LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8939-2020 proposto da:
D.K., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALSAVARANCHE, 46 SC. D, presso lo studio dell’avvocato MARCO CORRADI, rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELO LORENZON;
– ricorrente –
contro
SCARPA TRASPORTI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, Attivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIALOJA 18, presso lo studio dell’avvocato ILARIA BRUNELLI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 321/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 13/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata dell’08/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PICCONE VALERIA.
RILEVATO
che:
con sentenza n. 505 del 2016, il Tribunale di Venezia, in accoglimento del ricorso proposto da D.K., ha annullato la sanzione disciplinare di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per dieci giorni al medesimo irrogata dalla Scarpa Trasporti s.r.l. e, per l’effetto, ha condannato la società a corrispondere al lavoratore la somma di Euro 9.280,56 oltre accessori e spese;
in particolare, la Corte d’appello, pur avendo ritenuto gravante sul datore di lavoro l’onere probatorio circa i fatti disciplinarmente rilevanti commessi dai dipendenti, ha ritenuto, in fatto, che gli elementi probatori raccolti facessero propendere per una responsabilità del lavoratore;
avverso tale pronunzia propone ricorso, assistito da memoria, D.K., affidandolo a due motivi;
resiste Scarpa Trasporti con controricorso;
e’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di Consiglio.
CONSIDERATO
che:
Deve essere preliminarmente dichiarata la procedibilità del ricorso secondo quanto statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 8312 del 2019;
con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., assumendosi che l’appellante non avrebbe adempiuto all’onere probatorio sulla stessa gravante;
con il secondo motivo si allega la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 116 c.p.c.;
il primo motivo è infondato;
relativamente alla denunziata violazione dell’art. 2697 c.c., va osservato, infatti, che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, (ex plurimis, Cass. n. 18092 del 2020) la doglianza relativa alla violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma e che tale ipotesi non ricorre nel caso di specie, in particolar modo in quanto, pur veicolando parte ricorrente la censura per il tramite della violazione di legge, essa, in realtà mira ad ottenere una rivisitazione del fatto, inammissibile in sede di legittimità;
nel caso di specie, la Corte ha fatto corretta applicazione della disposizione in oggetto, congruamente utilizzando i principi in tema di onere probatorio in ambito di sanzioni disciplinari: parte ricorrente, adducendo un elemento ulteriore – la accidentale caduta della banchina – mira ad ottenere, piuttosto, una rivalutazione degli elementi probatori acquisiti, impossibile mediante ricorso per cassazione;
il secondo motivo è inammissibile;
va rilevato, al riguardo, che, in sede di ricorso per cassazione, una questione di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.62014 n. 13960);
nel caso di specie, pur adducendo parte ricorrente delle violazioni di legge, mira, in realtà, ad una diversa ricostruzione fattuale della vicenda, volendo addurre la riconducibilità dell’incidente intercorso ad un cedimento della banchina che, quindi, avrebbe escluso la propria responsabilità, ma, così facendo, invoca una rivisitazione fattuale, in contrasto con quanto stabilito dal SU n. 34476 del 2020;
alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma degli stessi artt. 1-bis e 13, se dovuto.
PQM
La Corte respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, in favore della parte controricorrente, che liquida in Euro 2500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma degli stessi artt. 1-bis e 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 8 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021