LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10656/2016 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA SCIPLINO;
– ricorrente –
contro
B.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato FRANCO CARLINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ELISA MAMBRETTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 812/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata 21/10/2015 R.G.N. 1811/2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/07/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.
RILEVATO
Che:
1. con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano, in riforma della decisione di primo grado, riteneva B.C., socio e amministratore della s.r.l. Ecober non tenuto all’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti e al pagamento dei relativi contributi portati dalle cartelle opposte;
2. per la Corte territoriale in assenza di idonee prove dedotte dall’INPS, l’attività di partecipazione del socio al lavoro aziendale non assumeva il carattere dell’abitualità e preminenza rispetto all’attività prestata da altri soggetti all’interno dell’azienda e degli altri fattori produttivi presenti e la cancellazione disposta dall’INPS, nelle more del giudizio di gravame, con la medesima decorrenza indicata agli effetti della contestata mancata iscrizione, concorreva a fondare la declaratoria di insussistenza del crediti contributivi;
3. avverso detta sentenza l’INPS propone ricorso, affidato ad un motivo, ulteriormente illustrato con memoria, cui resiste, con controricorso, B.C..
CONSIDERATO
Che:
4. con il ricorso l’I.N.P.S., deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, così come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. in L. n. 122 del 2010, in relazione all’art. 2697 c.c., censura la sentenza nella parte in cui ha operato una commistione tra le funzioni di amministratore di s.r.l. e l’attività dello stesso socio lavoratore all’interno della medesima società (facendo riferimento all’orientamento delle Sezioni Unite n. 3240 del 2010, ormai abbandonato) ed in quella in cui la Corte territoriale ha ritenuto che l’I.N.P.S. non avesse fornito la prova dello svolgimento, da parte dell’attuale intimato, di un’attività lavorativa nel suo momento esecutivo ed in misura preponderante rispetto agli altri fattori produttivi; sostiene che la questione oggetto di causa riguardava la problematica relativa alla compatibilità tra l’iscrizione presso la gestione commercianti e quella presso la gestione separata del socio amministratore di s.r.l. che nel contempo svolge attività lavorativa all’interno della stessa società e che nella fattispecie, sulla base di circostanze di fatto pacifiche, sussistevano gli elementi legittimanti l’iscrizione dell’intimata alla gestione commercianti;
5. il ricorso è infondato, dovendosi considerare anzitutto che la ratio decidendi della sentenza impugnata non attiene alla sostenibilità, in diritto, della doppia iscrizione (alla gestione separata ed alla gestione commercianti) del socio amministratore di s.r.l. che partecipi con abitualità e prevalenza al lavoro aziendale;
6. la Corte d’Appello ha ritenuto non assolto dall’INPS l’onere probatorio e non specificamente dedotte le attività svolte nell’ambito della compagine organizzativa e l’effettiva attività svolta all’interno della società;
7. la sentenza viene censurata, invece, sotto il profilo della violazione di legge (L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, come interpretato dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, convertito in L. 30 luglio 2010, n. 122, in relazione all’art. 2967 c.c.) anche in relazione all’onere della prova e la critica del criterio di prevalenza è sollevata in relazione all’attività di amministratore e alla questione delle attività assicurabili in diverse gestioni e cioè nell’ottica (oramai del tutta superata per il socio amministratore di srl a seguito della legge di interpretazione autentica) del comma 208 e non del comma 203, che richiede pur sempre che l’attività lavorativa del socio sia, in pari tempo, abituale e prevalente per l’iscrizione alla gestione commercianti;
8. è peraltro vero che la sentenza impugnata richiama in premessa la tesi sostenuta dalle Sezioni Unite n. 3240/2010 (secondo cui, ai fini dell’iscrizione alla gestione commercianti, il lavoro del socio di s.r.l. deve risultare prevalente rispetto agli altri fattori produttivi all’interno dell’impresa) e che tale affermazione deve ritenersi invece superata alla luce della più recente giurisprudenza di questa Corte (tra le tante Cass. 8474/2017; n. 26811/2018);
9. tuttavia, la Corte d’Appello non si è servita di tale premessa ai fini della decisione, la quale si fonda sulla radicale affermazione dell’impossibilità di valutare l’entità dell’apporto nella complessiva attività aziendale a cagione del mancato assolvimento dell’onere di allegazione e prova da parte dell’INPS;
