LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 12590/2016 proposto da:
Gruppo COSIAC s.p.a., nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. Romano Vaccarella, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 269, come da procura rilasciata su foglio separato, del quale è estratta copia informatica allegata al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
R.F.I. – Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Prof.
Mauro Orlandi, in virtù di procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale condizionato, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in Roma, via Lazzaro Spallanzani, n. 22;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte di appello di ROMA, n. 144/2016, pubblicata il 3 marzo 2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 novembre 2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.
RILEVATO
CHE:
1. Con decreto ingiuntivo n. 10458/2006 del 17 maggio 2006, il Tribunale di Roma aveva ingiunto alla società Gruppo Cosiac s.p.a. di pagare la somma di Euro 37.684.264,20, oltre gli interessi legali e le spese della procedura monitoria, autorizzando in mancanza del pagamento immediato la provvisoria esecuzione del provvedimento monitorio.
2. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 4458/2009 del 20 febbraio 2009, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo promossa dalla società Cosiac s.p.a., aveva revocato il decreto ingiuntivo e condannato la società opponente al pagamento della somma di Euro 22.610.558,52 a favore della R.F.I. s.p.a., oltre rivalutazione ed interessi, anche anatocistici dalla domanda.
3. Con sentenza del 3 marzo 2016, la Corte di appello di Roma, per quel che rileva in questa sede, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto dalla società Gruppo Cosias s.p.a. ed in parziale riforma della sentenza impugnata, escludeva l’applicazione della rivalutazione monetaria sulla somma di Euro 22.610.558,52 ed in parziale accoglimento dell’appello incidentale di R.F.I. s.p.a. ha condannato la società Gruppo Cosiac s.p.a. al pagamento degli interessi sulla somma di cui al capo 1) decorrenti dalla data del 27 marzo 2003.
4. La Corte d’appello di Roma, sull’appello principale, ha ritenuto che all’origine del credito per il quale R.F.I. s.p.a. aveva agito in sede monitoria vi era il pagamento della somma risultante eccedente rispetto a quella definitivamente accertata dalla Corte d’appello, a seguito del rigetto del successivo ricorso per cassazione proposto dalla società Gruppo Cosiac s.p.a.; il debito a titolo di restituzione, in quanto del tutto estraneo alle obbligazioni oggetto del contratto di appalto, non poteva che gravare sulla parte che aveva ricevuto la somma in assenza di un titolo che giustificava il pagamento; la domanda di pagamento non si era basata sull’accordo transattivo, in quanto tale accordo era stato richiamato dalla R.F.I. s.p.a. solo al fine di giustificare la riduzione della pretesa rispetto alla somma richiesta con il ricorso per decreto ingiuntivo (ovvero l’importo di Euro 37.684.264,20); i criteri di ripartizione interna tra le imprese della somma da restituire a R.F.I. s.p.a. e l’eventuale sussistenza di divergenze risultavano del tutto estranee alla controversia, né, sul piano processuale, era dato comprendere rispetto a quale attuale controversia il giudizio avrebbe dovuto essere sospeso; era fondata la censura sull’applicazione della rivalutazione monetaria, stante la natura di debito di valuta dell’obbligazione restitutoria, mentre era inammissibile la censura sull’anatocismo applicato dal giudice di primo grado.
5. La Corte d’appello di Roma, sull’appello incidentale, ha affermato la sua fondatezza nella parte in cui la R.F.I. s.p.a. aveva chiesto che gli interessi sulla somma indebitamente corrisposta dovessero decorrere dalla data del pagamento non dovuto, anziché dal giorno della domanda, attesa l’efficacia retroattiva della pronuncia che aveva determinato il venire meno dell’obbligazione di pagamento riconosciuta nella sentenza della Corte d’appello di Roma.
6. La società Gruppo Cosiac s.p.a. ricorre, avverso la sentenza impugnata, con due motivi.
7. La società R.F.I. s.p.a. ha depositato controricorso e ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
8. La società ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo motivo si lamenta la falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del combinato disposto degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., quale effetto dell’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di fatti decisivi: era errata la statuizione della Corte secondo la quale era rimasta del tutto sfornita di prova l’assunto dell’appellante secondo cui le associate avevano incassato pro quota la quota di pertinenza di ciascuna essendo provata e pacifica tra le parti che le consociate avevano incassato pro quota quanto di loro pertinenza, sia in ragione di quanto dedotto dalla società Cosiac s.p.a. nell’opposizione a decreto ingiuntivo (pagg. 3 e 4) e mai contestato dalla società R.F.I. s.p.a., sia in esito all’atto di transazione del 15 ottobre 2007 stipulato dalla R.F.I. s.p.a. da un parte e dall’altra dalla AIA Costruzioni s.p.a., Tecnofin Group s.p.a. ed Astaldi s.p.a. dall’altra, prodotto nel giudizio con la comparsa istruttoria per l’udienza del 29 aprile 2008.
