LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 4368/2015 proposto da:
Margaritelli Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza dell’Orologio, n. 7, presso lo studio dell’avvocato Stefania Pazzaglia, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonio Bagianti, per procura speciale estesa in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Merker s.p.a. in amministrazione straordinaria, in persona del commissario straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Paolo Emilio, n. 34, presso lo studio dell’avvocato Quirino D’Angelo, rappresentata e difesa dall’avvocato Massimo Basilavecchia, per procura speciale estesa in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 61/2015 della Corte di appello dell’Aquila, pubblicata il 19 gennaio 2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 settembre 2021 dal consigliere Dott. Marco Vannucci.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza emessa il 27 ottobre 2009 il Tribunale di Pescara, in parziale accoglimento delle domande proposte dalla Merker s.p.a. in amministrazione straordinaria (di seguito indicata come “Merker in a.s.”) nei confronti della Margaritelli s.p.a.: in applicazione della L.Fall., art. 67, dichiarò inefficaci nei confronti della procedura concorsuale, dieci pagamenti, pari a complessivi Euro 347.231,55, eseguiti, nel periodo compreso fra il 24 ottobre 2002 e il 31 gennaio 2003, da Merker, al tempo in bonis, alla Margaritelli in esecuzione di contratto fra tali società stipulato il 24 settembre 2001; condannò quindi la Margaritelli a corrispondere tale somma di danaro alla procedura, aumentata di interessi in misura legale decorrenti dal 15 settembre 2006; rigettò la domanda di inefficacia del pagamento, pari a Euro 89.748,93, dalla Merker eseguito alla Margaritelli il 28 maggio 2002; infine, sul presupposto dell’inefficacia di tale contratto conseguente alla dichiarazione di volontà del commissario straordinario di Merker in a.s. di sciogliersi dal rapporto, condannò inoltre la Margaritelli a restituire alla procedura Euro 1.550.000 (aumentati di interessi in misura legale decorrenti dal 15 settembre 2006) dalla società in bonis a suo tempo versati alla Margaritelli a titolo di cauzione prevista dal contratto medesimo.
2. Adita dalla parte soccombente, la Corte di appello dell’Aquila, con sentenza pubblicata il 19 gennaio 2015, in parziale riforma della sentenza di primo grado: dichiarò inefficace nei confronti della procedura concorsuale sopra indicata anche il pagamento di Euro 89.748,93 eseguito dalla Merker in favore della Margaritelli il 28 maggio 2002; condannò quindi la destinataria di tale pagamento a restituire alla procedura tale somma di danaro, aumentata di interessi legali decorrenti dal 15 settembre 2006; confermò le altre statuizioni recate dalla sentenza di primo grado.
2.1 La motivazione di tale sentenza, nella parte relativa alla conferma della pronuncia di condanna alla restituzione della cauzione sopra indicata, è nel senso che: il “contratto di somministrazione” del 24 settembre 2001 prevedeva che la cauzione, versata a garanzia dell’adempimento della Merker alle obbligazioni derivanti dal contratto, avrebbe dovuto essere restituita dopo che la Merker avesse effettuato acquisti di pianali prodotti dalla Margaritelli per volumi superiori a ventimila metri cubi; tale contratto era ancora in corso al momento della dichiarazione dello stato di insolvenza della società Merker; dopo tale data i rapporti si fondarono “su singole ed autonome pattuizioni tra le parti”; il D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 50, comma 2, per come autenticamente interpretato dal D.L. n. 134 del 2008, art. 1 bis convertito in L. n. 166 del 2008, prevede che l’esecuzione del contratto a esecuzione continuata o periodica, in corso alla data di apertura della amministrazione straordinaria, non fa venir meno la facoltà del commissario straordinario di sciogliersi dal contratto medesimo; tale facoltà venne esercitata il 14 dicembre 2004; i crediti sorti verso la controparte del contratto di durata in corso al momento della apertura della procedura sono da collocare, in prededuzione, al passivo della procedura solo in caso di espresso subentro del commissario straordinario nel contratto (D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 51 e L.Fall., art. 74); ciò però non era avvenuto; il recesso dal contratto da parte del commissario straordinario (che rifiuta di assumere il rapporto dal primo derivato) determina l’inefficacia, con effetto retroattivo, del contratto medesimo e rende quindi indebito il pagamento della cauzione; non trova poi applicazione nel caso di specie la disciplina del pegno irregolare quanto al danaro versato a titolo di cauzione perché per effetto della dichiarazione del commissario straordinario del 14 dicembre 2004 “il rapporto contrattuale è venuto meno ex tunc” e non era stato espressamente conferito alla Margaritelli “il diritto espresso di disposizione” del danaro a lei versato a titolo di cauzione.
