;
– resiste, con controricorso, l’INPS.
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 25 e 26 e del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, (conv. con L. n. 326 del 2003), per avere la Corte d’appello ritenuto indizio sufficiente per l’abitualità dell’esercizio della professione l’iscrizione all’Albo nonché violazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., avendo posto a carico dell’appellato, anziché dell’INPS, l’onere della prova al riguardo nonostante il mancato superamento della soglia reddituale;
– con il secondo motivo si allega la violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, degli artt. 2935 e 2941 c.c., del D.Lgs. n. 462 del 1997, artt. 1 e ss., dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. in relazione alla ritenuta decorrenza della prescrizione dalla presentazione della denuncia dei redditi;
– con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 25 e 26 e del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12;
– con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c.;
– il primo motivo è fondato;
– ricostruendo la portata precettiva della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, per come autenticamente interpretato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, (conv. con L. n. 111 del 2011), questa Corte, sulla scorta di Cass. S.U. n. 3240 del 2010, ha avuto modo di affermare più volte che l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’esercizio abituale (ancorché non esclusivo) ed anche occasionale (oltre la soglia monetaria indicata nel D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con L. n. 326 del 2003) di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco, tale obbligo venendo meno solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento (così, espressamente, Cass. n. 4419 del 2021 che era stata preceduta da Cass. n. 32167 del 2018, in motivazione nonché ora le numerose, Cass. nn. 519 del 2019, 317 e 1827 del 2020,477 e 478 del 2021);
– trattasi di affermazione che discende agevolmente dalla lettura del combinato disposto della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, e del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, entrambi cit., il primo dei quali, per quanto qui rileva, prevede l’obbligatorietà dell’iscrizione a carico dei “soggetti che esercitino, per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, e successive modificazioni ed integrazioni”, mentre il secondo, a decorrere dal 10 gennaio 2004, estende tale obbligo anche ai “soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale Il solo qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superiore ad Euro 5.000”;
– tanto premesso, risulta evidente l’errore in cui è incorsa la sentenza impugnata;
– nell’intento del legislatore, reso palese dalla lettera delle disposizioni citate, l’obbligatorietà dell’iscrizione presso la Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento;
-la produzione di un reddito superiore alla soglia di Euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere Capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità;
– deve, quindi, ritenersi dirimente il modo in cui è svolta l’attività libero-professionale, se in forma abituale o meno;
– nell’accertamento di fatto di tale requisito ben possono rilevare le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività ma va rilevato che si tratta di presunzioni che non impongono all’interprete conclusioni indefettibili, ma semplici regole di esperienza per risalire al fatto ignoto da quello noto;
– ciò che rileva è che il requisito dell’abitualità dev’essere accertato in punto di fatto, valorizzando all’uopo i sopra mentovati profili e fra di essi la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore a Euro 5.000,00 può rilevare quale indizio – da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processo – per escludere che, in concreto, l’attività sia stata svolta con carattere di abitualità;
– tale abitualità (cfr., sul punto Cass. n. 4419 del 2021 cit.) dev’essere apprezzata nella sua dimensione di scelta ex ante del libero professionista, coerentemente con la disciplina ch’e’ propria delle gestioni dei lavoratori autonomi, e non invece come conseguenza ex post desumibile dall’ammontare di reddito prodotto, dal momento che ciò equivarrebbe a tornare ad ancorare il requisito dell’iscrizione alla Gestione separata alla produzione di un reddito superiore alla soglia di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 44, cit., che invece, come detto, rileva ai fini dell’assoggettamento a contribuzione di attività libero-professionali svolte in forma occasionale;
– in quest’ottica, reputa il Collegio che l’affermazione contenuta in Cass. n. 3799 del 2019, secondo cui la produzione di un reddito superiore a Euro 5.000,00 darebbe luogo ex se all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata, debba essere intesa come volta ad affermare che, in quella data fattispecie, la produzione di un reddito superiore alla soglia considerata valeva a privare di rilievo ogni questione circa la natura abituale o occasionale dell’attività libero-professionale da assoggettare a contribuzione, dal momento che, quand’anche se ne fosse voluta predicare la non abitualità, il superamento della soglia di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 44, cit., ne avrebbe comunque determinato la sottoposizione all’obbligo di contribuzione in favore della Gestione separata;
– nel caso di specie tale accertamento di fatto non è stato compiuto dalla Corte d’appello di Ancona che si è limitata ad ancorare la sussistenza dell’obbligo di iscrizione alla sola iscrizione all’Albo, che può si essere rilevante, ma unitamente ad altri indici rivelatori, senza attribuire alcun rilevo, altresì, al mancato raggiungimento della soglia di 5.000.000 Euro ed addossando erroneamente all’attuale ricorrente l’onere di addurre elementi a sostegno dell’insussistenza dell’obbligo considerato;
– il secondo motivo è fondato per quanto di ragione;
– questa Corte ha, infatti, chiarito (cfr., sul punto, Cass. n. 10273 del 2021) che in materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi, sicché assume rilievo, ai fini della decorrenza della prescrizione in questione, anche il differimento dei termini stessi, quale quello previsto dalla disposizione di cui al D.P.C.M. 10 giugno del 2010, art. 1, comma 1, in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2009 dai titolari di posizione assicurativa che si trovino nelle condizioni da detta disposizione stabilite;
– il terzo motivo è infondato poiché la Corte ha fatto corretta applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 25 e 26 e del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, come convertito dalla L. n. 111 del 2011, in ordine al rapporto tra il versamento del contributo integrativo del ricorrente alla propria Cassa di previdenza ed il versamento) dei contributi dovuti alla Gestione Separata INPS;
– il quarto motivo è inammissibile;
– va premesso che, in sede di ricorso per cassazione, una questione di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960);
– relativamente, poi, alla denunziata violazione dell’art. 2697 c.c., va osservato che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, (ex plurimis, Cass. n. 18092 del 2020) la doglianza relativa alla violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma e che tale ipotesi non ricorre nel caso di specie, in particolar modo in quanto, pur veicolando parte ricorrente la censura per il tramite della violazione di legge, essa, in realtà mira ad ottenere una rivisitazione del fatto, inammissibile in sede di legittimità;
– nel caso di specie, poi, la questione delle sanzioni, che non ha formato oggetto del giudizio di merito, è del tutto nuova e, pertanto, non può formare oggetto di accertamento mediante ricorso per cassazione;
– alla luce delle suesposte argomentazioni, il primo motivo deve essere accolto e così il secondo, per quanto di ragione, il terzo va respinto ed il quarto deve essere dichiarato inammissibile;
– la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso ed il secondo per quanto di ragione, respinge il terzo e dichiara inammissibile il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021
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