LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17544-2020 proposto da:
R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI, 20, presso lo STUDIO LEGALE DE VIVO PETRACCA PIACCI, rappresentato e difeso dagli avvocati BRUNO PIACCI, MARIAFRANCESCA PAPA, SERGIO PAPA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1060/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 10/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 21/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO BELLE’.
RITENUTO
che:
1. la Corte d’Appello di Napoli, riformando la sentenza di primo grado del Tribunale della stessa città, ha rigettato la domanda formulata da R.A. nei confronti del Ministero dello sviluppo economico, volta ad ottenere la conversione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro a termine intercorsi con l’IPI, Istituto Promozione Industriale, in quanto ritenuto ente pubblico non economico, pur condannando il Ministero, che era succeduto nei rapporti già facenti capo a quell’ente, al risarcimento del danno per abusiva reiterazione dei rapporti a termine;
2. R.A. ha proposto ricorso per cassazione con sette motivi, mentre il Ministero ha resistito con controricorso;
3. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;
5. R.A. ha depositato memoria.
CONSIDERAT che:
1. i primi sei motivi sono tutti destinati, da vari punti di vista, a supportare la tesi in ordine alla natura privatistica dell’IPI, al fine di giustificare l’accoglimento della domanda di conversione a tempo indeterminato dei rapporti a termine illegittimamente reiterati;
2. il tema è sviluppato sotto il profilo dell’assetto degli oneri probatori (primo motivo, in cui si afferma la violazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., nonché degli artt. 115,421,437 c.p.c., e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36), della necessità di migliori acquisizioni istruttorie, anche d’ufficio (secondo motivo, in riferimento agli artt. 421 e 237 c.p.c. – rectius 437 c.p.c. -), dell’omessa valutazione di un fatto decisivo (terzo motivo, in riferimento all’art. 2729 c.c. ed all’art. 360 c.p.c., n. 5, con riferimento allo svolgersi della contrattazione collettiva di IPI secondo le dinamiche dei rapporti di lavoro privati), della diretta violazione delle norme sulla conversione del contratto e degli effetti di essa anche verso il cessionario a qualsiasi titolo dell’organizzazione datoriale (quarto motivo), per difetto di motivazione (quinto motivo) e per violazione dei canoni di interpretazione della legge (sesto motivo, in relazione all’art. 12 preleggi ed in ragione di un’asserita certezza letterale delle norme interessate);
3. rispetto ai predetti motivi vale il principio recentemente affermato da questa S.C., con sentenza alla cui motivazione si fa rinvio anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1, secondo cui il soppresso Istituto di Programmazione Industriale ha natura pubblica e, conseguentemente, al rapporto di lavoro del personale, nell’ipotesi di accertata illegittimità dei termini apposti ai contratti, si applica, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, il divieto di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato (Cass. n. 28060 del 2020);
4. ciò comporta la reiezione delle censure sopra riepilogate;
5. il settimo motivo, munito di una propria autonomia, denuncia la violazione degli artt. 112,324,329 e 342 c.p.c., nonché della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5 (art. 360 c.p.c., n. 3) ed esso contiene l’argomentazione per cui, avendo il Tribunale riconosciuto l’illegittimità dei rapporti a termine, disposto la conversione e condannato al risarcimento del danno in misura pari alle retribuzioni maturate dalla cessazione dell’ultimo rapporto alla sentenza, non poteva poi la Corte d’Appello, motu proprio e cioè in assenza di uno specifico motivo di gravame, liquidare il danno nella misura limitata di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32;
6. il motivo è infondato, in quanto la riforma della sentenza nella parte in cui essa ha ritenuto che l’IPI fosse ente privato comporta necessariamente la caducazione, ai sensi dell’art. 336 c.p.c., degli effetti consequenziali della conversione del rapporto e del risarcimento in misura pari alle retribuzioni perdute, propri dei rapporti privatistici nel regime anteriore alla limitazione del ristoro ai sensi del citato art. 32;
7. pertanto, caducata la qualificazione del rapporto e quanto da essa il Tribunale ha ritenuto di far conseguire, la Corte territoriale non poteva che applicare, alla nuova qualificazione data alla fattispecie, le conseguenze che le erano proprie in tema di ristoro del danno c.d. Eurounitario da reiterazione abusiva di contratti a termine (C., S.U., n. 8072 del 2016);
8. il formarsi dell’orientamento di legittimità su cui si sorregge la reiezione del ricorso solo in epoca successiva all’introduzione dell’impugnazione per cassazione giustifica, stante la novità della questione, la compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del grado.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022
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