LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20269-2020 proposto da:
C.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PRATI DEGLI STROZZI, 33, presso lo studio dell’avvocato LOREDANA MENICUCCI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
GENERALI ITALIA SPA, *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V. CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato SVEVA BERNARDINI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
D.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO EREDIA n. 12, presso lo studio dell’avvocato CARLO TESTA, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
M.D.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 22589/2019 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 22/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 21/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.
RILEVATO
che:
1. d.M.L. convenne in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Roma, C.E. e la Ina Assitalia S.p.A. in qualità di impresa designata per il Fondo Garanzie Vittime della Strada al fine di sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni subiti in occasione del sinistro del 1 marzo 2007.
A fondamento della propria pretesa espose che mentre si trovava alla guida della propria autovettura, giunta in prossimità di un incrocio per effettuare un parcheggio, venne colpita da un motoveicolo, condotto da M.D. e di proprietà di C.M., che sopraggiunse improvvisamente a forte velocità causando alla attrice ingenti danni, tanto patrimoniali quanto non patrimoniali.
Si costituirono in giudizio la Ina Assitalia ed C.E. contestando la domanda attorea sia nell’an che nel quantum.
La Ina Assicurazioni, per l’ipotesi di accoglimento della domanda attorea, esercitò azione di regresso nei confronti del responsabile civile. C.E., invece, chiese di essere autorizzato alla integrazione del contraddittorio nei confronti di M.D., effettivo detentore e conducente del motoveicolo al momento del sinistro, deducendo l’esclusiva responsabilità di quest’ultimo nella causazione dell’evento.
In particolare espose che il proprio motoveicolo era stato consegnato all’autofficina del M. per la sola messa a punto ai fini dell’utili7zo su pista e che, pertanto, il motoveicolo era stato utilizzato dal M. contro la sua volontà.
Integrato il contraddittorio, si costituì il M., resistendo alle domande attoree e negando la propria responsabilità nella causazione dell’evento. All’esito dell’istruttoria effettuata mediante interrogatorio formale, escussione dei testi e CTU medico-legale, il Giudice di Pace di Roma, accolse la domanda attorea, dichiarando che il sinistro si era verificato per esclusiva responsabilità del M.D., conducente del motoveicolo di proprietà di C.E. e risultato privo di copertura assicurativa. Condannò per l’effetto la Ina Assitalia, quale impresa designata D.Lgs. n. 209 del 2005, ex art. 286, al risarcimento dei danni subiti dalla d.M. oltre che al pagamento delle spese di lite.
Infine dichiarò improcedibile l’azione del convenuto C.E. nei confronti di M.D..
Avverso tale pronuncia ha proposto appello C.E. deducendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui aveva dichiarato il M. esclusivo responsabile nella causazione del sinistro nonché nella quantificazione del danno subito dalla D.M..
Ha contestato inoltre la dichiarazione di improcedibilità della domanda proposta nei confronti del M., sul presupposto che nessuna domanda era stata formulata, avendo il C. esclusivamente chiesto al giudice di accertare che la circolazione fosse avvenuta proibhente domino.
La Ina Assitalia si è costituita in giudizio spiegando appello incidentale avverso la parte della sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità esclusiva del M., oltre che avverso l’omessa pronuncia sull’azione di rivalsa ex art. 292 cod. ass..
d.M.L. si è costituita in giudizio contestando la fondatezza dei motivi di appello e chiedendone il rigetto.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 22589 del 22 novembre 2019, ha rigettato l’appello proposto dal C. ritenendo che dal materiale probatorio raccolto in primo grado risultasse pienamente dimostrata l’addebitabilità del sinistro al M. il quale aveva posto in essere una condotta di guida estremamente imprudente e pericolosa. Neppure, secondo il giudice di seconde cure, poteva accogliersi il motivo di appello relativo all’assenza di responsabilità del C. in ordine al sinistro non avendo quest’ultimo raggiunto la prova di aver adottato tutte le misure ragionevolmente esigibili dall’uomo medio atte ad impedire la circolazione del veicolo da parte di terzi. Ha invece accolto l’appello incidentale proposto dalla Ina Assitalia S.p.A. accertando il suo diritto di regresso nei confronti di C.E., per la somma versata dalla prima a d.M.L. a titolo di risarcimento del danno.
