Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.39029 del 09/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13619/2016 proposto da:

M.C., C.L., elettivamente domiciliati in Roma, Via Germanico 109, presso lo studio dell’avvocato Enrico Volpetti, rappresentati e difesi dall’avvocato Fabrizio Betti;

– ricorrenti –

contro

CA.EM., elettivamente domiciliato in Roma, Via Giovanni Andrea Badoero, 82, presso lo studio dell’avvocato Maria Paola Di Nicola, rappresentato e difeso dagli avvocati Luciano Spigliantini, Fabio Vezzosi;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2031/2015 della Corte d’appello di Firenze, depositata il 01/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/05/2021 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

– le sig.re M.C. e C.L. impugnano per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Firenze pronunciata in sede di rinvio disposto da questa Suprema Corte con l’ordinanza n. 1332/2014 che ha cassato la sentenza della corte d’appello toscana di rigetto della domanda proposta dal sig. Ca.Em. innanzi al Tribunale di Arezzo nel 2006;

– il giudizio era stato introdotto dal Ca. nei confronti di M.L. al fine di conseguire l’accertamento, ai sensi dell’art. 1079 c.c., della servitù di passo in suo favore sulla particella ***** foglio ***** del Comune di Bibbiena in forza di rogito notarile Mi. del 23 ottobre 1969;

– il convenuto si costituiva eccependo l’inesistenza della servitù di passo sull’indicata particella e, in subordine, la prescrizione per non uso ultraventennale ai sensi dell’art. 1073 c.c.;

– con la sentenza n. 290/2006 l’adito Tribunale di Arezzo respingeva la domanda dell’attore e la pronuncia è stata confermata dalla Corte d’appello di Firenze a seguito di gravame del Ca.;

– la corte d’appello aveva fra l’altro argomentato che l’azione petitoria proposta dal Ca. fosse stata erroneamente avanzata nei confronti del M. che non risultava erga omnes proprietario del fondo servente;

– la Corte di Cassazione in accoglimento del ricorso del medesimo Ca. ha cassato la sentenza d’appello ed ha affermato che “riguardo alla “confessoria servitutis”, la legittimazione dal lato passivo è in primo luogo di colui che, oltre a contestare l’esistenza della servitù, abbia un rapporto attuale con il fondo servente (proprietario, comproprietario, titolare di un diritto reale sul fondo o possessore “suo nomine”), potendo solo nei confronti di tali soggetti esser fatto valere il giudicato di accertamento, contenente, anche implicitamente, l’ordine di astenersi da qualsiasi turbativa nei confronti del titolare della servitù o di rimessione in pristino ex art. 2933 c.c.; gli autori materiali della lesione del diritto di servitù possono, invece, essere eventualmente chiamati in giudizio quali destinatari dell’azione ex art. 1079 c.c., soltanto se la loro condotta si sia posta a titolo di concorso con quella di uno dei predetti soggetti o abbia comunque implicato la contestazione della servitù, fermo restando che, nei loro confronti, possono essere esperite, ai sensi dell’art. 2043 c.c., l’azione di risarcimento del danno e, ai sensi dell’art. 2058 c.c., l’azione di riduzione in pristino con l’eliminazione delle turbative e molestie;

-sulla scorta di tale chiarimento ermeneutico, la Corte d’appello di Firenze, in sede di rinvio, ha preliminarmente preso atto che la riassunzione era avvenuta esclusivamente sulla domanda avente ad oggetto la c.d. actio con fessoria servitutis con decadenza del Ca. dalle domande di accertamento dell’intervenuta usucapione e di quella di costituzione della servitù a favore del fondo intercluso;

-la corte d’appello ha poi recepito il principio di diritto enunciato in conclusione della fase rescindente e ha, diversamente da quanto sostenuto nella sentenza cassata, riconosciuto che M.L. e le sue eredi M.C. e C.L. subentrate nel giudizio erano passivamente legittimate alla domanda svolta dall’attore anche se non proprietarie del fondo servente avendo comunque posto in essere la condotta materiale di turbativa del diritto di servitù invocato dal Ca.;

