Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.34041 del 12/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3969-2018 proposto da:

ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMBATTENTI E REDUCI A.N. C.R., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.G. BELLI 27, presso lo studio degli avvocati EMANUELA CUSMAI, e DAVIDE GALLOTTI, che la rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

T.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 44, presso lo studio degli avvocati SILVIO CRAPOLICCHIO, e MASSIMILIANO MARSILI, che lo rappresentano e difendono;

– controricorrente –

contro

R.T.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3588/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/07/2017 R.G.N. 3299/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/06/2021 dal Consigliere Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.

FATTI DI CAUSA

La Corte di appello di Roma con la sentenza n. 3588/2017 aveva accolto l’appello proposto da R.T. e T.M. avverso la decisione con cui il locale tribunale aveva accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta da ANCR- Associazione Nazionale Combattenti e Reduci ed aveva conseguentemente confermato i decreti ingiuntivi emessi in favore dei due lavoratori.

La Corte territoriale, diversamente dal tribunale, aveva ritenuto ANCR responsabile solidalmente con ANCR – Federazione Provinciale di Roma-IVU dei crediti vantati dai lavoratori, in ragione della inesistenza di una totale autonomia ed indipendenza giuridica di quest’ultima.

La Corte aveva poi ritenuto esperibile l’azione di recupero crediti proposta nei confronti di ANCR pur in presenza di altro procedimento di insinuazione al passivo nella procedura concorsuale di amministrazione straordinaria in cui era parte il coobbligato solidale IVU.

Avverso detta decisione ANCR proponeva ricorso affidato a quattro motivi di censura, anche coltivati con successiva memoria, cui resisteva T.M..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo è dedotta la violazione degli artt. 112,99,115,116,345,346,342,434, e 437 c.p.c. In particolare l’Associazione si duole dell’ultrapetizione in cui era incorsa la Corte territoriale per aver ritenuto la responsabilità solidale tra ANCR e Federazione – IVU, a fronte di una posizione processuale sempre diretta ad affermare la unicità della soggettività tra le due entità associative.

2) Con il secondo motivo è denunciata la violazione degli artt. 434,342,346,112 c.p.c., per nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). Parte ricorrente si duole della ultrapetizione allorché la Corte di merito ha affermato la responsabilità solidale, estranea alle originarie prospettazioni dei lavoratori.

I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili poiché la natura esclusiva o solidale della responsabilità, la cui valutazione è stata oggetto della pronuncia della Corte di appello, non incide sulla fondatezza della richiesta originaria di condanna di ANCR. Quest’ultima aveva eccepito la carenza di legittimazione passiva che, invece affermata dalla Corte, in ragione della responsabilità qualificata come solidale, rende infondata l’eccezione ed irrilevante la natura (solidale o esclusiva) della responsabilità, stante, comunque, l’accertamento svolto circa la sua sussistenza in capo alla ricorrente. Le censure sono dunque inammissibili per carenza di interesse.

3) Parte ricorrente deduce la violazione degli artt. 115116 c.p.c. nonché dell’art. 2697 c.c., (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). L’Associazione si duole del mancato accertamento da parte del giudice di appello delle condizioni richieste dall’art. 39 dello Statuto dell’associazione per l’affermazione della responsabilità di ANCR. In particolare lamenta l’assenza di accertamento circa l’autorizzazione prevista dalla norma con riguardo ad attività quali l’assunzione del lavoratore e la determinazione del trattamento economico. Ai sensi dell’art. 39 l’assenza di siffatte autorizzazioni non avrebbe impegnato la responsabilità di ANCR per le attività svolte, ma solo quella di chi le avrebbe deliberate e compiute.

A giudizio della Associazione la mancata prova delle suddette autorizzazioni doveva far escludere la responsabilità invece affermata.

Sul punto si osserva che la Corte territoriale, con accertamento in fatto, non censurabile in sede di legittimità, ha statuito che non potevano esservi dubbi, alla luce della lettera di assunzione sottoscritta dal rappresentante legale di ANCR, del contratto di lavoro e delle buste paga, che ANCR avesse “quanto meno autorizzato” i contratti in esame e fosse pertanto “impegnata” nell’adempimento dell’obbligo retributivo.

Il motivo è dunque inammissibile poiché la Corte d’appello, sulla base del materiale probatorio in suo possesso, ha svolto accertamento e valutazione di merito non sindacabile in questa sede.

4) Con il quarto motivo è denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, quale il mancato esame, da parte del giudice, del disposto dell’art. 38 dello Statuto. Tale disposizione impone l’utilizzo nei documenti della Federazione Provinciale di Roma-IVU, della denominazione “ANCR-Federazione Provinciale di Roma – IVU”, con ciò determinando l’errata percezione, all’esterno, circa la provenienza del documento da ANCR. Tale circostanza non era stata valutata dal giudice d’appello ai fini dell’accertamento di responsabilità.

Il motivo è inammissibile. Questa Corte ha chiarito che “L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 (conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia” (Cass. n. 23238/2017).

La decisività del “fatto” omesso assume nel vizio considerato dalla disposizione richiamata rilevanza assoluta poiché determina lo stretto nesso di causalità tra il fatto in questione e la differente decisione (non solo eventuale ma certa).

Tale condizione deve dunque essere chiaramente allegata dalla parte che invochi il vizio, onerata di rappresentare non soltanto l’omissione compiuta ma la sua assoluta determinazione a modificare l’esito del giudizio.

Nella censura in esame non sussistono tali condizioni poiché non è stata dimostrata la decisività del fatto “omesso”, avendo la Corte di appello fondato la determinazione anche su altri elementi diretti a dar conto della sussistenza delle “autorizzazioni” richieste dall’art. 39 sopra richiamato.

Il ricorso, per le esposte ragioni deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono il principio di soccombenza.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 5.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 1 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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