Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.40968 del 21/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21561-2017 proposto da:

C.L., rappresentato e difeso dall’avv. ELIO BOTTO, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

UNIONE DEI COMUNI TERRE DELLA PIANURA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. ANDREA CARPINELLI, e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 155/2017 del TRIBUNALE di CUNEO, depositata il 10/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/09/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con ricorso al Giudice di Pace di Savigliano, C.L. invocava l’annullamento del verbale con il quale gli era stata contestata la violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 146, comma 3, per aver superato una intersezione regolata da semaforo recante luce rossa. Il ricorrente si doleva, in particolare, del fatto che il semaforo avesse indicato la luce gialla nel momento in cui egli stava per impegnare l’incrocio, e subito dopo avesse indicato la luce rossa, con un intervallo temporale insufficiente a consentire la liberazione dell’intersezione al veicolo che l’aveva già impegnata, e comunque inferiore al limite di 4 secondi.

Nella resistenza dell’Unione dei Comuni “Terre della Pianura”, costituita tra i Comuni di Marene Monasterolo di Savigliano e Savigliano, il Giudice di Pace di Saluzzo, al quale nelle more del giudizio era stato accorpato il Giudice di Pace di Savigliano, con sentenza n. 103/2014 accoglieva il ricorso, annullando il verbale impugnato.

Interponeva appello avverso detta decisione l’ente locale e si costituiva in seconde cure l’originario ricorrente, resistendo al gravame.

Con la sentenza impugnata, n. 155/2017, il Tribunale di Cuneo accoglieva il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione C.L., affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso l’Unione dei Comuni Terre della Pianura.

La parte controricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Prima di esaminare i motivi di ricorso, va dato atto che l’avviso di fissazione dell’udienza, a seguito della cancellazione dal ruolo del procuratore di parte ricorrente, è stato notificato a quest’ultima personalmente, mediante plico raccomandato spedito il 23.6.2021 e ritirato dal figlio convivente in data 29.6.2021.

Passando all’esame dei motivi, con il primo di essi il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente accolto il gravame senza avere a disposizione le prove acquisite nel corso del giudizio di prime cure. Poiché era onere dell’appellante assicurare la presenza di tali prove nel fascicolo di secondo grado, la sentenza avrebbe fatto malgoverno della regola di cui all’art. 2697 c.c.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta invece l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perché il Tribunale avrebbe omesso di accertare l’effettiva durata della luce gialla mostrata dal semaforo regolante l’incrocio presso cui era stata contestata la violazione alla norma del codice della strada.

Le due censure, che si prestano ad essere trattate congiuntamente, sono infondate.

Dalla lettura della sentenza impugnata si evince che il giudice di primo grado aveva accertato che il ricorrente era passato con il semaforo recante luce rossa, ma aveva poi ritenuto possibile che tale passaggio con il rosso fosse stato causato dalla durata troppo breve della luce gialla. Secondo il Tribunale, una volta accertato il passaggio con il rosso, per potersi applicare una causa giustificativa della condotta illecita occorreva conseguire una prova certa, non essendo a tal fine sufficiente una semplice prospettazione dubitativa. Il giudice di appello afferma inoltre che la valutazione fatta propria dal Giudice di Pace, circa l’insufficiente durata della luce gialla, contrastava con le indicazioni contenute nella nota del Ministero dei Trasporti n. 67906 del 16.7.2007, che suggerisce un tempo di durata della predetta luce gialla di quattro secondi, e in uno studio del C.N. R. pubblicato il 10.9.2001, secondo cui il tempo di arresto di un veicolo che procede a velocità non superiore a 50 km/h – limite generale in vigore nei centri urbani – è pari a tre secondi.

La motivazione del giudice di seconda istanza appare corretta, anche alla luce dei precedenti di questa Corte (richiamati anche dal Tribunale), secondo cui “In tema di violazioni del codice della strada, la risoluzione del Ministero dei trasporti n. 67906 del 16 luglio 2007 regola, in assenza di specifiche indicazioni del codice, il tempo di accensione della luce gialla del semaforo, la cui durata non può essere inferiore a tre secondi in corrispondenza al tempo di arresto di un veicolo che proceda ad una velocità non superiore ai 50 km/h, sicché un intervallo superiore deve senz’altro ritenersi congruo” (Cass. Sez. 6-2, Sentenza n. 18470 del 01/09/2014, Rv. 632784). Negli stessi termini, cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14519 del 14/08/2012, non massimata, secondo cui la durata di quattro secondi, suggerita dalla richiamata nota del Ministero dei Trasporti n. 67906/2007, non costituisce un dato inderogabile, posto che l’automobilista deve comunque adeguare la velocità allo stato dei luoghi; nonché Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27348 del 23/12/2014, non massimata, secondo la quale il limite minimo di durata della luce gialla va individuato in tre secondi, alla luce dello studio del C.N. R. richiamato dalla predetta nota ministeriale.