– la corte d’appello ha inoltre ritenuto che l’appellante abbia assolto all’onere probatorio su di lui gravante circa l’esistenza dell’invocato diritto di servitù, fondato sulla successione ereditaria nella proprietà di un appezzamento di terreno posto in *****, il cui contratto di acquisto disponeva a beneficio dei lotti oggetto di vendita la servitù di passo con ogni mezzo sulla strada privata insistente sulla particella ***** rata A foglio ***** ampia circa 4 m. e che si attesta alla via della Stazione;

– tale passaggio era stato esercitato per oltre vent’anni sia dal dante causa che dall’acquirente sino a che, nel maggio 2000, il M. aveva diffidato il Ca. dall’utilizzare il passaggio in questione ed erano stati eseguiti lavori sulla sbarra esistente all’ingresso della strada impedendo con la chiusura a chiave della stessa apposta all’inizio del passaggio senza consegna delle relative chiavi al Ca.;

– la corte aveva al contempo ritenuto infondate le contestazioni delle appellate M. e C. e precisato che sebbene il diritto di servitù gravava su porzione della particella ***** attualmente di proprietà di B.F.A., la qualità di proprietario del fondo è inconferente ove si faccia valere, come in tal caso, l’actio confessoria servitutis nei confronti di chi nega e si oppone all’esercizio della servitù;

– in conclusione la corte d’appello ha condannato le appellate alla cessazione degli impedimenti e delle turbative all’esercizio della reclamata servitù di passaggio;

– la cassazione della sentenza del giudice del rinvio è chiesta sulla base di quattro motivi, cui resiste con controricorso Ca.Em. il quale ha deposito memoria illustrativa con nota spese.

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione di legge per non avere il giudice del rinvio considerato che il Ca. non avrebbe potuto proseguire il giudizio d’appello ed iniziare quello di cassazione per impugnare la sentenza della corte d’appello, non essendo più proprietario del bene per cui è causa;

– la censura è inammissibile perché non spiega quale principio di diritto sarebbe stato violato dalla statuizione denunciate, tanto più a fronte dell’art. 111 c.p.c., che regola la successione a titolo particolare del processo e che la corte territoriale ha applicato (cfr. pag. 9) per disattendere la censura in esame già formulata in appello e ribadita in cassazione senza attingere la ratio decidendi sul punto (cfr. Cass. 26/1/2004, n. 1317; id. 8/11/2005, n. 21659; id. 19/10/2006, n. 22499; id. 16/1/2007, n. 828; id. 15/01/2015, n. 635);

– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per non avere la corte territoriale correttamente valutato l’eccezione di estinzione per prescrizione in ragione del mancato uso ventennale del diritto di passo;

– la censura è inammissibile perché attinge in sostanza la valutazione delle prove svolta dalla corte d’appello in sede di rinvio per ritenere infondata l’eccezione in esame (cfr. Cass. Sez. Un. 8053/2014) senza indicare il fatto storico omesso dalla corte d’appello ed idoneo a determinare un esito diverso del giudizio;

– con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’errata motivazione per avere la corte d’appello ritenuto priva di rilievo la circostanza che nessun immobile del M. poteva consentire al Ca. l’accesso alla via pubblica;

– la censura è inammissibile perché, come nel primo motivo sopra esaminato, non indica quale principio di diritto sarebbe stato erroneamente applicato dalla corte d’appello (cfr. Cass. 26/1/2004, n. 1317; id. 8/11/2005, n. 21659; id. 19/10/2006, n. 22499; id. 16/1/2007, n. 828; id. 15/01/2015, n. 635);

– con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’errata applicazione di norme di diritto nonché l’omesso esame di un fatto decisivo costituito dalla circostanza che la chiusura della strada dipendeva da un ordine dell’Anas mentre sul punto la sentenza non fornirebbe alcuna motivazione;

– la censura è inammissibile per difetto di specificità perché non indica, a fronte delle contestazioni della controparte, quando e dove sarebbe avvenuta la tempestiva produzione dell’ordine dell’Anas;

– inoltre, la corte ha valutato, anche alla stregua degli accertamenti del ctu la sussistenza della turbativa del passaggio arrecata alle appellanti e come in precedenza la censura finisce per incentrarsi, inammissibilmente in questa sede, sull’apprezzamento delle risultanze probatorie svolto dal giudice di merito (cfr. Cass. Sez. Un. 8053/2014);

– il ricorso è rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, le ricorrenti vanno condannate alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in Euro 2500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2021

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