2. Con il secondo motivo si lamenta la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione agli artt. 163 e 183 c.p.c.: la Corte romana aveva ritenuto del tutto irrilevante quanto emergeva dall’atto di transazione e, in particolare, la circostanza che Astaldi, titolare dello 0,01% e, pacificamente, non percettore di alcuna somma, aveva partecipato alla transazione sborsando, in favore della R.F.I. s.p.a., Euro 3.500.000,00 e che aveva rinunciato alla propria quota (66%) dei diritti rinvenienti dalle domande risarcitorie formulate dal Consorzio Ferrofir contro la R.F.I. s.p.a., pendente davanti al Tribunale di Roma, n. 53044/05, introdotta con atto di citazione del 18 luglio 2005; che una riduzione del petitum per un importo di oltre 15.000.000,00 di Euro, che nulla aveva a che vedere con la somma percepita, non era compatibile con l’interpretazione della domanda, che si fondava anche sulla transazione; che la transazione non era un mero fatto che incideva esclusivamente sul quantum, ma era un negozio in base al quale andava commisurata la pretesa di R.F.I. s.p.a.; se la domanda originaria di R.F.I. s.p.a. era anche nella causa petendi, modificata in quanto integrata dalla transazione, ne derivava che il nuovo elemento inserito nella causa petendi e in base al quale era stato modificato il petitum mediato, rendeva nuova la domanda finale della R.F.I. s.p.a., senza che quest’ultima avesse allegato il nuovo elemento costitutivo della domanda attraverso la produzione del documento che ne offriva la prova; la Corte d’appello aveva errato nel non avere compreso il ruolo giocato dalla transazione che non si riduceva a quello di mera giustificazione di una riduzione del petitum e nel non avere considerato che alla transazione avevano partecipato sia AIA e Tecnofin, ma anche Astaldi, che aveva pagato Euro 6.218.000,00, ovvero oltre un milione e mezzo in più di quanto pagato, per il loro 32% totale, da AIA e Tecnofin. 2.1 I due motivi, che vanno trattati unitariamente perché connessi, sono fondati.
2.2 Deve premettersi che la questione che viene in rilievo è quali siano gli effetti nei confronti dei condebitori in solido della transazione pro quota posta in essere dal creditore con uno o più debitori in solido, finalizzata a transigere la lite tra loro insorta, tenuto conto che secondo la società ricorrente, la Corte d’appello avrebbe determinato il residuo credito dovuto dalla stessa senza conteggiare correttamente quanto già corrisposto dalla società Astaldi s.p.a., che avrebbe pagato una somma non corrispondente alla quota di partecipazione all’A.T.I., pari allo 0,01%.
2.3 E’ una questione che nella fattispecie in esame concretamente si pone, giacché è pacifico che la R.F.I. s.p.a. ebbe a transigere la lite, in data 15 ottobre 2007, con l’AIA Costruzioni s.p.a., la Tecnofin s.p.a. e la Astaldi s.p.a. e ha essa stessa richiamato tale accordo, sia pure, come ha affermato la Corte territoriale, solo al fine di giustificare la riduzione della pretesa rispetto alla somma richiesta con il ricorso per decreto ingiuntivo (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata).
