Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.35077 del 17/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13874-2020 proposto da:

COMUNE DI VENEZIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA B. TORTOLINI n. 34, presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ PAOLETTI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONIO IANNOTTA e NICOLETTA ONGARO;

– ricorrente –

contro

T.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO VALESIO n. 1, presso lo studio dell’avvocato MICHELA DAMADEI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato JACOPO MOLINA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 112/2020 del TRIBUNALE di VENEZIA;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/10/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

FATTI DI CAUSA

Con la sentenza impugnata n. 112/2020, il Tribunale di Venezia rigettava il gravame proposto dal Comune di Venezia avverso la decisione di prime cure, con la quale il Giudice di Pace di Venezia aveva accolto il ricorso proposto da T.I. avverso un’ordinanza ingiunzione emessa per scarsa leggibilità del numero identificativo del natante di sua proprietà.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione il Comune di Venezia, affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso T.I..

A seguito della proposta formulata dal relatore, la parte ricorrente ha depositato istanza di remissione in termini per poter depositare la copia autentica integrale della sentenza impugnata.

In prossimità dell’adunanza camerale, sia la parte ricorrente che quella controricorrente hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS C.P.C..

INAMMISSIBILITA’ del ricorso, poiché agli atti risulta depositato soltanto il dispositivo della sentenza impugnata, e non anche la motivazione. Sul punto, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che, nei giudizi di opposizione a sanzione amministrativa, “… il potere di proporre impugnazione non sorge in conseguenza della semplice lettura del dispositivo della sentenza in udienza, ma postula che la sentenza sia completa nei suoi elementi strutturali, tra cui è essenziale la motivazione, e che sia stata depositata in cancelleria” (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 16399 del 25/07/2007, Rv. 598757; il principio è valido anche in altri casi in cui il dispositivo viene letto prima del deposito della motivazione, quali ad esempio la materia del lavoro: cfr. Cass. Sez. t, Sentenza n. 18162 del 16/09/2015, Rv. 636575; ed in materia disciplinare: cfr Cass. Sez. U, Sentenza n. 6588 del 18/03/2009, Rv. 607215)”.

Il Collegio condivide, nel contenuto, la proposta del Relatore, precisando che il ricorso va dichiarato improcedibile. Non può essere accolta l’istanza di remissione in termini depositata dal Comune di Venezia solo dopo la comunicazione della proposta del relatore, in quanto il deposito della copia autentica della sentenza impugnata unitamente al ricorso introduttivo del giudizio di legittimità costituisce requisito di procedibilità, ai sensi di quanto previsto dall’art. 369 c.p.c., comma 2. La verifica della sussistenza di detto requisito va pertanto effettuata al momento del deposito del ricorso presso la cancelleria della Corte di Cassazione, non potendosi ammettere -in difetto di una espressa disposizione di legge- alcuna possibilità di integrazione successiva (Cass. Sez. L, Sentenza n. 343 del 18/01/1982, Rv. 418038), non avendo peraltro la parte ricorrente neppure depositato la copia autentica della sentenza impugnata con l’osservanza delle modalità fissate dall’art. 372 c.p.c., comma 2, che prevede la notifica alla controparte (Cass. Sez. L, Sentenza n. 10959 del 21/10/1995, Rv. 494319).

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione dichiara improcedibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 800, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta-2 Sezione Civile, il 26 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2021

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