Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.40751 del 20/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 2037/18 proposto da:

Nautica Mare s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato a Roma, via di Val Gardena n. 3, difeso dagli avvocati Lucio De Angelis, e Roberto Gambaretto, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.G.;

– controricorrente –

nonché

P.D.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova 29 maggio 2019 n. 676;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15 settembre 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito, per la parte ricorrente, l’Avvocato Claudio Mendicino, in sostituzione dell’Avv. Lucio De Angelis.

FATTI DI CAUSA

1. La società Nautica Mare s.n.c. (che in seguito muterà ragione sociale in Nautica Mare s.r.l., e come tale d’ora innanzi sarà indicata), essendo munita di titolo esecutivo, nel 2008 iniziò l’esecuzione forzata nei confronti del proprio debitore P.D., pignorando un natante modello *****, completo di due motori.

Al momento del pignoramento il natante era ricoverato, in secca, all’interno del cantiere navale gestito dalla società Marina 2000 s.r.l., soggetto terzo rispetto al creditore ed al debitore.

2. I.N.G. nel 2009 propose opposizione di terzo all’esecuzione ex art. 619 c.p.c. dinanzi al Tribunale di La Spezia, sezione distaccata di Sarzana, assumendo di essere la proprietaria del natante pignorato.

Dopo che il giudice dell’esecuzione ebbe disposta la sospensione di quest’ultima, l’opponente introdusse la fase di merito dinanzi al suddetto Tribunale.

Questa si concluse con la sentenza 13 aprile 2011 n. 103, con cui il Tribunale rigettò l’opposizione.

La sentenza venne appellata dalla soccombente.

2. Con sentenza 29 maggio 2017 n. 676 la Corte d’appello di Genova accolse il gravame e, con esso, l’opposizione, dichiarando nullo il pignoramento del natante.

Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello ritenne che:

-) le richieste istruttorie formulate dalla Nautica Mare in primo grado, non accolte dal Tribunale, non erano state reiterate in grado di appello e dovevano perciò ritenersi abbandonate;

-) al caso di specie non poteva applicarsi la presunzione di proprietà desumibile dall’art. 513 c.p.c., in quanto il natante non era stato pignorato nell’abitazione del debitore o in altri luoghi a lui appartenenti, ma in un cantiere di rimessaggio;

-) spettava di conseguenza al creditore procedente dimostrare che il bene pignorato fosse di proprietà del debitore, ma tale prova non era stata fornita in modo adeguato.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Nautica Mare con ricorso fondato su tre motivi.

Il ricorso, già fissato per la discussione nella Camera di consiglio del 4 febbraio 2021, è stato rinviato a nuovo ruolo con ordinanza interlocutoria 10 maggio 2021 n. 12234, affinché fosse integrato il contraddittorio nei confronti del debitore esecutato.

Eseguito tale incombente a cura della società Nautica Mare, la causa è stata fissata e discussa nell’odierna pubblica udienza.

Ambedue le controparti non si sono difese in questa sede.

Sia prima dell’adunanza del 4 febbraio 2021, sia prima dell’odierna udienza, la Nautica Mare ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I primi due motivi vanno esaminati congiuntamente, perché pongono questioni tra loro strettamente intrecciate.

1.1. Col primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 2697 c.c.; nonché degli artt. 513 e 119 c.p.c..

Nell’illustrazione del motivo si sostiene che erroneamente la Corte d’appello avrebbe dato per scontato che il pignoramento avvenne in un luogo diverso dall’abitazione o dall’ufficio del debitore e di conseguenza ritenuto inapplicabile la presunzione di cui all’art. 513 c.p.c..

Deduce la società ricorrente che, al contrario di quanto ritenuto dalla Corte d’appello, sarebbe stato onere del terzo opponente dimostrare che il luogo del pignoramento era privo di ogni rapporto di fatto con il debitore, onere nella specie non assolto.

1.2. Col secondo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sia l’omesso esame d’un fatto decisivo, sia la “mancanza assoluta di motivazione”.

Nell’illustrazione del motivo si afferma che dal verbale di pignoramento risultava “che il debitore era ben conosciuto e frequentasse con continuità il cantiere navale” ove era custodito il natante pignorato.

La Corte d’appello, tuttavia, aveva “omesso ogni esame ed ogni decisione in ordine all’appartenenza (al debitore pignorato) del luogo del pignoramento e al conseguente onere della prova”.

1.3. Dalla collazione delle censure contenute nei due motivi appena riassunti emerge che la società ricorrente imputa alla Corte d’appello di avere violato l’art. 513 c.p.c., comma 4, in tre modi: sia per non avere svolto alcuna indagine circa la natura del luogo ove avvenne il pignoramento e la spontaneità dell’esibizione del bene pignorato da parte del terzo possessore; sia per non avere svolto alcuna indagine sulla possibilità per il debitore di accedere liberamente a quel luogo; sia per avere sollevato il terzo opponente dall’onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa.

