Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.41485 del 24/12/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 621-2017 proposto da:

G.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio dell’avvocato GOFFREDO GOBBI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIANO GAZZOLA;

– ricorrente –

contro

G.M., G.B., G.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2383/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 21/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/09/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

In relazione alla successione di G.A., deceduto lasciando eredi i figli G.M., G.B., G.E., e G.T., il tribunale accoglieva la domanda proposta da G.M., G.B., G.E. nei confronti di G.T., volta a fare accertare la simulazione dell’atto di compravendita di un immobile, intercorsa per atto notarile fra il de cuius e il convenuto in data *****, in quanto dissimulante una donazione e la conseguente nullità del contratto dissimulato per mancanza dei requisiti di forma.

Le attrici avevano precisato che, con tale atto di disposizione, il de cuius si era spogliato dell’intero suo patrimonio, non avendo quindi lasciato beni che potessero soddisfare i loro diritti di legittimari.

Instauratosi il contraddittorio il tribunale accoglieva la domanda e la decisione, impugnata da G.T., era confermata dalla Corte d’appello di Venezia, che condivideva il ragionamento presuntivo che aveva condotto il principio giudice all’accertamento della simulazione. Per la cassazione della sentenza G.T. ha proposto ricorso, affidato a un unico motivo, con il quale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2732,2697,2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Si sostiene che, in presenza della quietanza circa l’avvenuto pagamento del prezzo da parte del venditore, inserita nell’atto pubblico, se ne i poteva elidere il valore confessorio solo mediante la prova degli stessi fatti richiesti dall’art. 2732 c.c. (errore di fatto e violenza), essendo irrilevanti il dolo e la simulazione. Tuttavia tale prova non era stata fornita, conseguendone pertanto l’irrilevanza degli elementi indiziari valorizzati dai giudici di merito ai fini dell’accertamento presuntivi. Si sottolinea che, in presenza della prova del pagamento derivante dalla quietanza, gli stessi elementi, singolarmente non significativi, non erano idonei a fornire la prova della simulazione neanche in base a una valutazione congiunta e sintetica.

Le intimate sono rimaste tali.

Il ricorso è infondato.

E’ vero che la quietanza costituisce confessione, impugnabile per difetto di veridicità alle condizioni previste dall’art. 2732 c.c. (errore di fatto o violenza) (Cass. n. 32458/2018; n. 4196/2014; n. 26325/2008); tuttavia questa Corte ha chiarito che cosa diversa dal difetto di veridicità è la quietanza meramente apparente, rilasciata dal creditore in virtù di un accordo con il debitore, e ha escluso che in tal caso siano destinate a trovare applicazione le limitazioni alla “revoca” delle dichiarazioni confessorie contemplate dall’art. 2732 c.c., salvi i limiti alla prova testimoniale e per presunzioni secondo le regole generali. Il creditore quietanzante non può ricorrere alla prova testimoniale per dimostrare la simulazione assoluta della quietanza (Cass. S.U., n. 6877/2002; conf. n. 15380/2010; n. 9297/2012), se non nelle ipotesi previste dall’art. 2724 c.c. (Cass., S.U., n. 19888/2014).

Si ricorda che ex art. 2729 c.c. le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni (Cass. n. 546/1970).

Ma è chiaro che i limiti della prova testimoniali e per presunzione operano in materia nei confronti delle parti, e non dei terzi.

Ora nel caso in esame risulta dalla stessa esposizione operata nel ricorso che gli attori avevano fatto valere la simulazione nella loro qualità di legittimari del simulato venditore; e avevano dedotto che il de cuius era deceduto senza lasciare beni relitti. Quindi avevano denunciato in termini univoci uno stato di fatto contrario al conseguimento della legittima (Cass. n. 16535/2020), il che li poneva nella veste di terzi ai fini della prova della simulazione dell’atto dispositivo compiuto dal de cuius era deceduto senza lasciare beni relitti. Quindi avevano denunciato in termini univoci uno stato di fatto contrario al conseguimento della legittima (Cass. n. 16535/2020), il che li poneva nella veste di terzi ai fini della prova della simulazione dell’atto dispositivo compiuto dal de cuius.

Si ricorda che il legittimario ha la veste di terzo ogni qual volta l’accertamento della simulazione sia richiesto dal legittimario in tale specifica qualità, per rimediare a una lesione di legittima, intesa l’espressione in senso ampio, in modo da comprendere non solo la reintegrazione in senso proprio, tramite la riduzione della donazione dissimulata, ma anche il recupero all’asse ereditario del bene oggetto di alienazione simulata ovvero di donazione dissimulata nulla per difetto di forma (Cass. n. 16535/2020; n. 8215/2013; n. 19468/2005).

Quindi, in applicazione di principi giurisprudenziali pacifici, le originarie attrici, benché eredi del contraente, avevano la qualità di terzi (Cass. n. 15510/2018), abilitati a provare la simulazione della quietanza senza limiti e senza soggiacere naturalmente ai limiti di impugnativa della confessione stabiliti dall’art. 2732 c.c., che sono applicabili esclusivamente nei rapporti fra le parti (Cass. 2619/2021; n. 10743/2008).

In ordine alla violazione delle regole che presiedono al ragionamento presuntivo, il ricorrente richiama il principio che la relativa valutazione implica la preventiva selezione degli elementi indiziari, in modo da scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza. Solo gli elementi che presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria dovrebbero essere poi sottoposto a una valutazione globale. Egli si duole che, nella complessiva ricostruzione, la Corte di merito avrebbe considerato elementi tutti singolarmente irrilevanti.

A un attento esame la censura costituisce petizione di principio, perché, nella prospettiva del ricorso, la valutazione di irrilevanza degli elementi indiziari, presi singolarmente, risente dell’errore teorico di fondo derivante dalla mancata distinzione, da un lato, fra difetto di veridicità e simulazione della quietanza, dall’altro, della mancata considerazione che la simulazione era stata fatta valere da soggetti assimilabili ai terzi ai fini della prova della stessa simulazione.

Chiarito tale equivoco, il ragionamento presuntivo, fatto dalla Corte d’appello, non rileva alcun errore logico o giuridico nella selezione degli elementi indiziari. I medesimi elementi, ritenuti dalla corte di merito singolarmente non privi di rilevanza, sono stati poi sottoposti a una valutazione sintetica e globale (Cass. n. 9059/2018). L’esito del ragionamento, siccome svolto secondo parametri corretti, è naturalmente incensurabile in questa sede (Cass. n. 22366/2021; n. 5279/2020).

In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

Nulla sulle spese.

Ci sono le condizioni per dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto”.

PQM

rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 30 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472