LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29066-2020 proposto da:
M.A. e M.M., difesi dall’Avvocato ANTONELLA DEL PRETE e dall’Avvocato BRUNO COSSU per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
SOLUZIONI INFRASTRUTTURALI TELEFONICHE ED ELETTRICHE SITTEL S.P.A., rappresentata e difesa dall’Avvocato ANTONIO RAPPAZZO e dall’Avvocato GIUSEPPE RAPPAZZO per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso l’ORDINANZA N. 10655/2020 del TRIBUNALE DI PIACENZA, depositata il 13/10/2020;
udita la relazionì della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 30/9/2021 dal Consigliere DONGIACOMO GIUSEPPE.
FATTI DI CAUSA
Il tribunale, con l’ordinanza in epigrafe, ha integralmente accolto l’opposizione proposta dalla Soluzioni Infrastrutturali Telefoniche ed Elettriche – SITTEL s.p.a. ed ha, per l’effetto, revocato il decreto con il quale, il 28/10/2019, lo stesso tribunale aveva ingiunto alla società opponente il pagamento, in favore dell’avv. M.A. e dell’avv. M.M., del compenso maturato per l’attività professionale svolta dagli stessi in favore della Ma.Pi. s.p.a., ora ***** s.p.a., dichiarata fallita dal tribunale di Roma con sentenza del 2016.
Il tribunale, in particolare, decidendo in composizione collegiale ai sensi degli artt. 702 bis c.p.c. e ss. e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, dopo aver premesso che i creditori istanti avevano dedotto che la società ingiunta era solidalmente responsabile per i debiti maturati dalla Ma.Pi. s.p.a. in forza dell’atto con cui, in data 31/5/2016, quest’ultima società aveva deliberato la sua scissione parziale con beneficiaria una società di nuova costituzione, e cioè la Nuova Siette s.p.a., poi Soluzioni Infrastrutturali Telefoniche ed Elettriche-SITTEL s.p.a., e che gli stessi, quali parti sostanziali del giudizio, avevano l’onere di dimostrare in giudizio gli elementi costitutivi di tale responsabilità solidale, ha escluso che tale prova era stata fornita nel corso del processo.
Il tribunale, in effetti, evidenziato, per quanto ancora rileva, che: – i creditori istanti hanno invocato la responsabilità prevista dall’art. 2506-quater c.p.c., a norma del quale “ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico”; – il progetto di scissione prevede che il debito della società Ma.Pi. s.p.a. per le prestazioni professionali rese in suo favore dagli avv.ti M. è rimasto in capo alla predetta società; – il debito per cui è causa, “rimasto in carico alla società scissa Ma.Pi. s.p.a., non è stato da questa società soddisfatto…”; ha, tuttavia, ritenuto che ciò non fosse sufficiente per affermare l’esistenza di tale responsabilità solidale in capo alla società ingiunta.
La predetta norma, infatti, ha osservato il tribunale, prevede che la responsabilità solidale della società beneficiaria opera solo nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto assegnato alla stessa, laddove, al contrario, “non vi è alcuna allegazione e riscontro ad opera della difesa M. in ordine alla attribuzione alla società opponente di un patrimonio netto idoneo a soddisfare – anche solo in parte – le pretese creditorie dei ricorrenti/opposti”. E tale mancanza di allegazione e prova, ha aggiunto, “non può che essere apprezzata a danno della parte ricorrente/opposta posto che sulla stessa incombeva l’obbligo di fornire la prova delle esistenza di detto presupposto trattandosi di elemento essenziale della invocata responsabilità solidale”: era, infatti, “onere della difesa di parte ricorrente/opposta fornire in causa la prova della esistenza… della quota di patrimonio netto assegnato alla società convenuta/opponente… e ciò in quanto la responsabilità solidale invocata da parte ricorrente sussiste solo se e nei limiti in cui sussiste detta quota di patrimonio netto assegnato”.
M.A. e M.M., con ricorso notificato l’11/11/2020, hanno chiesto, per tre motivi, la cassazione dell’ordinanza, dichiaratamente non notificata.
