Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.11 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 14108/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, nel suo domicilio in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Montipò Trading s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Cacciato, con domicilio presso lo studio Trrvoli & Associati, in Roma, via Marocco n. 18;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia-Milano, n. 7260/22/14 pronunciata il 18 dicembre 2014 e depositata il 29 dicembre 2014, non notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 novembre 2021 dal Consigliere Dott. Fracanzani Marcello Maria;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Troncone Fulvio che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso;

nessuno comparso per le parti, non essendo stata proposta istanza di discussione.

FATTI DI CAUSA

A seguito di controllo automatizzato sui modelli dell’anno 2008, relativi al periodo di imposta 2007, previo avviso di irregolarità, la società contribuente si vedeva notificare cartella D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, con ripresa a tassazione di crediti verso il fisco che erano stati esposti, ma disconosciuti dall’Amministrazione finanziaria. Protestava la parte contribuente indicando la fonte del credito esposto come a lei derivante in seguito a fusione per incorporazione di altra creditrice verso il Fisco.

I gradi di merito erano favorevoli alla parte privata, donde ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidandosi a tre motivi, cui replica con tempestivo controricorso la contribuente, eccependo altresì inammissibilità dell’appello per doppia ratio decidendi della sentenza di primo grado, una delle quali non sarebbe stata impugnata con l’appello erariale.

Il P.G ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Sono proposti tre motivi di ricorso.

1 Con il primo si prospetta doglienza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione dell’art. 132 c.p.c., nonché D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nella sostanza lamentando motivazione omessa o apparente.

Il motivo è fondato.

Dalla lettura della gravata sentenza emerge una sostanziale adesione alla pronuncia di primo grado, senza tuttavia un percorso logico che colleghi gli elementi fattuali, alle doglianze ed ai presupposti di diritto, non riuscendosi ad individuare il percorso logico per il quale la commissione meritale ha ritenuto condivisibile la sentenza di primo grado ed illegittima la ripresa a tassazione.

Ed infatti, per questa Suprema Corte di legittimità, la motivazione per relationem “e’ legittima soltanto nel caso in cui a) si riferisca ad una sentenza che abbia già valore di giudicato tra le parti b) ovvero riproduca la motivazione di riferimento, autonomamente ed autosufficientemente recepita e vagliata nel contesto della motivazione condizionata” (Cass., S.U. n. 14815/2008).

Inoltre, si è affermato che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. La sentenza e’, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. VI – 5, n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; n. 21978/2018). Deve, poi, considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. VI – 5, n. 22022/2017).

A tali principi non si è uniformata la sentenza gravata, donde il motivo è fondato ed assorbente.

2 Con il secondo motivo, infatti si prospetta ancora censura ex art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione dell’art. 112 c.p.c., inerente la corrispondenza fra chiesto e pronunciato, in ordine ad una richiesta di annullamento parziale avanzata dalla contribuente.

Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo.

3 Con il terzo motivo si profila censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 ter, art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c., nella sostanza lamentando la violazione dell’ordine probatorio e del relativo onere. Anche questo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo.

Altresì, per completezza, la censura di inammissibilità del ricorso per asserita mancata impugnazione della seconda ratio decidendi della sentenza di primo grado, resta assorbita e potrà essere oggetto di scrutinio avanti il giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per la Lombardia – Milano, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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