10. peraltro la sentenza impugnata non distingue il lavoro esecutivo dal lavoro direttivo ed organizzativo, di natura intellettuale, mentre entrambi devono ritenersi rilevanti secondo la giurisprudenza di questa Corte ai fini dell’iscrizione in discorso (posto che con ciascuna di essa il socio offre il proprio personale apporto all’attività di impresa, ingerendosi direttamente ed in modo rilevante nel ciclo produttivo della stessa), ma ciò non inficia la correttezza della decisione giacché la Corte d’Appello, disattendo la tesi dell’INPS, ha sostanzialmente distinto l’attività di amministratore da quella lavorativa (affermando che nell’incarico di amministratore non può farsi rientrare solo il compimento di atti giuridici, perché all’amministratore è affidata la gestione della società, e dunque un’attività di contenuto imprenditoriale, che si estrinseca nell’organizzazione del coordinamento dei fattori della produzione, comprendendovi sia il momento decisionale sia quello attuativo delle determinazioni assunte);
11. a fronte di ciò, le censure sollevate dell’INPS in ricorso neppure spiegano in base a quali criteri normativi (idonei a distinguere l’attività di amministratore e quella di lavoratore) dovrebbe approdarsi alla conclusione contraria ed affermare che le attività gestionali considerate dalla Corte fossero invece da considerare rilevanti ai fini della iscrizione;
12. sotto questo profilo, quindi, la censura si risolve in una petizione di principio che tende ad una rivalutazione del giudizio espresso dalla Corte senza addurre alcuna omissione di fatti controversi e decisivi e quindi richiedendo un diverso apprezzamento non consentito in questa sede e nemmeno risulta dedotto e provato dall’INPS che quella dell’attuale intimato fosse attività connotata dai due requisiti dell’abitualità e della prevalenza nei termini chiariti dalla più recente giurisprudenza di questa Corte;
13. questa Corte ha invero affermato che, una volta stabilito che per il socio amministratore di società che partecipi all’attività aziendale vi possa essere in via di principio la doppia iscrizione consentita dalla legge (anche in base alla nuova norma interpretativa), rimane pur sempre da accertare in concreto, ai fini dell’iscrizione alla gestione commercianti, in ogni singola fattispecie, il presupposto della partecipazione personale all’attività aziendale commerciale in modo abituale e prevalente, con onere della prova a carico dell’INPS;
14. secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. 8474/2017, cit.; da ultimo, Cass. n. 1683 del 2021) – che ha riconsiderato in senso estensivo il punto già esaminato dalla sentenza della Sez. Unite 3240 del 12.2.2010 – il requisito della partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, deve essere inteso in relazione ad un criterio non predeterminato di tempo e di reddito, da accertarsi in senso relativo e soggettivo, ossia facendo riferimento alle attività lavorative espletate dal soggetto considerato in seno alla stessa attività aziendale costituente l’oggetto sociale della srl (ovviamente al netto dell’attività esercitata in quanto amministratore) e non già comparativamente con riferimento a tutti gli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali) dell’impresa;
15. in tale logica estensiva ed unificante diventa necessario considerare quindi la partecipazione al lavoro aziendale, ma, come già osservato da questa Corte (Cass. n. 5360 del 2012) deve, altresì, precisarsi che, stante l’ampiezza della dizione usata dal legislatore, per partecipazione personale al lavoro aziendale deve intendersi non soltanto l’espletamento di un’attività esecutiva o materiale, ma anche di un’attività organizzativa e direttiva, di natura intellettuale, posto che anche con tale attività il socio offre il proprio personale apporto all’attività di impresa, ingerendosi direttamente ed in modo rilevante nel ciclo produttivo della stessa;
16. tuttavia la partecipazione personale al lavoro aziendale in modo abituale e prevalente (anche attraverso un’attività di coordinamento e direttiva) è cosa diversa e non può essere scambiata con l’espletamento dell’attività di amministratore per la quale il socio è iscritto alla gestione separata; ed occorre distinguere perciò tra prestazione di lavoro ed attività di amministratore;
17. l’attività di amministratore si basa su una relazione di immedesimazione organica o al limite di mandato ex art. 2260 c.c. e comporta, a seconda della concreta delega, la partecipazione ad un’attività di gestione, l’espletamento di una attività di impulso e di rappresentanza che è rivolta ad eseguire il contratto di società assicurando il funzionamento dell’organismo sociale e sotto certi aspetti la sua stessa esistenza;
18. l’attività lavorativa è rivolta alla concreta realizzazione dello scopo sociale, al suo raggiungimento operativo, attraverso il concorso dell’opera prestata a favore della società dai soci, e dagli altri lavoratori subordinati o autonomi;
19. pertanto, in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza come in dispositivo.
20. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2500 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario del 15 per cento e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2021