LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23435/2019 proposto da:
Fallimento ***** S.p.a. in Liquidazione, in persona dei curatori Dott. C.A., Dott. O.F. e avv. Piergiuseppe Di Nola, elettivamente domiciliato in Roma, Via Oslavia n. 12, presso lo studio dell’avvocato Cesareo Gerardo Romano, rappresentato e difeso dall’avvocato Trapanese Paolo, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
M.P., elettivamente domiciliato in Roma, Piazzale Clodio n. 32, presso lo studio dell’avvocato Bertone Pasquale, rappresentato e difeso dall’avvocato Soluri Jacopo, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 2428/2019 del TRIBUNALE di NAPOLI, del 24/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/09/2021 dal cons. FIDANZIA ANDREA.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Napoli Nord, con decreto depositato il 24.06.2019, ha accolto l’opposizione proposta L.Fall., ex art. 98 da M.P. avverso il decreto con cui il G.D. dello stesso Tribunale aveva rigettato la sua domanda di insinuazione in privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 2 al passivo del fallimento ***** s.p.a. in liquidazione del credito dell’importo di Euro 34.269,59, richiesto a titolo di compenso per l’attività di sindaco svolta dal M. a favore della società poi fallita a partire dal settembre 2012 fino alla dichiarazione di fallimento.
Il Tribunale di Napoli Nord, previo rigetto dell’eccezione di inammissibilità della produzione documentale prodotta dal M. con le note autorizzate depositate in replica alla memoria di costituzione del fallimento nel giudizio di opposizione allo stato passivo, ha ritenuto che il sindaco opponente avesse svolto il proprio incarico con la diligenza richiesta dalla legge, così rigettando l’eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela, ritenendo corretta anche la determinazione del quantum debeatur.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione il Fallimento ***** spa in liquidazione affidandolo a quattro motivi.
M.P. ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato la memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 1.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e L.Fall., art. 99, comma 2, n. 4.
La curatela eccepisce l’illegittima ammissione da parte del Tribunale dei nuovi documenti prodotti dal M. con le note autorizzate depositate in data 15.11.2018, sui quali si è fondata la decisione impugnata. Tali documenti, finalizzati a provare il preteso corretto adempimento della prestazione del sindaco, non solo non erano stati prodotti nel corso del giudizio di verificazione dello stato passivo ma non erano neppure stati allegati e/o indicati nel ricorso in opposizione L.Fall., ex art. 98.
L’ammissione di tali documenti si poneva in violazione della L.Fall., art. 99, comma 2, n. 4, atteso che la curatela già nel giudizio di verifica dello stato passivo aveva sollevato l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., con la conseguenza che, in sede di giudizio di opposizione L.Fall., ex art. 98, non era stata sollevata alcuna nuova eccezione che rendesse necessaria una nuova produzione documentale ai fini della confutazione della stessa.
Dunque, i nuovi documenti prodotti dal sindaco – a titolo esemplificativo, le Comunicazione al Commissario Giudiziale dell’11.10.2013, del 13.10.2013 e dell’11.12.2013, e ed i verbali di comparizione innanzi al G.D. del 15.10.2013 e del 12.12.2013 – non servivano a replicare alle eccezioni della curatela, ma a fornire le prove di quanto il sindaco avrebbe dovuto già produrre e dalle quali era ormai decaduto.
2. Il motivo presenta profili di inammissibilità ed infondatezza.
Va preliminarmente osservato che questa Corte (vedi Cass. n. 22386/2019) ha già enunciato il principio di diritto secondo cui, se, da un lato, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, il curatore può introdurre eccezioni nuove, ossia non formulate già in sede di verifica, dall’altro, solo in relazione ai contenuti e termini dell’eccezione nuova, il rispetto del principio del contraddittorio esige che sia concesso termine all’opponente per dispiegare le proprie difese e produrre la documentazione probatoria idonea a supportarle.
Tale principio deve ovviamente applicarsi non solo nel caso in cui il curatore sollevi, in diritto, nuove eccezioni mai formulate in precedenza, ma anche quando lo stesso, nel costituirsi nel giudizio di opposizione allo stato passivo, a supporto della medesima eccezione già sollevata (nel caso di specie, di inadempimento ex art. 1460 c.c.), alleghi nuove circostanze di fatto mai dedotte nella precedente fase della verifica dello stato passivo, che abbiano la funzione di ampliare il thema decidendum sottoposto all’esame del giudice.