2.4 E’necessario, preliminamente, evidenziare che:
– Il Tribunale di Roma, con sentenza del 14 ottobre 2002, ha condannato R.F.I. s.p.a. al pagamento, in favore della società Gruppo Cosiac s.p.a., della somma di Euro 137.608.338,49, oltre accessori;
– la Corte d’appello, su istanza della R.F.I. s.p.a., con ordinanza del 14 febbraio 2003, ha sospeso l’esecuzione e l’efficacia esecutiva della sentenza del Tribunale di Roma del 14 ottobre 2002 per somme superiore a Euro 50.000.000,00 e la ha autorizzato entro detto limite;
– il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma, con ordinanza del 24 marzo 2003, ha assegnato alla società Gruppo Cosiac s.p.a un credito pari ad Euro 50.031.077,76, somma versata dal terzo pignorato (San Paolo IMI s.p.a., debitore della R.F.I. s.p.a.) in favore della società Gruppo Cosiac s.p.a. con bonifico del 27 marzo 2003;
-la Corte di appello, con sentenza del 3 novembre 2005, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 14 ottobre 2002, ha condannato la R.F.I. s.p.a. al pagamento, in favore della società Gruppo Cosiac s.p.a., della somma di Euro 12.436.813,56, oltre accessori;
– il Tribunale di Roma, con decreto ingiuntivo emesso il 17 maggio 2006, ha ingiunto alla società Gruppo Cosiac s.p.a. il pagamento, in favore della R.F.I. s.p.a., della somma di Euro 37.684.264,20 (data dalla differenza tra la somma di Euro 50.031.077,76 e la somma di Euro 12.346.813,56);
la Corte di Cassazione, con sentenza del 24 luglio 2007, ha rigettato l’impugnazione proposta dalla società Gruppo Cosiac s.p.a. avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma del 3 novembre 2005, che è divenuta definitiva;
-in data 15 ottobre 2007, subito dopo la sentenza della Corte di Cassazione, R.F.I. s.p.a. da un lato e le società Aia Costruzioni s.p.a., Tecnofin Group s.p.a. e Astaldi s.p.a. dall’altro lato, hanno stipulato una transazione, con la quale le tre società (che partecipano all’ATI con quote rispettivamente del 24%, 8% e 0,01%) hanno corrisposto alla R.F.I. s.p.a. la somma di Euro 8.000.000,00, con esclusione di ogni responsabilità solidale e con impegno della R.F.I. s.p.a. a richiedere il pagamento delle sole quote di spettanza delle società Cosiac ed Hera; -il Tribunale di Roma, con sentenza del 20 febbraio 2009, ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla società Gruppo Cosiac s.p.a. e ha condannato quest’ultima al pagamento, in favore di R.F.I. s.p.a. della somma di Euro 22.610.558,52, oltre accessori (poiché la R.F.I. aveva ridotto la propria pretesa alla singola quota imputabile alla società Gruppo Cosiac s.p.a., corrispondente al 60% ed infatti la somma di Euro 22.610.558,52 era pari al 60% di 37.684.264,20);
-la Corte di appello di Roma, con la sentenza in questa sede impugnata, conferma l’importo di Euro 22.610.558,52, non riconoscendo la rivalutazione monetaria e ammettendo il pagamento degli interessi moratori a far data dal 27 marzo 2003.
2.5 Ciò posto, la Corte d’appello ha errato nel confermare il credito dovuto dalla società Gruppo Cosiac s.p.a. senza tenere in alcuna considerazione l’intervenuta transazione del 15 ottobre 2007 tra la R.F.I. s.p.a. e le società Aia Costruzioni s.p.a., Tecnofin Group s.p.a. e Astaldi s.p.a., condebitori solidali, cogliendo nel senso le censure formulate nella parte in cui rilevano la mancata considerazione delle somme versate dalla società Ansaldi s.p.a. nella determinazione della quota residua di debito posta a carico della società debitrice e, comunque, l’importo fino alla concorrenza del quale la società Gruppo Cosiac s.p.a., a seguito della transazione dei soggetti coobligati, debba ritenersi responsabile.
2.6 Questa Corte, decidendo esattamente in termini con la presente fattispecie, ha affermato che nell’ipotesi di transazione che abbia ad oggetto unicamente la quota del debitore (e non anche l’intero debito), ovviamente in presenza di obbligazioni scindibili e di solidarietà che non sia stata pattuita nell’interesse di uno dei condebitore, la transazione coinvolge gli altri condebitori soltanto per gli effetti derivanti dalla riduzione del loro debito in conseguenza di quanto pagato dal debitore transigente (Cass., Sez. U., 30 dicembre 2011, n. 30174).
