LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 15095/2015 r.g. proposto da:
ROTOSTAMPA BRUTIA s.r.l., (cod. fisc. e P. Iva *****), in persona del legale rappresentante C.F., rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Gianluca Rubino, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Cosenza, Via L. Franco n. 26;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO ***** S.P.A., in sigla ***** (cod. fisc.
*****), in persona del legale rappresentante pro tempore curatore fallimentare Dott. Ca.Fe., rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato Vincenzo Caridi, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Cesare Beccaria n. 88;
– controricorrente –
contro
FONDO DI GARANZIA DEI DEPOSITANTI DEL CREDITO COOPERATIVO, e per esso la BCC GESTIONE CREDITI – SOCIETA’ FINANZIARIA, per la gestione dei crediti spa (cod. fisc. P. Iva *****), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso dall’Avv. Salvatore Giammaria, con il quale elettivamente domicilia in Roma, alla Via del Corso n. 101, presso lo studio dell’Avvocato Enrico Mormino;
– controricorrente –
contro
SMA spa, (cod. fisc. *****), con sede in *****, in persona del legale rappresentante pro tempore S.M., rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dagli Avvocati Angelo Mastrandrea e Barbara Mioli, con i quali elettivamente domicilia in Roma, alla Via Magalotti n. 15, presso lo studio dell’Avvocato Mioli;
– controricorrente –
Banca Monte dei Paschi di Siena spa, Equitalia Sud Spa;
– intimate –
avverso il decreto del Tribunale di Cosenza, depositato in data 27 maggio 2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/4/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;
letta la requisitoria scritta dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. NARDECCHIA Giovanni Battista, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Cosenza, con decreto del 20.5.2015, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di Rotostampa Brutia s.r.l. (già Euroinformatica s.a.s. di L.B. & C.), società che aveva proposto domanda di insinuazione tardiva allo stato passivo del Fallimento ***** s.r.l., avverso l’ammissione dei crediti tempestivamente insinuati di BCC, Banca dei Due Mari di Calabria, SMA s.p.a., Banca Monte Paschi di Siena (MPS) s.p.a. e Equitalia Sud s.p.a..
Il Tribunale ha affermato che i creditori che abbiano proposto domanda tardiva di ammissione possono impugnare, ai sensi della L. Fall., art. 99, comma 1, solo lo stato passivo formatosi in relazione alle altre domande tardive e non quello relativo alle domande tempestivamente formulate, posto che in caso contrario si neutralizzerebbero gli effetti pregiudizievoli dell’insinuazione tardiva. Ha aggiunto che solo con la comunicazione dell’esito (positivo) della domanda il creditore istante matura un interesse qualificato all’impugnazione, legittimante il suo diritto alla contestazione.
2. Il decreto è stato impugnato da Rotostampa Brutia s.r.l. con ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Il Fallimento ***** s.p.a., BCC Gestione Crediti s.p.a., nella qualità di procuratore del Fondo di garanzia dei depositanti del Credito Cooperativo, cessionario del credito di Banca dei Due Mari di Calabria, e SMA s.p.a. hanno resistito con distinti controricorsi.
Banca MPS s.p.a. e Equitalia Sud s.p.a. non hanno svolto difese.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
La società ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso Rotostampa Brutia denuncia la violazione degli artt. 98 e 99 c.p.c..
1.1. La ricorrente precisa in fatto: a) di aver depositato la domanda di ammissione il 24.5.2013, ovvero in ritardo rispetto alla data del 12.2.2013 originariamente fissata nella sentenza dichiarativa per la verifica del passivo, ma ben 34 giorni prima del 27.6.2013 (data cui l’udienza era stata rinviata) e ben 68 giorni prima del 31.7.2013 (data in cui l’udienza si era effettivamente tenuta); b) di aver ricevuto dal curatore, il 27.11.2013, comunicazione L. Fall., ex art. 97, comma 1, che lo stato passivo era stato dichiarato esecutivo con decreto dell’8.11.2013; c) di aver proposto l’impugnazione il 23.12.2013; d) di essere stata ammessa al passivo nel febbraio 2015. Ciò premesso, rileva che la L. Fall., art. 98, comma 3, legittima all’impugnazione “il creditore”, non distinguendo fra creditore insinuato tempestivamente o tardivamente, e che solo colui che non abbia proposto domanda di ammissione è privo di interesse a contestare gli altrui crediti concorsuali; viceversa, il creditore che abbia proposto domanda tardiva, e che dunque può partecipare solo ai riparti successivi alla sua ammissione, ha pieno interesse alla riduzione dell’ammontare complessivo del passivo, dal quale deriverebbe l’accrescimento delle sue possibilità di essere soddisfatto. 2. Il motivo è fondato.