Nel caso di specie la parte ricorrente dà atto che il giudice di primo grado aveva accertato che la luce gialla, al momento in cui era stato elevato il verbale oggetto di causa, avesse una durata di quattro secondi, avendo affermato che la pubblica amministrazione aveva, in epoca successiva a detta data, “aumentato la durata del giallo… da 4 a 5 secondi” (cfr. pag. 4 del ricorso).

Peraltro, con riferimento alle censure di violazione dell’art. 2697 c.c. e di omesso esame, si deve osservare che la sentenza impugnata contiene l’affermazione secondo cui “… dalla visione delle immagini estratte dal video ripreso dal sistema Vista Red, emergono condizioni di traffico regolare, assenza di imprevisti o altre condizioni che avrebbero potuto impedire al soggetto di arrestare il veicolo in sicurezza e dunque avrebbero potuto consentire di giustificare il mancato arresto”: da tale passaggio, che non risulta specificamente attinto dalle prime due censure proposte da parte ricorrente, si può desumere che il giudice di appello ha potuto esaminare il materiale istruttorio acquisito agli atti del giudizio di merito, che secondo quanto affermato da parte controricorrente (cfr. pag. 6 del controricorso), con affermazione non specificamente contestata dal ricorrente, era stato depositato direttamente all’udienza del 25.2.2013 dinanzi il Giudice di Pace e dunque materialmente si trovava, evidentemente, nel fascicolo di ufficio.

Con il terzo motivo, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 91 c.p.c., in riferimento al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 8, e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il giudice di appello lo avrebbe condannato alla refusione delle spese del doppio grado di giudizio, senza considerare che in prime cure l’ente locale si era difeso mediante funzionario, e quindi non aveva diritto al rimborso delle spese per detto grado.

La censura è fondata.

Il Tribunale ha riconosciuto all’amministrazione, per compensi, l’importo di Euro 500 per ciascun grado di giudizio, oltre rimborso delle spese generali ed accessori di legge, anche se in prime cure la parte pubblica si era costituita mediante funzionario, come la stessa controricorrente conferma (cfr. pag. 9 del controricorso).

In proposito, questa Corte ha affermato che “L’autorità amministrativa che ha emesso il provvedimento sanzionatorio, quando sta in giudizio personalmente o avvalendosi di un funzionario appositamente delegato (come è consentito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma 4), non può ottenere la condanna dell’opponente, che sia soccombente, al pagamento dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, difettando le relative qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio, per cui sono, in tal caso, liquidabili in favore dell’ente le spese, diverse da quelle generali, che abbia concretamente affrontato in quel giudizio e purché risultino da apposita nota” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11389 del 24/05/2011, Rv. 618099). Il Tribunale avrebbe pertanto dovuto limitare la liquidazione delle spese relative al primo grado di giudizio ai soli esborsi risultanti da apposita notula, se presentata (Cass. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 20980 del 17/10/2016, Rv. 641525), omettendo di riconoscere compensi per l’attività difensiva direttamente svolta dal funzionario incaricato. Del pari erroneo è il riconoscimento delle spese generali forfetarie (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 30597 del 20/12/2017, Rv. 647064).

In presenza di difesa svolta dal funzionario amministrativo, infatti, spetta alla discrezionalità del giudice di merito determinare, sulla base di detta notula – il cui contenuto non è vincolante per il giudice e può ben essere ridotto in sede di liquidazione – l’importo delle spese vive in concreto rimborsabili all’amministrazione che si sia difesa mediante funzionario, proprio o di altro ente pubblico, anche a prescindere dalla puntuale giustificazione documentale degli esborsi, non richiesta dalla legge, secondo una valutazione di congruità in rapporto alla tipologia dell’attività svolta e degli oneri ragionevolmente sostenuti, che non deve necessariamente essere sorretta da una specifica motivazione (cfr. ancora Cass. n. 11389/2011, cit.).

Poiché nella fattispecie il Tribunale non ha liquidato spese vive, ma soltanto compensi e spese generali, e considerato che la parte controricorrente non ha allegato, in proposito, di aver prodotto alcuna notula nel corso del giudizio di merito, né ha dedotto, nel proprio controricorso, di aver sostenuto spese vive di qualsiasi genere, la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di fatto, ai sensi di quanto previsto dall’art. 384 c.p.c., comma 2, con espunzione, dalla sentenza impugnata, della sola statuizione relativa alle spese di prima istanza.

In definitiva, vanno rigettati il primo e secondo motivo di ricorso, mentre va accolto il terzo. La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, in relazione alla censura accolta, con decisione della causa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, nei termini di cui anzidetto.

In considerazione della marginalità del profilo di accoglimento, le spese del presente giudizio di legittimità sono compensate tra le parti.

PQM

la Corte rigetta il primo e secondo motivo di ricorso ed accoglie il terzo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo la causa nel merito ai sensi di quanto previsto dall’art. 384 c.p.c., comma 2, elimina dalla sentenza impugnata la statuizione relativa alla liquidazione delle spese del giudizio di primo grado.

Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 22 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2021

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