2.2 La motivazione della sentenza relativa alla applicazione della L.Fall., art. 67 ai pagamenti eseguiti dal 28 maggio 2002 al 31 gennaio 2003 può essere così sintetizzata: la conoscenza da parte della Margaritelli dello stato di insolvenza della Merker sin dal mese di maggio del 2002 si desume da plurimi e concordanti indizi unitariamente considerati, quali: le lettere dalla Margaritelli indirizzate alla Merker a partire dal 12 marzo 2002 (il cui contenuto è specificamente descritto nelle pagg. 18, 19 e 20 della sentenza) e “la sospensione della proprie obbligazioni da parte della Margaritelli già prima del 28-5-2002”; il contenuto del bilancio della Merker relativo all’esercizio 2001 approvato e pubblicato nel registro delle imprese “nell’aprile 2002” (pag. 19 della sentenza); il contenuto degli articoli della stampa quotidiana, a diffusione nazionale e locale, apparsi fra l’8 marzo e il 31 luglio 2002 (v. pagg. 17 e 18 della sentenza); i numerosi decreti ingiuntivi emessi nei confronti della Merker dal 15 maggio al 30 dicembre 2002 (v. pagg. 17 e 20 della sentenza); i dati desumibili dalla “Centrale Rischi della Banca d’Italia” relativi al mese di giugno 2002 (pag. 17 della sentenza); i numerosi pignoramenti, mobiliari e presso terzi, e il ricorso per sequestro conservativo depositato il 22 luglio 2002 e “ritualmente trascritto” (pag. 18 e 20 della sentenza) 3. Per la cassazione di tale sentenza la Margaritelli Italia s.p.a. propose ricorso contenente sei motivi di impugnazione.
4. La Merker in a.s. resiste con controricorso.
5. Ciascuna parte ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La Merker in a.s. eccepisce l’inammissibilità del ricorso affermando che lo stesso è proposto da società diversa da quellà parte del giudizio definito dalla sopra indicata sentenza di appello, in quanto: l’appello contro la sentenza emessa dal Tribunale di Pescara il 27 ottobre 2009 venne proposto dalla Margaritelli s.p.a. “alla quale sono stati conferiti tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo alla Spa Margaritelli Italia” (secondo quanto si legge nella citazione contenente detto appello); la ricorrente per la cassazione della sentenza di appello (Margaritelli Italia s.p.a.) risulta dunque aver trasferito alla Margaritelli s.p.a. anche il rapporto controverso; il ricorso non indica alcun fatto, successivo alla citazione per il giudizio di appello, che possa giustificare la proposizione del giudizio di legittimità da persona giuridica diversa da quella che era stata parte del giudizio di secondo grado.
1.1 L’eccezione è infondata, in quanto: la ricorrente afferma che la Margaritelli Italia s.pa. era stata destinataria della citazione introduttiva del giudizio di primo grado; effettivamente, la citazione per il giudizio di appello (in questa sede consultata in ragione della specificità della censura) riferisce tale atto alla Margaritelli s.p.a. “alla quale sono stati conferiti tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo alla Spa Margaritelli Italia”; lo stesso atto reca però anche l’indicazione del numero di codice fiscale attribuito a tale società appellante (*****); lo stesso numero di codice fiscale è nel ricorso per cassazione indicato siccome attribuito alla Margaritelli Italia s.p.a.; la società ricorrente per la cassazione della sopra citata sentenza di appello è dunque quella che tale impugnazione introdusse.
