Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.34039 del 12/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21731-2016 proposto da:

G.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CHIANA 48, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO PILEGGI, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO CAPASSO, LORENZO MARIA DENTICI;

– ricorrente –

contro

UBI BANCA – UNIONE DI BANCHE ITALIANE S.P.A., quale società

incorporante UBI BANCO DI BRESCIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 70, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LOTTI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FABRIZIO DAVERIO, SALVATORE FLORIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3333/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/07/2016 R.G.N. 9866/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/03/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

RILEVATO

CHE:

1. In data 4.7.2006 G.I. fu assunto alle dipendenze del Banco di Brescia spa con un contratto di lavoro a tempo determinato, con prima scadenza al 3.7.2007 – poi prorogata fino al 2.7.2008 – con iniziale inquadramento nella III area, I livello retributivo, del CCNL ABI vigente ratione temporis, recante la seguente causale: “le ragioni di carattere tecnico, produttivo e organizzativo che hanno indotto questa azienda ad avvalersi della sua collaborazione sono connesse alle attività straordinarie riconducibili all’adozione della nuova configurazione della rete distributiva”.

2. Con ricorso depositato il 18.7.2011, il Dott. G. propose ricorso al Tribunale di Roma per sentire accertare: a) la nullità, invalidità, inefficacia ed inesistenza del termine apposto al predetto contratto di lavoro e la conseguente conversione dello stesso in contratto di lavoro a tempo indeterminato fin dalla data della sua assunzione in servizio; b) la illegittimità, invalidità ed inefficacia della proroga del contratto e la conseguente conversione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato; c) la reintegrazione nel posto di lavoro e la condanna del Banco di Brescia al risarcimento dei danni nella misura delle mensilità maturate dalla cessazione del rapporto alla sua effettiva riammissione in servizio; d) in subordine, previo accertamento della violazione del proprio diritto di precedenza, la condanna del Banco di Brescia alla riassunzione e al risarcimento da perdita di chance, commisurato alle retribuzioni che avrebbe percepito a partire dal 3.7.2008.

3. Nel contraddittorio delle parti l’adito Tribunale, con la pronuncia n. 11578 del 2012, rigettò le domande.

4. A seguito di gravame proposto dal G., la Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 3333 del 2016, confermò la decisione di prime cure.

5. La Corte territoriale, premessa la procedibilità dell’appello, rilevò la specificità della causale addotta nella lettera contratto del 4.7.2006 nonché l’avvenuto accertamento, in sede di istruttoria, della esigenza organizzativa indicata; sottolineò la legittimità della proroga, giustificata dalla permanenza delle ragioni organizzative connesse alla nuova rete distributiva, come riscontrata dalle risultanze processuali acquisite; affermò l’infondatezza della denunziata violazione della L. n. 368 del 2001, art. 3 non ancorata, nel ricorso introduttivo, alla mancanza della valutazione dei rischi di cui alla lett. d) della suddetta disposizione; rigettò l’eccezione di inattendibilità dei testi escussi in primo grado; ritenne l’insussistenza della violazione del diritto di precedenza, vantato dal lavoratore, a fronte di quanto disposto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5.

6. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione G.I. affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso UBI Banco di Brescia spa.

7. Le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1 (nella versione applicabile ratione temporis) e dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere rilevato la Corte territoriale la genericità della causale, apposta al contratto a termine e per non avere ritenuto, come era emerso dalle prove assunte, che la reale ragione dell’assunzione, invece, era quella di carattere sostitutivo.

3. Con il secondo si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4 nella versione ratione temporis applicabile, per non avere la Corte di appello ritenuto che le ragioni “oggettive”, che giustificano la proroga del termine al contratto di lavoro a tempo determinato, devono essere sopravvenute rispetto al momento della stipulazione del contratto a termine e non devono consistere nella perdurante esigenza connessa già alla base della prima stipulazione.

4. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c., comma 2 con riferimento alla doglianza relativa alla mancata adozione del documento di valutazione dei rischi D.Lgs. n. 368 del 2001, ex art. 3, comma 1, lett. d) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, perché erroneamente la doglianza sul punto del lavoratore era stata ritenuta, dai giudici di seconde cure, nuova e tardiva, quando, invece, la questione era stata già oggetto sia del ricorso introduttivo che delle note autorizzate ed era stata espressamente affrontata nella sentenza di primo grado.