La Soluzioni Infrastrutturali Telefoniche ed Elettriche-SITTEL s.p.a. ha resistito con controricorso notificato il 7/12/2020 con il quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per cassazione sul rilievo che l’ordinanza, erroneamente resa dal tribunale ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, doveva essere impugnata con l’appello e non il ricorso per cassazione.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso, intanto, è ammissibile. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in effetti, l’individuazione del mezzo d’impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va fatta in base alla qualificazione data dal giudice con il provvedimento impugnato all’azione proposta, a prescindere dalla sua esattezza; tale scelta è stata ritenuta l’unica conforme ai principi fondamentali della certezza dei rimedi impugnatori e dell’economia dell’attività processuale, evitando l’irragionevolezza di imporre di fatto all’interessato di tutelarsi proponendo impugnazioni a mero titolo cautelativo, nel dubbio circa l’esattezza della qualificazione operata dal giudice a quo (Cass. n. 10648 del 2020, in motiv.). Nel caso in esame, oltre alla forma adottata dal tribunale, emergono con chiarezza due decisivi elementi in forza dei quali deve ritenersi che il provvedimento impugnato avesse la natura di ordinanza resa ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, con il conseguente regime giuridico, vale a dire, per un verso, la sua pronuncia da parte del tribunale in composizione collegiale, come preteso, appunto, dall’art. 14 cit., e, per altro verso, l’inequivoco (ed incontestato) riferimento, ivi contenuto, alla sua pronuncia ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14. La sua impugnazione, quindi, doveva seguire il regime previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, e cioè essere proposta a mezzo del ricorso per cassazione e non con l’appello, espressamente escluso dal comma 4 della predetta norma. E se la controricorrente intendeva censurare la statuizione assunta sul punto dal tribunale, aveva, evidentemente, l’onere di farlo proponendo, sulla questione così decisa, ricorso incidentale condizionato.
2. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione dell’art. 2697 c.c. e del principio della vicinanza della prova, hanno censurato l’ordinanza impugnata nella parte in cui il tribunale ha respinto la domanda di pagamento sul rilievo che i creditori istanti non avessero provato l’assegnazione alla società beneficiaria di un patrimonio netto capiente senza, tuttavia, considerare che, trattandosi di una limitazione della responsabilità, l’onere di provare il valore effettivo del patrimonio netto assegnato grava, tanto a norma dell’art. 2697 c.c., comma 2, quanto in ragione della vicinanza della prova, sulla società beneficiaria.
2.1. Il motivo è fondato, con assorbimento degli altri.
Ritiene la Corte che, in effetti, in caso di scissione, la responsabilità per i debiti della società scissa (che la società “cui fanno carico”, che ne risponde per l’intero, non abbia provveduto a soddisfare), in forza dell’art. 2506-bis c.c., comma 2, e dell’art. 2506-quater c.c., comma 3, si estende, in via solidale (e, come visto, sussidiaria), a tutte le società partecipanti all’operazione, ciascuna delle quali, tuttavia, risponde, “nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto”.
2.2. La prova della sussistenza, in concreto, di tale limite (che, pertanto, costituisce un’eccezione rispetto alla domanda proposta nei suoi confronti: Cass. n. 15088 del 2001) e della sua esatta misura (vale a dire la quota di loro spettanza di “quanto al momento della scissione era effettivamente disponibile per il soddisfacimento dei creditori”; Cass. n. 4455 del 2016, in motiv.), quale fatto impeditivo, in tutto o in parte, di tale obbligazione (che, altrimenti, in quanto solidale, si estenderebbe all’intera prestazione non eseguita), grava, a norma dell’art. 2697 c.c., comma 2, su ciascuna delle società beneficiarie, anche in ragione della vicinanza delle stesse all’oggetto della relativa dimostrazione.
2.3. L’ordinanza impugnata, quindi, lì dove ha ritenuto che l’onere di “fornire in causa la prova della esistenza… della quota di patrimonio netto assegnato alla società convenuta/opponente” spetta non a quest’ultima, quale debitrice, ma ai creditori opposti, non si e’, evidentemente, attenuto ai principi esposti e dev’essere, come tale, cassata con rinvio, per un nuovo esame, al tribunale di Piacenza che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa, in relazione al motivo accolto, l’ordinanza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, al tribunale di Piacenza che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, il 30 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2021