Tutte le suddette censure, complessivamente considerate, sono fondate.

1.4. La Corte d’appello di Genova era chiamata a stabilire come si dovesse ripartire l’onere della prova nella controversia sulla proprietà di un bene mobile insorta tra il creditore che l’ha pignorato e il terzo che ne rivendichi la proprietà.

Ha risolto tale questione di diritto sulla base del seguente distinguo:

a) se il bene pignorato si trova, al momento del pignoramento, nella casa o in altra proprietà del debitore, è il terzo che deve provare di esserne proprietario;

b) se il bene pignorato si trova, al momento del pignoramento, in luoghi diversi dalla casa o altre proprietà del debitore, deve essere invece il creditore pignorante a dovere provare che il debitore ne era proprietario (così la sentenza impugnata, p. 6, terzo capoverso).

Questa distinzione non è corretta in punto di diritto.

1.5. Stabilire come si ripartisca l’onere della prova, nei giudizi di opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., avverso l’atto di pignoramento di un bene mobile discende dal coordinamento di due plessi di norme:

a) le regole generali in tema di riparto dell’onere della prova;

b) le regole speciali in tema di pignoramento mobiliare presso il debitore. L’uno e l’altro di tali plessi di norme sono stati costantemente interpretati da questa Corte in modo al quale la Corte territoriale non si è attenuta.

1.6. Principio generale, già definito “indiscusso” da questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 8746 del 15/04/2011, in motivazione), è che l’opposizione ex art. 619 c.p.c., dà vita ad un ordinario giudizio di cognizione, autonomo rispetto all’esecuzione nella quale si inserisce, in cui il fatto costitutivo della pretesa è il diritto del terzo opponente di sottrarre il bene pignorato all’esecuzione (Sez. 3, Sentenza n. 15278 del 13/10/2003, Rv. 567430 – 01). L’opposizione ex art. 619 c.p.c. non è dunque una rivendicazione, ma un’azione di accertamento dell’illegittimità dell’esecuzione (Sez. 3, Sentenza n. 2639 del 25/05/1978, Rv. 392000 – 01).

Così qualificata l’azione prevista dall’art. 619 c.p.c., ne discende che essa resta soggetta al generale principio per cui l’onere della prova incombe a chi da una propria affermazione pretende di far derivare conseguenze giuridiche a sé favorevoli.

Incomberà, dunque, sull’opponente l’onere di provare il fatto giuridico dal quale egli fa discendere il suo preteso diritto sui beni mobili sottoposti ad esecuzione (Sez. 3, Sentenza n. 1506 del 17/05/1972, Rv. 358182 – 01).

1.7. A questi principi generali non derogano affatto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte ligure, le regole dettate dal codice di rito in tema di espropriazione mobiliare presso il debitore, le quali incidono solo sul contenuto dell’onere della prova, ma non sulle regole di riparto di esso.

In tema di espropriazione mobiliare presso il debitore, infatti, la legge stabilisce quali beni possano essere pignorati stabilendo tre regole:

a) la prima regola è che i beni rinvenuti nella casa del debitore possono essere pignorati sempre, a prescindere da qualsiasi accertamento od autorizzazione (art. 513 c.p.c., comma 1);

b) la seconda regola è che i beni che non si trovano nella casa del debitore, ma che il terzo possessore consente di esibire all’ufficiale giudiziario, possono essere anch’essi pignorati sempre, a prescindere da accertamenti od autorizzazioni (art. 513 c.p.c., comma 4);

c) la terza regola è che i beni mobili che non si trovino nella casa del debitore, che il terzo possessore non consente spontaneamente di esibire, possono essere pignorati solo previa autorizzazione dal giudice di pace (art. 513 c.p.c., comma 3).

1.8. Questa disciplina incide sul riparto dell’onere della prova nel giudizio di opposizione di terzo come segue:

a) nell’ipotesi (a) (beni rinvenuti nella casa del debitore) il terzo opponente ha l’onere di provare sia la titolarità del diritto vantato, sia l’affidamento dei beni al debitore in epoca anteriore al pignoramento (Sez. 3, Sentenza n. 4222 del 24/04/1998, Rv. 514871 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 7564 del 29/08/1994, Rv. 487782 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 6097 del 22/11/1979, Rv. 402811 01; Sez. 3, Sentenza n. 1650 del 22/03/1979, Rv. 398001 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 2486 del 13/09/1974, Rv. 370915 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 2048 del 25/07/1966, Rv. 323991 – 01);

b) negli altri due casi (beni non rinvenuti nella casa del debitore) il terzo opponente è esonerato dalla sola prova dell’affidamento, ma non è affatto esonerato dalla prova di essere proprietario dei beni pignorati (così già, con lucida chiarezza, Sez. 3, Sentenza n. 3628 del 04/06/1980, Rv. 407482 – 01). Quando, infatti, i beni pignorati sono rinvenuti nella casa del debitore, la legge fa discendere da questo collegamento spaziale una presunzione di appartenenza all’esecutato, ed è dunque ovvio che il terzo opponente, per vincere tale presunzione, debba provare sia la proprietà, sia l’affidamento.