3. Avverso tale pronuncia C.E. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Generali Italia S.p.A. e d.M.L. resistono con controricorso.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., nonché “motivazione assente, apparente, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa od incomprensibile” ex art. 360 c.p.c., n. 5. Sostiene il ricorrente che il Tribunale avrebbe errato nell’inquadrare la fattispecie in esame nell’ambito della circolazione prohibente domino di cui all’art. 2054 c.c., comma 3.
Deduce in particolare di aver consegnato il proprio motoveicolo all’officina del M. al fine di consentire la messa a punto del veicolo per le corse su “pista” e che, pertanto, tra i due era sorto un contratto di prestazione d’opera professionale.
Il Tribunale, dunque, avrebbe dovuto ricondurre il caso in esame nell’alveo della generale responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c..
In subordine, anche a voler ritenere applicabile l’art. 2054 c.c., comma 3, il Tribunale non avrebbe potuto applicare i principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza in quanto tutti riferiti a casi, seppur analoghi, differenti da quello in esame.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile oltre che infondato.
Innanzitutto, esso è inammissibile poiché il ricorrente mira ad una rivalutazione dei fatti di causa non consentita in sede di legittimità. Il ricorrente, infatti, muove contestazioni che riguardano esclusivamente le caratteristiche del mezzo e le dinamiche della vicenda, già esaustivamente considerate dal giudice di secondo grado.
In subordine e per mera completezza si osserva che il motivo è comunque infondato: l’art. 2054, comma 3, infatti, è norma posta a presidio dei rischi derivanti dalla circolazione su strada di qualunque tipo di veicolo e, pertanto, è irrilevante che nel caso di specie il motociclo fosse destinato ad utilizzo su pista e che, in relazione a tale caratteristiche, fosse privo di chiavi di accensione (ma dotato di un interruttore il che ne rendeva ancor più facile l’utilizzo) nonché di copertura assicurativa. Ne segue l’infondatezza della doglianza nella parte in cui trae dalle caratteristiche del veicolo la conclusione della inapplicabilità dell’art. 2054 c.c..
Ciò posto, essendo applicabile la disposizione ne segue la correttezza dell’iter logico seguito dal giudice di merito, il quale, sulla base della consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che, in mancanza di prova di specifici comportamenti del proprietario ostativi alla circolazione del veicolo, egli rispondesse in solido con il conducente.
4.1 Con il secondo motivo di ricorso, articolato in più censure, il ricorrente lamenta “nullità della sentenza ex art. 360, n. 4, violazione ex art. 112 e 116 c.p.c., per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; motivazione assente, apparente, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa od incomprensibile ex art. 360 c.p.c., n. 5”. Il ricorrente denuncia che la sentenza impugnata non avrebbe considerato che, essendo il motociclo azionabile con un interruttore, e dunque anche senza chiavi, la consegna non poteva essere ritenuta in alcun modo rilevante come invece affermato in sentenza.
Sotto altro profilo contesta, invece, l’omesso ravvisamento di un concorso di colpa della D.M., anche alla luce del verbale della polizia stradale dalla quale risultava che ella aveva effettuato una manovra creando pericolo ed intralcio alla circolazione.
Il primo profilo di ricorso è inammissibile in quanto anch’esso riferito a circostanze di fatto analizzate al giudice di merito; esso è comunque infondato. Il fatto che il veicolo fosse privo di chiavi, perché azionabile mediante interruttore, non incide sulla fattispecie ed anzi, a ben vedere, rafforza i doveri esimenti del proprietario.
Il secondo profilo è del pari inammissibile in quanto riferito alla dinamica dell’evento e cioè, ad una questione di fatto analizzata dal giudice di merito che ha concluso per la responsabilità esclusiva del M..
Ad abundantiam, il motivo di ricorso è e altresì inammissibile perché basato sulle risultanze del verbale della polizia Municipale, di cui risultano trascritti alcuni stralci non risulta allegata la copia in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.
6. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Le spese seguono la soccombenza.
6.1. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente D.M.L. che liquida in complessivi Euro 3200 oltre 200 per esborsi, accessori di legge e spese generali. Dichiara compensate le spese tra il ricorrente e Generali Assicurazione in quanto quest’ultima nel controricorso ha aderito alla posizione del C..
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 21 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2021
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