Le Sezioni Unite richiamate, nell’escludere l’operatività dell’art. 1304 c.c., comma 1, alla fattispecie di transazione pro quota, (affermando che detta norma si riferisce all’ipotesi in cui la transazione riguarda l’intero debito, prevedendo che il condebitore in solido, pur non avendo partecipato alla stipulazione della transazione, possa avvalersi della stessa in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetto solo tra le parti), si interrogano, tuttavia, ove l’indagine sull’oggetto della transazione conduca alla conclusione che parti hanno inteso focalizzare la transazione unicamente su una determinata quota di debito (si tratta di ipotesi, nel caso in esame, pacificamente ricorrente, assumendo la stessa R.F.I. s.p.a. che la transazione aveva riguardato soltanto le quote di spettanza delle tre società coobbligate transigenti), su quale sia il residuo credito azionabile nei confronti degli altri debitori rimasti estranei, evidenziando che, sul punto, la risposta della giurisprudenza non era stata sempre chiara, affermandosi, in taluni casi, che il credito verso gli altri si riduceva in proporzione della quota transatta (cfr. Cass., 8 luglio 2009, n. 16050) ed in altri che il credito si riduceva in misura pari all’ammontare di quanto il credito abbia già percepito a seguito della transazione (cfr. Cass., 3 marzo 2011, n. 5108).
Le Sezioni Unite hanno stabilito, dunque, il criterio per cui “Qualora risulti che la transazione ha avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido è destinato a ridursi in misura corrispondente all’ammontare di quanto pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se invece il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura proporzionale alla quota di chi ha transatto” (Cass., Sez. U., 30 dicembre 2011, n. 30174, citata).
Specificamente, le Sezioni Unite hanno osservato in motivazione che “Qualora, infatti, la transazione porti all’uscita di scena di uno dei debitori solidali, ma al tempo stesso alla soddisfazione del credito in misura minore rispetto alla quota ideale gravante su quel debitore (si faccia l’esempio di un credito verso tre condebitori solidali, d’importo pari a 90, e si ipotizzi che la transazione sulla quota di uno dei debitori abbia determinato il pagamento di 20), un conto è affermare che gli altri condebitori restano tenuti per l’ammontare non soddisfatto del credito (pari, nell’esempio fatto, a 10), altro è dire che il loro debito si riduce in misura proporzionale alla quota ideale del condebitore venuto meno (ciò che, nel suddetto esempio, legittimerebbe il creditore a pretendere dai condebitori esclusi dalla transazione solo 60)”.
Sicché, sul presupposto che la transazione parziaria non può né condurre ad un incasso superiore rispetto all’ammontare complessivo del credito originario, né determinare un aggravamento della posizione dei condebitori rimasti ad essa estranei, neppure in vista del successivo regresso nei rapporti interni, “il debito residuo dei debitori non transigenti è destinato a ridursi in misura corrispondente all’ammontare di quanto pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito. In caso contrario, se cioè il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al transigente, il debito residuo che resta tuttora a carico solidale degli altri obbligati dovrà essere necessariamente ridotto (non già di un ammontare pari a quanto pagato, bensì) in misura proporzionale alla quota di chi ha transatto, giacché altrimenti la transazione provocherebbe un ingiustificato aggravamento per soggetti rimasti ad essa estranei” (cfr. anche Cass., 20 ottobre 2014, n. 22231).
2.7 Nel caso in esame, la Corte d’appello, nell’escludere che la società Gruppo Cosiac s.p.a. potesse profittare della transazione intervenuta tra la creditrice R.F.I. s.p.a. e le società condebitrici in solido, non ha svolto alcun indagine sul contenuto di tale transazione, né ha spiegato secondo quale criterio, per effetto dell’esecuzione di detta transazione, aveva quantificato il debito residuo gravante sulla società Gruppo Cosiac s.p.a., limitandosi a confermare, sull’errato assunto che la domanda di pagamento non si era affatto basata sull’accordo transattivo, la somma richiesta di Euro 22.610.558,52 e ciò anche a fronte dello specifico rilievo sollevato dalla società Gruppo Cosiac s.p.a. sugli effetti della transazione conclusa, anche tenuto conto della non corrispondenza, quanto alla Astaldi, tra somma pagata e quota di partecipazione, assai inferiore, all’ATI (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).
3. Alla luce delle superiori considerazioni, il ricorso incidentale con il quale la società R.F.I. s.p.a. ha chiesto di esaminare ed accertare la tardività dell’eccezione per intervenuta transazione e di dichiararla inammissibile perché sollevata oltre i termini di cui all’art. 183 c.p.c., in quanto eccezione in senso stretto e proposta solamente con la comparsa conclusionale, mentre la R.F.I. s.p.a. aveva dichiarato, all’udienza di trattazione del 16 ottobre 2007, l’avvenuta stipulazione dell’accordo transattivo, deve ritenersi assorbito.
4. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso principale va accolto, con assorbimento del ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2021
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