2. Con il primo motivo la sentenza di appello viene dalla ricorrente censurata in ragione della, dedotta, falsa applicazione dell’art. 1325 c.c., n. 2), artt. 1362,1363,1366,1369 e 1371 c.c., per avere la Corte di appello ignorato che il contratto del 24 settembre 2001 (le cui clausole, dalla ricorrente ritenute rilevanti, sono riprodotte nelle pagg. 3-6 del ricorso) conteneva in effetti due contratti fra loro strettamente collegati: un appalto (avente per oggetto la realizzazione da parte della Margaritelli di un impianto industriale per la produzione da parte della Merker di pianali per la costruzione del piano di calpestio di rimorchi e semirimorchi destinati alla Merker); un contratto di somministrazione di tali pianali dalla Margaritelli alla Merker.
Secondo la ricorrente, solo la corretta esecuzione dell’appalto “avrebbe reso possibili le somministrazioni in esclusiva a favore del committente/somministrato”, con, la conseguenza che la cauzione indicata nell’art. 5 del contratto “altro non era che una contribuzione economica del committente per la realizzazione dell’opera della quale avrebbe poi usufruito” e l’impianto realizzato dall’appaltatore in funzione della somministrazione in esclusiva “sarebbe poi rimasto, alla fine della durata di nove anni (art. 13), di proprietà dell’appaltatore”, sì che “per il recupero del versamento ab initio effettuato dal committente per il realizzo dell’opera era previsto un graduale recupero attraverso uno “sconto” sul prezzo delle future somministrazioni in esclusiva”.
Dal momento che il rapporto di appalto fu portato a compimento da parte di essa ricorrente, il commissario straordinario di Merkel si sciolse dal contratto di somministrazione, non anche da quello, collegato, di appalto, “il quale aveva già esplicato i suoi effetti ed in forza del quale era stata già ottenuta definitivamente la costruzione di uno stabilimento”; con la conseguenza che il pagamento della “cauzione impropria” da parte di Merker non era divenuto indebito per effetto della cessazione degli effetti del contratto di somministrazione derivato dalla scelta del commissario straordinario di sciogliersi dallo stesso, dovendo invece il danaro versato a titolo di “cauzione impropria” considerarsi definitivamente acquisito al patrimonio di essa ricorrente.
2.1 La censura è inammissibile in quanto la questione dell’interpretazione del contratto nel senso in questa sede esposto dalla ricorrente (esistenza di due contratti collegati, rispettivamente di appalto e di somministrazione; cauzione finalizzata “a garantire e difendere il prezzo dell’appalto dell’opus già realizzato, ma ancora dovuto da Merker in favore di Margaritelli”, come si legge a pag. 9 della memoria depositata dalla ricorrente; verificazione degli effetti del contratto di appalto prima dell’inizio della procedura concorsuale) è sollevata per la prima volta in questa sede di legittimità.
Invero: nell’illustrazione sintetica dei motivi di appello dell’odierna ricorrente contenuta nelle pagg. 4 e 5 della sentenza impugnata, tale questione non risulta essere stata dedotta; la ricorrente afferma solo di avere “spiegato nella conclusionale e replica di secondo grado” la questione medesima (pag. 17 del ricorso), ma non offre alcuna specifica indicazione, mediante trascrizione, quanto al contenuto specifico di tali atti (non allegati al ricorso), con conseguente non autosufficienza sul punto della censura.
3. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione falsa applicazione degli artt. 1353 e 1360 c.c., non avendo la Corte di appello rilevato che l’obbligazione di essa ricorrente alla restituzione di Euro 1.550.000 era “originariamente sorta come sottoposta alla condizione dell’avvenuta effettuazione di acquisti (forniture) per volumi superiori a 20.000 mc (art. 5 del contratto sopra riportato)”, mentre è pacifico che Merker “commissionò forniture addirittura per meno di 2.000 mc.”: l’obbligo di restituzione è dunque “caducato per mancato avveramento della condizione sospensiva”.
3.1 Tale censura è infondata, in quanto: presuppone che la disciplina della restituzione del danaro a suo tempo dato dalla Merker alla Margaritelli a titolo di cauzione prevista dall’art. 5 del contratto sia regolata dal contenuto specifico di tale clausola; non considera quindi in alcun modo gli effetti sul contratto stesso dell’avvenuto esercizio da parte del commissario straordinario della Margaritelli della facoltà di sciogliersi dal rapporto contrattuale medesimo, la cui esecuzione era, pacificamente, ancora in corso alla data di apertura dell’amministrazione straordinaria, in applicazione del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 50.
Come evidenziato dalla sentenza impugnata, invero, la giurisprudenza di legittimità è ferma nell’affermare il principio secondo cui la scelta del curatore fallimentare di sciogliersi, in applicazione della L.Fall., art. 72, dal contratto preliminare di vendita ancora in corso di esecuzione al momento della dichiarazione di fallimento di una delle parti non è assimilabile all’esercizio della facoltà di recesso e fa venire meno il vincolo contrattuale con effetto ex tunc, nel senso che deve essere ripristinata la situazione anteriore alla stipula del contratto, così che le restituzioni e i rimborsi opereranno secondo la disciplina dettata dalle norme dell’indebito, in quanto l’efficacia retroattiva della scelta priva di titolo sin dall’origine le prestazioni eseguite (in questo senso, cfr., fra le altre: Cass., n.. 14358 del 2000; Cass., n. 5494 del 2001; Cass., n. 6018 del 2003; Cass., n. 17405 del 2009; Cass., n. 15561 del 2015).
Tale interpretazione della L.Fall., art. 72 deve riferirsi anche alla disciplina recata dal D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 50 (recante disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza) atteso che quest’ultima e’, in buona sostanza, modellata sui precetti contenuti nel citato articolo della legge fallimentare e non contiene disposizioni il cui contenuto contrasta con tale interpretazione.
Alla luce di tale interpretazione la clausola contrattuale invocata dalla ricorrente divenne quindi inefficace, con effetto ex tunc, in conseguenza della, incontroversa, dichiarazione del commissario straordinario della Merker di volersi sciogliere dal contratto che tale clausola conteneva: la sentenza impugnata è dunque sul punto conforme a diritto.
4. Con il terzo motivo viene dedotto l’omesso esame, da parte della sentenza impugnata, di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, costituiti: dall’avvenuta edificazione dell’opificio da parte di essa ricorrente; dall’assenza nel contratto dell’indicazione di uno specifico prezzo dell’appalto; dalla assimilazione a tale prezzo “degli utili delle forniture programmate fino a 20.000 mc o, in sostituzione, il previsto versamento in garanzia”; dal mancato raggiungimento della quota prevista di forniture per 20.000 mc. La conseguenza e’, secondo la ricorrente, che l’obbligo di restituzione “e’ comunque caducato per mancato avveramento della condizione sospensiva”.
4.1 II motivo, per come dedotto, è inammissibile in quanto: assimila in buona sostanza fatti a qualificazioni giuridiche degli stessi (prezzo dell’appalto; assimilazione degli utili al prezzo dell’appalto; cauzione quale parte del prezzo dell’appalto); non contiene specifica indicazione (mediante trascrizione) degli atti del processo di merito nei quali tali fatti o qualificazioni sono stati oggetto di discussione tra le parti (nel senso che nel ricorso per cassazione, “nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività””, cfr., per tutte, Cass. S.U., n. 8053 del 2014).