2.1. Questa Corte ha già affermato che “L’impugnazione di un credito tempestivamente ammesso a favore di un terzo può essere proposta dal creditore tardivo – contestualmente alla dichiarazione tardiva del suo credito, ove si sia in presenza di situazioni soggettive tra loro in conflitto – entro sei mesi dalla dichiarazione di esecutività dello stato passivo delle domande tempestive, in applicazione analogica dell’art. 327 c.p.c., salva la mancata conoscenza del processo fallimentare, della cui prova il creditore medesimo è onerato” (Cass. n. 8869/2017).
2.2. La pronuncia, ancorché emessa in fattispecie particolare – in cui il creditore tardivo impugnante sosteneva di essere l’effettivo titolare del credito impugnato – deve ritenersi espressione di un principio generale, estensibile ad ogni altra ipotesi di impugnazione di crediti ammessi tempestivamente allo stato passivo che sia proposta da un creditore tardivo contestualmente al deposito della propria domanda o, comunque, prima che la stessa venga esaminata e decisa.
2.3. Nel vigore della legge fallimentare anteriore alla riforma, si escludeva che l’impugnazione potesse essere proposta dai creditori insinuati tardivamente non per ragioni legate al difetto originario, in capo a costoro, delle condizioni dell’azione, ma perché le domande tardive erano solo quelle depositate dopo il decreto di esecutività dello stato passivo (art. 101, comma 1, non ancora novellato), mentre il termine concesso per impugnare i crediti ammessi era di appena 15 giorni dal deposito in cancelleria dello stato passivo (art. 100, abrogato): in sostanza sussisteva una vera e propria incompatibilità temporale fra ricorso per dichiarazione tardiva e ricorso per impugnazione.
2.4. L’incompatibilità è però venuta meno con la riforma di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006, atteso che, ai sensi dell’attuale L. Fall., art. 101, comma 1, sono tardive tutte le domande di ammissione trasmesse al curatore (ovvero, nella formulazione della norma applicabile ratione temporis, depositate) oltre il termine di trenta giorni prima dell’udienza fissata per la verifica del passivo: è dunque ben possibile che, come accaduto nella specie, una domanda tardiva sia presentata prima che lo stato passivo sulle domande tempestive sia dichiarato esecutivo, o, comunque, prima che sia decorso il termine per proporre opposizione, impugnazione o revocazione contro il relativo decreto di esecutività, tanto più che tale termine, per il creditore che non abbia ricevuto la comunicazione L. Fall., ex art. 97 (quale è usualmente il tardivo), non è quello breve di cui all’art. 99, comma 1, ma quello “lungo”, di sei mesi, previsto dall’art. 327 c.p.c., decorrente dalla data del deposito dello stato passivo (Cass. nn. 8869/017, 11366/2018, 3054/2021).
2.5. Va aggiunto che, a differenza che nel passato, il procedimento di accertamento delle domande tardive si svolge nelle stesse forme di quello, di cui alla L. Fall., art. 95, previsto per le domande tempestive, e che anche ad esso si applicano le disposizioni di cui agli artt. da 93 a 99 della legge.
2.6. Sulla base di tali premesse, Cass. n. 8869/2017 cit., non ha mancato di rilevare che, se “e’ generalmente condiviso che l’attuale art. 98, sul piano della legittimazione, facendo riferimento al “creditore”, non abbia innovato rispetto al vecchio art. 100, sicché gli orientamenti maturati sotto la vigenza di tale norma andrebbero mantenuti fermi”, essi tuttavia “vanno adeguati al mutato regime delle insinuazioni tardive, perché, ai sensi dell’art. 101, comma 1, tutte le domande depositate oltre il termine di trenta giorni dell’udienza fissata per la verifica dello stato passivo sono da considerare tardive e il procedimento di accertamento delle domande tardive si svolge nelle stesse forme di cui all’art. 95; consegue che niente osta a che anche il creditore tardivo possa impugnare il credito altrui; laddove vengano in discussione pretese creditorie tra loro in conflitto, ciò deve avvenire contestualmente alla dichiarazione tardiva”.
