Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.34702 del 16/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2035/2020 proposto da:

COMUNE DI MARINO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C. COLOMBO N. 440, presso lo studio dell’avvocato RENATO CARUSO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente – principale –

contro

P.G., L.L., LI.LA., nella qualità di eredi di L.V., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato DANIELE GUIDONI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 3099/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/10/2019 R.G.N. 3505/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/05/2021 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’

Stefano, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

1. Con sent. n. 3099/2019, pubblicata il 10 ottobre 2019, la Corte di appello di Roma, decidendo in sede di rinvio (da Cass. n. 12822/2016, che aveva richiesto di compiere tale verifica), ha ritenuto perfezionato in data 17/12/1998 il procedimento di notificazione ex art. 149 c.p.c., della lettera di contestazione disciplinare diretta dal Comune di Marino al proprio dipendente L.V. e relativa ad un’assenza ingiustificata per oltre dieci giorni consecutivi, in particolare rilevando che erano decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata contenente l’avviso della tentata notifica e dal deposito del piego presso l’ufficio postale.

1.1. La Corte territoriale ha considerato, su tale premessa, che l’audizione del lavoratore, fissata per il precedente 10/12/1998, non rispettasse dell’art. 24, comma 3 c.c.n.l. Comparto Enti Locali del 6 luglio 1995, il quale disponeva che la convocazione non potesse avvenire prima che fossero trascorsi cinque giorni lavorativi dalla contestazione del fatto che vi aveva dato causa: norma che – ha osservato ancora la Corte – era dettata dall’esigenza di dare al dipendente incolpato il tempo necessario a raccogliere elementi a propria difesa e che, di conseguenza, non poteva che implicare che il dies a quo per il computo del termine coincidesse con la data in cui il lavoratore aveva avuto conoscenza, effettiva o legalmente equipollente, dell’addebito elevatogli.

1.2. La Corte ha, quindi, dichiarato illegittimo il licenziamento del L., in quanto esito di un procedimento disciplinare viziato da una chiara e grave violazione del diritto di difesa, disponendo per l’applicazione della tutela di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, applicabile ratione temporis.

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Marino, con due motivi.

3. Il lavoratore ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto ricorso incidentale condizionato, anch’esso affidato a due motivi.

4. Nelle more del giudizio si sono costituiti, con comparsa in data 17/3/2021, P.G., Li.La. e L.L., in qualità di eredi di L.V., i quali hanno altresì depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del proprio ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 23, 24 e 25 c.c.n.l. Compatto Enti Locali del 6 luglio 1995, il Comune di Marino censura la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto che il mancato rispetto del lasso temporale previsto dalla contrattazione collettiva tra contestazione dell’addebito e audizione del dipendente incolpato fosse tale da determinare di per sé la nullità del licenziamento per violazione di termini procedimentali perentori e inderogabili, a tal fine non avendo considerato che la giurisprudenza ritiene a carattere ordinatorio i termini volti a definire le fasi del procedimento disciplinare (ad eccezione di quello che impone la conclusione del procedimento, in quanto espressamente previsto come perentorio) e che, in particolare, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto, con la sentenza n. 17245/2016, che l’inosservanza del termine tra la convocazione del lavoratore per essere sentito in sede istruttoria procedimentale e la sua audizione possa essere causa di nullità del procedimento solo ove il lavoratore deduca e dimostri che il suo diritto di difesa è stato compromesso dalla contrazione del termine medesimo.

2. Con il secondo il ricorrente, deducendo la violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, in relazione agli artt. 3 e 111 Cost., si duole che la Corte di appello di Roma lo abbia condannato a ripristinare il rapporto di lavoro e al pagamento delle retribuzioni dovute dalla data del licenziamento a quella della effettiva ricostituzione del rapporto, con tali statuizioni essendosi determinati, pur in presenza di rapporto anteriore al D.Lgs. n. 23 del 2015, un arricchimento del tutto ingiustificato del lavoratore e una palese disparità di trattamento in situazioni analoghe.