5. Con il quarto motivo la ricorrente deduce che la sentenza impugnata è caratterizzata da falsa applicazione degli artt. 1997,2786,2787,2697 e 2798 c.c., in quanto la somma di Euro 1.550.000 venne dalla Merker consegnata a essa ricorrente a titolo di pegno irregolare a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto in discorso; con la conseguenza che l’impossibilità giuridica dell’adempimento delle obbligazioni da parte di tale società si ebbe con la manifestazione di volontà del commissario straordinario di tale società di sciogliersi dal contratto e tale evento determinò il diritto di essa ricorrente a soddisfarsi direttamente su tale somma di danaro al di fuori del concorso con gli altri creditori della società in amministrazione straordinaria.
5.1 Tale censura e’, in parte inammissibile e, per il resto, infondata.
Invero, la ricorrente non censura in alcun modo l’affermazione, contenuta nella sentenza, di per sé sufficiente al rigetto del motivo di appello relativo alla cauzione, secondo cui la clausola del contratto relativa alla cauzione divenne inefficace, con effetto ex tunc, in conseguenza della manifestata volontà del commissario straordinario di Merker di sciogliersi da tale contratto; con conseguente inammissibilità del motivo per mancanza di interesse allo stesso.
Inoltre, la sentenza impugnata afferma che la clausola medesima non attribuiva espressamente a Margaritelli il diritto di disporre immediatamente della somma di danaro a lei versata da Merker a titolo di cauzione (id est, di acquisirne la proprietà) e di restituirne l’equivalente, ovvero l’eccedenza del valore del danaro acquisito in proprietà rispetto al valore della prestazione garantita rimasta inadempiuta, se e quando fosse intervenuto l’adempimento da parte di tale ultima società dell’obbligazione garantita (acquisto dei pianali secondo le modalità previste nel contratto).
Sotto quest’ultimo profilo, invero, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che ai fini della configurabilità del pegno irregolare (art. 1851 c.c.) nel caso di somma di danaro data da una parte all’altra del contratto quale garanzia dell’adempimento di obbligazione assunta dalla prima il dato rilevante è costituito dalla volontà espressa dalle parti medesime di conferire al creditore la facoltà di disporre di tale danaro per soddisfare i propri crediti; in tal guisa acquisendone immediatamente la proprietà con obbligo di restituzione dell’equivalente per l’intero al momento dell’adempimento ovvero in caso di parziale inadempimento nella sola misura eccedente l’ammontare del credito garantito (in questo senso, cfr.: Cass., n. 24865 del 2014; Cass., n. 3794 del 2008; Cass., n. 5290 del 2006; Cass., n. 12964 del 2005; Cass., n. 5845 del 2000); con la conseguenza che nel caso di fallimento della parte inadempiente il creditore destinatario di tale somma di danaro non è tenuto ad insinuarsi al passivo fallimentare ai sensi della L.Fall., art. 53 per il soddisfacimento del proprio credito (in questo senso, cfr., fra le altre, sulla scia di Cass. S.U., n. 202 del 2001: Cass., n. 2818 del 2018; Cass., n. 12964 del 2005) e l’incameramento in via definitiva di tale danaro al momento della sua dazione resta sottratto alla revocatoria fallimentare, operando la compensazione come modalità tipica di esercizio della prelazione (in tal senso, cfr.: Cass. n. 18597 del 2011; Cass., n. 3794 del 2008; Cass., n. 14067 del 2008; Cass., n. 9306 del 2006).
In mancanza, dunque, di tale espressa manifestazione di volontà nel senso teste’ indicato, la cauzione data in esecuzione dell’art. 5 del contratto in esame (il cui contenuto è nel ricorso riprodotto) non è qualificabile come pegno irregolare; come esattamente affermato dalla sentenza impugnata.