5. Con il quarto motivo il G. si duole, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti: in particolare la questione sulla violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d) che era stata oggetto di discussione in primo grado ed era stata altresì affrontata dalla sentenza di primo grado.

6. Il primo motivo è infondato.

8. La causale addotta al contratto a termine, come già riportato nello storico, è la seguente: “le ragioni di carattere tecnico, produttivo e organizzativo che hanno indotto questa azienda ad avvalersi della sua collaborazione sono connesse alle attività straordinarie riconducibili all’adozione della nuova configurazione della rete distributiva -.

7. La Corte di merito si è attenuta ai principi di legittimità secondo cui, in tema di rapporto di lavoro subordinato, il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 – nel testo precedente la modifica introdotta dal D.L. n. 112 del 2008, conv. nella L. n. 133 del 2008 – nel consentire l’apposizione di un termine al contratto di lavoro a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare, nonché l’utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa (Cass. n. 804 del 2019).

8. La Corte di appello ha, poi, accertato, attraverso l’esame delle risultanze processuali, che l’utilizzazione era avvenuta nell’ambito della specifica ragione indicata e in stretto collegamento con la stessa.

9. La dedotta violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 è insussistente, così come non è ravvisabile alcuna violazione dell’art. 2697 c.c. che è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma (Cass. n. 17313/2020): ipotesi non ricorrente nel caso in esame.

10. Il secondo motivo è parimenti infondato.

11. La proroga al contratto a termine, come sottolineato dalla stessa Corte territoriale, è stata determinata dal perdurare delle esigenze organizzative poste a base dell’originario contratto a tempo determinato (nuova rete distributiva allegata alla fusione intervenuta nel 2007 di Banco di Brescia in UBI Banca), nonché dall’ulteriore necessità di esportare il modello organizzativo anche ad altre filiali, con conseguente permanenza dell’esigenza già indicata nel contratto.

12. La Corte di merito ha dato, altresì, atto che il teste C. aveva confermato in sede istruttoria il collegamento tra proroga e fusione del 2007.

13. L’assunto dei giudici di seconde cure e’, pertanto, corretto giuridicamente, perché la proroga è stata rispettosa dei limiti temporali e funzionali (non superiore a tre anni e riguardante la medesima attività lavorativa, come prevede il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4) rispetto all’originario contratto a tempo determinato e adeguatamente motivato in relazione al riscontro probatorio come dimostrato nel corso del giudizio.

14. Il terzo ed il quarto motivo, da trattarsi congiuntamente per connessione logico-giuridica, sono, invece, inammissibili.

15. In primo luogo, va osservato che le censure difettano di specificità ed autosufficienza lì dove viene evidenziato che nel ricorso introduttivo di 1 grado (che individua esattamente nel rito del lavoro il thema decidendum) era stata dedotta la violazione generale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d) con il semplice richiamo a pag. 29 dello stesso ricorso, senza però riportarne il testo, sia pure in parte, rilevante ai fini della individuazione della questione.

16. Il semplice richiamo ad una pagina dell’atto, privo di alcun riferimento testuale al contenuto, comporterebbe, infatti, nella perimetrazione della censura, un soggettivismo interpretativo da parte del giudice che si porrebbe in violazione del principio del contraddittorio e di difesa della controparte che deve essere a conoscenza dell’esatto contenuto del vizio denunciato.

17. Inoltre, non è ravvisabile alcun omesso esame, rilevante ex art. 360 c.p.c., n. 5, perché la Corte di merito, in ordine alla questione di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 3 ha ritenuto che la doglianza fosse stata riferita esclusivamente alla fattispecie di cui alla lett. b) suddetto articolo e non anche alla ipotesi di cui alla lett. d) che concerneva specificamente la valutazione dei rischi ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4 e succ. modificazioni.

18. Correttamente, quindi, la Corte territoriale ha ritenuto tardiva la questione sottoposta in appello perché la valutazione operata dal giudice di primo grado concerneva una problematica diversa (e cioè la tematica della sicurezza in ambiente bancario e la prevenzione, igiene e sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro) e non la specifica questione della mancata adozione del DVR.

19. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.

20. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

21. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.250,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 3 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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