3. Il primo motivo del ricorso principale è infondato.

4. L’art. 24 c.c.n.l. Enti Locali 6 luglio 1995 prevede, al comma 2, che “L’Amministrazione, salvo il caso del rimprovero verbale, non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del dipendente, senza previa contestazione scritta dell’addebito da effettuarsi tempestivamente e comunque non oltre 20 giorni da quando il soggetto competente, che secondo l’ordinamento dell’amministrazione è tenuto alla contestazione, è venuto a conoscenza del fatto e senza aver sentito a sua difesa con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato”; e, al successivo comma 3, che “La convocazione scritta per la difesa non può avvenire prima che siano trascorsi cinque giorni lavorativi dalla contestazione del fatto che vi ha dato causa. Trascorsi inutilmente 15 giorni dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi 15 giorni”.

5. In materia è stato ritenuto che per il computo del c.d. termine a difesa, che precede l’audizione dell’interessato, occorre avere riguardo al momento in cui il lavoratore ha avuto conoscenza degli addebiti a lui mossi e, dunque, alla data di ricevimento della contestazione, in riferimento alla quale lo stesso lavoratore è posto in condizione di poter predisporre una difesa circostanziata in relazione ai fatti oggetto di addebito (Cass. n. 3686/2010); nel medesimo senso Cass. n. 20724/2007, ove è precisato che il termine assegnato al dipendente per la presentazione delle proprie giustificazioni decorre dal momento in cui quest’ultimo ha ricevuto la lettera di contestazione e non dal giorno in cui la stessa è stata inviata, poiché la ratio sottesa alla norma è funzionale alla tutela del diritto di difesa dell’incolpato, nonché Cass. n. 5714/2015, in cui nuovamente si ribadisce che il termine in questione decorre dalla data di ricevimento della lettera di contestazione disciplinare, rispondendo ad una esigenza di tutela del diritto di difesa del lavoratore.

6. Nella fattispecie concreta l’audizione a difesa risulta addirittura fissata dal datore di lavoro in una data anteriore a quella in cui è da ritenere che il dipendente avesse avuto conoscenza della contestazione, secondo l’accertamento compiuto dalla Corte di merito.

7. Ne consegue che è pienamente condivisibile la sentenza impugnata, là dove, in chiara adesione alla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, sottolinea la illegittimità del licenziamento in quanto esito di un procedimento disciplinare affetto da una evidente quanto grave lesione del diritto di difesa.

8. Non rileva, d’altra parte, il precedente citato nell’ambito del motivo in esame (Cass. n. 17245/2016), trattandosi di caso con tutta evidenza diverso rispetto a quello oggetto di giudizio, in cui – si deve ripetere – l’audizione del lavoratore, in quanto fissata in data anteriore al perfezionarsi del procedimento di notifica della contestazione disciplinare, è scollegata dalla stessa conoscenza dell’addebito, sul quale la difesa dell’incolpato sarebbe stata chiamata a misurarsi.

9. E’ infatti chiaro che non vi può essere convocazione a difesa prima che si realizzi la conoscenza della lettera di contestazione disciplinare e, con essa, dell’addebito che viene mosso al lavoratore: elemento, questo, che costituisce un imprescindibile presidio a difesa dell’incolpato, come posto in evidenza dagli arresti di legittimità richiamati e come, del resto, dimostra la stessa collocazione del termine di cinque giorni insieme con la previsione della forma scritta della contestazione dell’addebito.

10. Il secondo motivo del ricorso principale risulta palesemente inammissibile, essendosi la Corte di appello esattamente riferita alla L. n. 300 del 1970, art. 18, nella formulazione applicabile ad un rapporto – come quello in esame – sorto in epoca precedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 23 del 2015.

11. Al rigetto del ricorso principale del Comune di Marino consegue l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato, a mezzo del quale il dipendente censura la sentenza di appello per avere ritenuto ritualmente completato il procedimento di notifica della lettera di contestazione disciplinare, con l’effetto della conoscenza legale dell’atto in capo al dipendente, e per non avere considerato l’ulteriore profilo di nullità del recesso consistito nella mancata osservanza del termine di conclusione del procedimento entro centoventi giorni dalla data di contestazione dell’addebito.

12. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2021

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