2.7 Una volta preso atto della sostanziale identità di disciplina fra trattamento delle domande tempestive e di quelle tardive, nonché del fatto che l’unico limite temporale preclusivo alla proposizione dei rimedi impugnatori previsti dalla L. Fall., art. 98, è costituito dal decorso del termine di cui all’art. 99 c.p.c., comma 1, o art. 327 c.p.c., (a seconda che il creditore abbia o meno ricevuto dal curatore la comunicazione dell’esito del procedimento di accertamento), non v’e’ alcuna ragione per ritenere che il creditore che abbia proposto domanda tardiva prima che il termine in questione sia spirato, sia privo della legittimazione (o dell’interesse, secondo quanto ritenuto dal tribunale) ad impugnare il credito tempestivamente ammesso in favore di altri.
2.8. Sotto il primo profilo, va ricordato che la legitimatio ad causam (attiva) consiste nella titolarità del potere di promuovere un giudizio, in ordine al rapporto sostanziale dedotto, secondo la prospettazione della parte, e prescinde dall’effettiva titolarità del rapporto (fra molte, Cass. nn. 2017/7776, 17092/016, 28277/05); essa va quindi riconosciuta a colui che si afferma titolare del diritto in base al quale la legge gli consente di agire, anche nel caso di contestazione della controparte e perfino quando di detta titolarità si controverta in un distinto giudizio: così, ad es., in tema di azione revocatoria, questa Corte ha costantemente affermato che il titolare di un diritto di credito ancora sub iudice, o anche solo eventuale, è legittimato ad agire ai sensi dell’art. 2901 c.c.; con l’unica precisazione che, poiché le condizioni dell’azione (legittimazione ed interesse ad agire) devono permanere sino al momento della decisione definitiva, il loro sopravvenuto venir meno (per effetto del giudicato che abbia medio tempore accertato l’inesistenza del diritto di credito, o per effetto del pagamento di tale credito successivamente eseguito) dovrà essere rilevato d’ufficio dal giudice e comporterà il rigetto, nel merito, della domanda di inefficacia (Cass. nn. 21100/2004, 12975/2020).
2.9. Mutatis mutandis, il principio può senz’altro applicarsi anche all’impugnazione dei crediti disciplinata dalla legge fallimentare.
L’art. 98, comma 3, della legge, infatti, include fra i soggetti legittimati a proporre il relativo ricorso “il creditore”, e non già il “creditore ammesso allo stato passivo”, senza porre alcuna distinzione fra creditore tempestivo e creditore tardivo.
2.9.1. Invero, poiché l’impugnazione di un credito ammesso rappresenta strumento a garanzia della migliore soddisfazione del credito vantato dal creditore concorrente (o da colui che, a torto o ragione, aspira a divenire tale), la legittimazione a far valere tale rimedio va negata, in via pregiudiziale di rito, al solo creditore che non abbia presentato la domanda di insinuazione o al creditore (tempestivo o tardivo che sia) che, pur avendola presentata, l’abbia vista respingere e non abbia proposto opposizione, il quale, essendo stato definitivamente escluso dallo stato passivo, non può più affermare di essere titolare di un credito concorsuale.
2.9.2.Del resto, non si è mai dubitato della legittimazione all’impugnazione del creditore tempestivo escluso che abbia proposto opposizione; non si vede, pertanto, perché la legittimazione all’impugnazione dovrebbe essere negata a colui che si sia insinuato tardivamente (affermando, perciò, di essere creditore del fallito) e per il quale il termine di proposizione del ricorso L. Fall., ex art. 98, comma 3, contro il creditore concorrente ammesso tempestivamente non è ancora spirato, solo perché la sua domanda non è stata ancora esaminata.