Nelle ipotesi previste dall’art. 513 c.p.c., commi 3 e 4, invece, il collegamento spaziale tra la residenza del debitore e il luogo del pignoramento manca, sicché è conseguenza logica, prima che giuridica, l’impossibilità di esigere dall’opponente la prova dell’affidamento dei propri beni al debitore (Sez. 3, Sentenza n. 8746 del 15/04/2011, Rv. 618000 – 01). Anche nei suddetti casi, però, non è impossibile esigere dall’opponente la prova della titolarità del diritto, sicché sotto questo aspetto non vi è alcuna differenza tra le tre ipotesi previste dall’art. 513 c.p.c.: che i beni pignorati si trovino a casa del debitore, in luoghi accessibili al debitore o nel possesso di terzi che consentano di esibirli, in tutti e tre i casi il terzo opponente che ne rivendichi la proprietà ha l’onere di provare il proprio diritto.

1.9. Completezza di argomentazione impone di segnalare che rispetto ai principi pacifici, risalenti e condivisi appena riassunti non può ritenersi costituire un precedente contrario la sentenza pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 4616 del 20/05/1987, Rv. 453281 – 01, sebbene la massima ufficiale di tale decisione possa generare il dubbio del contrario (vi si legge, (t infatti: “quando in Sede di opposizione di terzo all’esecuzione risulti che il luogo in cui (i beni mobili) sono stati staggiti non è la casa del debitore, spetta al creditore che intende insistere nell’esecuzione provarne specificamente l’appartenenza al debitore”).

Dall’esame della motivazione, infatti, si rileva che quell’affermazione fu un mero obiter, in quanto nel caso di specie venne confermata la decisione di merito che aveva accolto l’opposizione del terzo sul presupposto che questi avesse concretamente ed effettivamente dimostrato che il debitore esecutato non aveva alcun rapporto con l’immobile ove era avvenuto il pignoramento, e che i beni pignorati erano di proprietà del figlio del debitore.

2. In applicazione di questi principi al caso di specie, deve concludersi che effettivamente la sentenza impugnata è incorsa tanto nel vizio di falsa applicazione della legge, quanto nel vizio di omesso esame d’un fatto decisivo.

E’ incorsa nel primo, in quanto la circostanza che il natante pignorato non si trovasse nell’abitazione del debitore non esonerava, di per sé, il terzo opponente dall’onere di provare la titolarità del diritto reale su di esso.

E’ incorsa nel secondo, in quanto per stabilire l’estensione dell’onere probatorio gravante sul terzo opponente (se, cioè, questi avesse l’onere di provare solo la proprietà, oppure anche l’affidamento) avrebbe previamente dovuto accertare se il luogo in cui il natante era ricoverato consentisse o non consentisse al debitore di “disporne direttamente”, e se il terzo possessore avesse o non avesse spontaneamente consentito l’esibizione del bene all’ufficiale giudiziario.

2.1. I due motivi vanno quindi accolti e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’appello di Genova, la quale tornerà ad esaminare l’appello proposto da I.N.G. applicando il seguente principio di diritto: “nell’opposizione di terzo di cui all’art. 619 c.p.c., l’opponente ha l’onere di provare la titolarità del diritto vantato sui beni pignorati sia quando il pignoramento è avvenuto nella casa del debitore, sia quando è avvenuto altrove”.

3. Col terzo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sia il vizio di violazione di legge, sia quello di omesso esame d’un fatto decisivo.

Al di là di tali intitolazioni formali, nella illustrazione del motivo si sostiene che la Corte d’appello avrebbe “valutato le prove offerte dalla Nautica Mare secondo criteri che presentano vizi logici e giuridici”.

Deduce che la Corte d’appello avrebbe malamente valutato gli elementi risultanti dal “manuale del proprietario” relativo al natante; che avrebbe al riguardo compiuto “valutazioni che non trovano riscontro negli atti di causa”; che i documenti prodotti dalla controparte erano insufficienti a dimostrare la proprietà del natante e dei suoi motori in capo all’opponente.

3.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento dei primi due.

4. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

la Corte di Cassazione:

(-) accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso; dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 15 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2021

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