Il Tribunale di Napoli Nord ha fatto buon uso di tali principi, come si evince dal provvedimento articolato con cui lo stesso giudice ha ammesso i nuovi documenti prodotti dal M. con le note autorizzate del 15.11.2018 è molto articolato: si è evidenziato che i documenti prodotti con le note autorizzate trovavano ragione nelle nuove circostanze di fatto fatte valere dalla curatela (a fondamento dell’eccezione di inadempimento) soltanto con la comparsa di risposta e non indicate nel provvedimento di rigetto del Giudice Delegato, essendo quindi le nuove produzioni finalizzate a confutare le specifiche nuove censure inerenti l’omessa denuncia delle irregolarità riscontrate, la relazione del Commissario Giudiziale del 1.7.2013 e la denuncia alla Procura della Repubblica del 13.12.2013 (mentre il provvedimento del G.D. aveva rigettato la domanda di ammissione del credito del sindaco valorizzando altre circostanze, ovvero il difetto di documentazione idonea a dimostrare l’effettiva esecuzione dell’incarico ricevuto e l’imputazione allo stesso sindaco dell’omesso scioglimento e liquidazione dell’impresa nonostante l’erosione del capitale sociale, con grave pregiudizio per la società fallita).
A fronte della natura articolata del provvedimento istruttorio del Tribunale di Napoli Nord (essendo stati indicati, seppur in sintesi, le nuove circostanze dedotte dal curatore nella comparsa di costituzione del giudizio di opposizione allo stato passivo al cospetto del contenuto del provvedimento del G.D.), le censure della curatela si appalesano molto generiche, limitandosi quest’ultima a dedurre genericamente che l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., era già stata formulata in sede di verifica dello stato passivo, senza confrontarsi minimamente con il contenuto del provvedimento istruttorio di ammissione dei nuovi documenti.
La curatela non ha avuto quindi cura neppure di allegare (e, a maggior ragione, documentare) che le circostanze di fatto dalla stessa indicate nella memoria di costituzione nel giudizio di opposizione allo stato passivo, a supporto dell’eccezione di inadempimento del sindaco, non fossero nuove, ma erano, in realtà, già state dedotte in sede di verifica dello stato passivo.
3. Con il secondo motivo è stato dedotto l’omesso esame su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., commi 1 e 2, nonché in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4 e 5) – omessa motivazione.
La curatela ha, in primo luogo, censurato il decreto impugnato nella parte in cui avrebbe omesso di valutare le deduzioni ed eccezioni svolte dalla stessa nella memoria difensiva di costituzione depositata il 19.9.2018 e nelle note autorizzate per l’udienza del 3.4.2019 depositate il 22.3.2019. Inoltre, è stato dedotto l’omesso esame di una serie di documenti inseriti nell’allegato C al ricorso per cassazione.
Infine, la curatela lamenta che il Tribunale avrebbe sostanzialmente frainteso il contenuto di due documenti, ovvero le relazioni del Commissario Giudiziale del 1.7.13 e del 17.9.2013 (segnatamente la procedura deduce “l’errata attribuzione di contenuti” in ordine ai documenti sopra indicati).
4. Il motivo è inammissibile.
La procedura ricorrente ha genericamente allegato che il decreto impugnato avrebbe omesso l’esame di punti decisivi corrispondenti alle deduzioni dalla stessa svolte sia nella memoria di costituzione nel giudizio di opposizione, sia nelle note autorizzate depositate il 22.3.2019 – provvedendo all’uopo a trascrivere integralmente quanto già censurato nel precedente grado di giudizio – limitandosi, nella sostanza, a richiamare le deduzioni ed eccezione già svolte senza, tuttavia, minimamente illustrare il motivo ed indicare, conseguentemente, le ragioni per cui i fatti di cui il giudice di primo grado avrebbe omesso l’esame avrebbero natura decisiva.
In proposito, questa Corte ha già avuto modo di affermare che il ricorso per cassazione esige l’illustrazione del singolo motivo, contenente l’esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata, e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (v. in particolare Cass., 19/8/2009, n. 18421).
La ricorrente si è invece, come già anticipato, limitata a trascrivere nel proprio ricorso le deduzioni dalla stessa già svolte nel precedente grado del giudizio, chiedendo inammissibilmente un nuovo esame nel merito, precluso in sede di legittimità.