6. Con il quinto e il sesto – motivo, relativi alla revocatoria fallimentare, la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e L.Fall., art. 67, comma 2, nonché violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. (quinto motivo), nonché “assoluta contraddittorietà del ragionamento decisorio della Corte di appello” quanto alla valutazione dei fatti (sesto motivo), non avendo (per le ragioni illustrate nelle pagg. 32 e 33 del ricorso) i fatti stessi, di natura presuntiva, fondanti la decisione i caratteri della gravità, della precisione e della concordanza in funzione della prova della conoscenza dello stato di insolvenza della Merker da parte di essa ricorrente nei giorni in cui ricevette i pagamenti controversi.
6.1 I due motivi, da esaminare congiuntamente in ragione della loro stretta connessione, sono, per un verso, infondati e, per altro verso, inammissibili.
Invero, in tema di revocatoria fallimentare, nel caso in cui la prova della conoscenza effettiva dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente sia dal giudice di merito ricavata da presunzioni, la giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che il giudice è tenuto a seguire un procedimento articolato in due fasi logiche: dapprima, una valutazione analitica degli elementi indiziari, per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; dappoi, una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati, per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva (che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi). La conseguenza è che è censurabile in sede di legittimità la decisione con la quale il giudice si sia invece limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio, atomisticamente considerati, senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, fossero però in grado di acquisirla ove valutati secondo un giudizio complessivo di sintesi e vicendevole completamento (in questo senso, cfr., fra le molte: Cass., n. 29257 del 2019; Cass., n. 9059 del 2018; Cass., n. 8822 del 2018; Cass., n. 5374 del 2017; Cass., n. 19894 del 2005).
Di conseguenza, quando sia in contestazione il rigore del ragionamento presuntivo che il giudice deve operare ai sensi dell’art. 2729 c.c., occorre verificare che l’apprezzamento dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (richiesti dalla legge) sia stato ricavato dal complesso degli indizi, sia pure previamente individuati per la loro idoneità a produrre le inferenze che ne discendano secondo il criterio dell’id quod prelumque accidit (cfr. Cass., n. 12002 del 2017) e che non sia stato omesso l’esame di un fatto secondario, dedotto come giustificativo dell’inferenza di un fatto ignoto principale, purché decisivo (cfr., Cass., n. 17720 del 2018).
Tenuti presenti tali ordini di concetti, è incensurabile in questa sede la motivazione, ampia e specifica, caratterizzante la sentenza impugnata quanto all’affermata conoscenza da parte della Margaritelli dello stato di insolvenza della Merker sin dai primi giorni del mese di maggio 2002 (il primo pagamento, giudizialmente revocato, fu, pacificamente, dalla Merker eseguito in favore della Margaritelli il 28 maggio 2002), dal giudice di appello desunta dai molteplici elementi indiziari nella sentenza partitamente indicati (pagg. 17-20); anche perché la ricorrente si limita a censurare sul punto la sentenza considerando atomisticamente ciascun indizio giudizialmente valorizzato e finendo, così, per sollecitare un riesame del merito in questa sede non consentito.
Sotto altro, concorrente, profilo, è appena il caso di rammentare che il vizio di motivazione della sentenza di merito in questa sede denunciabile è solo quello della motivazione inesistente ovvero meramente apparente, nel caso di specie non riscontrabile (art. 360 c.p.c., n. 4), applicabile al ricorso in esame D.Lgs. n. 40 del 2006, ex art. 27, comma 2, il cui art. 2 ha sostituito il testo del citato articolo codice di rito).
7. In conclusione: il ricorso deve essere rigettato; la società ricorrente deve, di conseguenza, essere condannata a rimborsare alla parte vittoriosa le spese da questa anticipate nel giudizio di legittimità nella misura liquidata in dispositivo.
Stante il tenore della presente pronuncia, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto; spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (in questo senso, cfr., per tutte: Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
PQM
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese processuali anticipate nel giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200 per esborsi e in Euro 7.000 per compenso di avvocato, oltre spese forfetarie pari al 15% di tale compenso, I.V.A. e c.p.A. come per legge.
Dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per il versamento da parte del ricorrente, se dovuto, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 16 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2021
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