2.10. Sotto il secondo profilo, va ricordato che l’interesse ad agire si sostanzia nella possibilità di conseguire, mediante la proposizione dell’azione, un risultato utile e giuridicamente apprezzabile, che, nel giudizio di impugnazione, va ravvisato nella possibilità per l’impugnante di ottenere l’esclusione dallo stato passivo, in tutto o in parte, di uno o più crediti concorrenti e, dunque, la riduzione dell’ammontare complessivo dei crediti ammessi, con corrispondente aumento delle proprie possibilità di soddisfarsi sul ricavato della liquidazione dell’attivo. E’ dunque evidente che l’interesse del creditore tardivo all’impugnazione (così come quello del tempestivo) sorge per il fatto stesso di aver proposto la domanda di insinuazione, e non solo dal momento in cui questa viene accolta, e permane (al pari di quello del creditore tempestivo escluso che abbia proposto opposizione) sino a quando il medesimo non veda accertata in via definitiva l’insussistenza del suo diritto a partecipare al concorso.
2.11. Neppure può condividersi l’assunto del tribunale secondo cui, ritenendo ammissibile l’impugnazione di crediti tempestivamente ammessi da parte del creditore tardivo, si neutralizzerebbero gli effetti pregiudizievoli derivanti dal ritardo nella presentazione della domanda.
2.11.1 L’unico effetto pregiudizievole derivante da tale ritardo è infatti quello contemplato dalla L. Fall., art. 112, a norma del quale i creditori tardivi concorrono solo alla ripartizioni posteriori alla loro ammissione.
2.11.2 A tale effetto si ricollega però la diversa preclusione di cui alla L. Fall., art. 110, comma 3, che, legittimando alla proposizione del reclamo contro il progetto di ripartizione dello stato passivo i soli creditori ammessi o quelli che, ove non ammessi, abbiano proposto opposizione contro il provvedimento di esclusione, indubbiamente equipara la posizione del creditore tardivo la cui domanda non sia stata ancora esaminata a quella del creditore definitivamente escluso. E’ dunque unicamente nell’ipotesi – probabilmente più di scuola che effettivamente riscontrabile nella pratica – in cui la domanda di ammissione del creditore tardivo non decaduto (che abbia cioè presentato la domanda e il contestuale, o successivo, ricorso L. Fall., ex art. 98, comma 3, prima dello scadere del termine a sua disposizione per impugnare) venga esaminata solo dopo il deposito da parte del curatore di un piano di riparto parziale che veda il creditore concorrente impugnato totalmente soddisfatto, che dovrà prendersi atto del venir meno dell’interesse all’impugnazione.
E’ appena il caso di aggiungere (attesa l’ovvietà della considerazione) che identico esito conseguirebbe al mancato esame della domanda prima del deposito del progetto finale di ripartizione.
2.12. Va da ultimo rilevato che le interferenze processuali derivanti dalla possibile, contestuale pendenza del procedimento di impugnazione del credito ammesso proposto dal creditore tardivo e del procedimento di verifica della domanda tardiva dallo stesso avanzata e non ancora esaminata (come pure dalla possibile contestuale pendenza dell’opposizione e dell’impugnazione allo stato passivo, proposte dal creditore – tempestivo o tardivo – che insista per l’accoglimento della propria domanda e per l’esclusione, totale o parziale, di altro credito già ammesso) potranno trovare soluzione, ove non sia possibile la riunione dei giudizi, attraverso il ricorso all’istituto della sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c..
Vanno in conclusione enunciati i seguenti principi di diritto:
1) Entro i termini di decadenza previsti dalla legge, sono legittimati all’impugnazione dei crediti ammessi, di cui alla L. Fall., art. 98, comma 3, tutti i creditori, tempestivi o tardivi, la cui domanda di ammissione al passivo sia stata accolta definitivamente o sia ancora sub iudice per la pendenza dell’opposizione contro il decreto di rigetto, nonché i creditori tardivi la cui domanda non sia stata ancora esaminata.
2)L’interesse all’impugnazione dei crediti tempestivi di colui che abbia avanzato domanda di ammissione tardiva allo stato passivo sorge sin dal momento della proposizione di tale domanda e permane sino a quando l’impugnante non veda definitivamente accertata l’insussistenza del suo diritto a partecipare al concorso, salva l’ipotesi che il credito in contestazione non venga definitivamente soddisfatto in sede di riparto prima che la domanda tardiva sia stata esaminata.
Si impone pertanto la cassazione del decreto impugnato, con rinvio della causa al Tribunale di Cosenza in diversa composizione, che dovrà applicare i principi di diritto sopra enunciati e deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Cosenza, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2021
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