Quanto ai documenti di cui allegato C al ricorso per cassazione, di cui il Tribunale avrebbe omesso l’esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non vi è dubbio che la procedura ricorrente, con l’apparente deduzione del vizio in oggetto, non abbia fatto altro che richiedere una inammissibile rivalutazione degli elementi probatori già esaminati dal giudice di merito, parimenti omettendo di evidenziare la decisività delle proprie censure al cospetto delle argomentazioni di segno contrario del Tribunale.
Infine, con riferimento alla dedotta “errata attribuzione di contenuti” riguardanti le relazioni del Commissario Giudiziale del 1.7.13 e 17.9.13, va osservato che, dalla stessa prospettazione della ricorrente, non emerge che i passaggi delle citate relazioni del Commissario Giudiziale, in relazione ai quali il Tribunale sarebbe incorso in un errore di fatto nell’attribuzione del loro contenuto, avrebbero costituito un punto controverso su cui la sentenza ebbe a pronunciare, non essendo in alcun modo emerso – né la ricorrente l’ha comunque dedotto che quei punti sarebbero stati oggetto di una specifica discussione tra le parti e che quindi le parti avrebbero prospettato innanzi al giudice di primo grado una diversa lettura dei dati contenuti in tali documenti. Ne consegue che la ricorrente, per far valere l’errore di fatto in cui sarebbe incorso il giudice di merito, avrebbe dovuto proporre un ricorso per revocazione a norma dell’art. 395 c.p.c., n. 4.
In ogni caso, anche su tale profilo, la ricorrente invoca inammissibilmente una rivalutazione degli elementi di prova già esaminati dal giudice di merito.
5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1176,2043,2406,2407,2409 e 2447 c.c..
Lamenta la ricorrente che il Tribunale di Napoli Nord è incorso nella violazione delle norme che disciplinano gli obblighi di diligenza incombenti sul collegio sindacale di una società per azioni.
In particolare, la procedura, dopo aver richiamato alcune massime di questa Corte nonché alcuni passaggi del decreto impugnato nei quali il Tribunale ha affermato che il sindaco aveva svolto il proprio incarico con la diligenza richiesta dalla legge, ha concluso per il contrasto della motivazione del decreto impugnato con le norme e la giurisprudenza richiamata.
In particolare, il Tribunale non avrebbe considerato che gli obblighi di diligenza a carico dei sindaci non afferiscono solo ad un’attività di controllo e vigilanza, ma anche di intervento concreto e tempestivo attraverso tutti gli atti idonei ed immediati (anche atipici) per evitare l’aggravarsi del dissesto, non potendosi tali atti, limitare, in fase concordataria, allo svolgimento di semplici attività di controllo e segnalazione a diversi organi (il Giudice Delegato ed il Commissario Giudiziale).
Pertanto, nel caso di specie, già dal settembre 2012, dal momento dell’assunzione della carica del sindaco M., il Collegio Sindacale avrebbe dovuto adottare provvedimenti di cui agli artt. 2409 e 2447 c.c..
6. Il motivo è inammissibile.
La curatela, con l’apparente deduzione della deduzione di legge, non fa altro che censurare, in realtà, non l’interpretazione che il Tribunale di Napoli Nord ha dato delle norme di legge indicate nella rubrica, ma le valutazioni di merito che lo stesso giudice ha effettuato, nel caso concreto, nell’esaminare l’intervenuto adempimento o meno degli obblighi di diligenza che la legge pone a carico dei sindaci.
7. Con il quarto motivo è stato dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Contesta la ricorrente l’affermazione contenuta nel decreto impugnato secondo cui il quantum debeatur della pretesa del sindaco non sarebbe stato contestato, avendo, invece, la curatela espressamente contestato le modalità di calcolo del compenso richiesto dal sindaco alla pag. 17 della memoria difensiva del 17.9.2018.
8. Il motivo non è fondato.
Va osservato che, in ordine al quantum debeatur, la decisione del giudice di merito si fonda un una doppia ratio, l’una relativa alla corretta applicazione dei parametri del D.M. n. 2012, l’altra sulla mancata contestazione da parte della curatela. In proposito, se è pur vero che, difformemente da quanto affermato dal decreto impugnato – come emerge dall’estratto della memoria difensiva del 17.9.2018 che la curatela ha provveduto a trascrivere nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza – la procedura aveva contestato il quantum debeatur del compenso richiesto dal sindaco. La prima ratio decidendi non è stata aggredita.
Orbene, è orientamento consolidato di questa Corte che ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass. n. 18641 del 27/07/2017).
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
PQM
Rigetta il primo motivo, inammissibili il secondo, il terzo ed il quarto.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 22 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2021