Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1822 del 20/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24932-2020 proposto da:

G.C., rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato Teresa Lagreca, con cui elettivamente domicilia presso la Cancelleria della Corte di cassazione.

– ricorrente –

contro

BANCA MALATESTIANA – CREDITO COOPERATIVO S.C.; B.S..

– intimati –

avverso la sentenza, n. cronol. 1565/2020, della CORTE di APPELLO di BOLOGNA, depositata in data 08/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del giorno 11/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. CAMPESE EDUARDO.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 19 dicembre 2013, n. 1713, resa ex art. 281-sexies c.p.c., il Tribunale di Rimini respinse le domande della Banca Malatestiana – Credito Cooperativo S.C. (d’ora in avanti, breviter, Banca) volte ad ottenere: i) la condanna di G.C., in qualità di garante in virtù di una polizza fideiussoria rilasciata in favore della società Rivazzurra s.r.l., al pagamento della somma di Euro 209.217,62; i:) la declaratoria di inefficacia, ex art. 2901 c.c., dell’atto per Notar P.A. di Rimini del 29 marzo 2007, con cui la G. aveva venduto a B.S. il cespite immobiliare ivi compiutamente descritto.

2. Il gravame promosso dalla Banca contro questa decisione è stato parzialmente accolto dalla Corte di appello di Bologna, la quale, con sentenza del 21 aprile/ 8 giugno 2020, n. 1565, nel contraddittorio con la G. ed il B.: i) ha condannato la G. al pagamento, in favore della Banca, della somma di Euro 209.217,62, oltre interessi moratori nei limiti della L. n. 108 del 1996 dalla domanda fino alla estinzione del debito; i) ha respinto il gravame relativamente alla invocata revocatoria ex art. 2901 c.c. del suddetto rogito notarile;

ha dichiarato interamente compensate tra la Banca e la G. le spese del doppio grado di giudizio in ragione della reciproca soccombenza; iv) ha respinto la richiesta di condanna dell’appellata per lite temeraria; v) ha condannato la Banca al pagamento delle spese processuali del grado in favore del B..

2.1. Per quanto qui di residuo interesse, quella corte, nel cui collegio figurava come componente, nonché estensore della resa decisione, un giudice ausiliario, ha considerato sussistente il credito invocato dalla Banca nei confronti della G. facendo proprie le risultanze di una consulenza tecnica di ufficio grafica, effettuata in primo grado, che aveva ricondotto alla suddetta appellata le plurime sottoscrizioni apposte sulla lettera di fideiussione, “a garanzia di qualunque operazione”, datata 12 dicembre 2016, e su di un “documento di sintesi di fideiussione omnibus”, firmato in occasione dell’apertura del c/c n. *****, prodotti dalla Banca.

2. Avverso questa sentenza la G. ricorre per cassazione, affidandosi a quattro motivi. La Banca ed il B. sono rimasti solo intimati.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo, rubricato “Nullità della sentenza dovuta a vizio di costituzione del giudice ex art. 158 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Questione sottoposta alla Corte costituzionale e tuttora pendente. Sospensione del presente giudizio sino all’esito del giudizio incidentale di costituzionalità”, invoca la sospensione di questo procedimento in attesa della decisione della questione di legittimità costituzionale sollevata dalle ordinanze interlocutorie rese da Cass. nn. 32032 e 32033 del 2019, nell’ambito di due giudizi aventi ad oggetto altrettanti ricorsi contro sentenze di corte d’appello emesse da un collegio composto anche da un giudice onorario ausiliario.

1.1. Una siffatta istanza non merita accoglimento posto che la Corte costituzionale, con la recente sentenza del 17 marzo 2021, n. 41, nel dichiarare la incostituzionalità delle norme (D.L. 21 giugno 2013, n. 69, artt. 62,63,64,65,66,67,68,69,70,71 e 72 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, in L. 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui non prevedono che esse si applichino fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dal D.Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, art. 32 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della L. 28 aprile 2016, n. 57.)) che hanno previsto, come magistrati onorari, i giudici ausiliari presso le corti d’appello, ha precisato che queste ultime, tuttavia, potranno continuare ad avvalersi legittimamente dei giudici ausiliari per ridurre l’arretrato fino a quando, entro la data del 31 ottobre 2025, si perverrà ad una riforma complessiva della magistratura onoraria, nel rispetto dei principi costituzionali.

1.1.1. Invero, la Consulta, da un lato, ha opinato che l’art. 106 Cost., secondo cui è possibile la nomina di magistrati onorari “per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli”, permette solo eccezionalmente e temporaneamente che, in via di supplenza, i giudici onorari possano svolgere funzioni collegiali di primo grado, quindi, nei tribunali e non già nelle corti (d’appello o di cassazione). Pertanto, l’istituzione dei giudici onorari ausiliari, destinati, in base alla legge, a svolgere stabilmente e soltanto funzioni collegiali presso le corti d’appello, nelle controversie civili, deve ritenersi in aperto contrasto con l’art. 106 Cost.. Dall’altro, ha ritenuto necessario lasciare al legislatore un sufficiente lasso di tempo che “assicuri la necessaria gradualità nella completa attuazione della normativa costituzionale”. E’ stato così indicato il termine previsto dal D.Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, art. 32, primo periodo, di riforma generale della magistratura onoraria, ossia quello del 31 ottobre 2025. Fino ad allora, la “temporanea tollerabilità costituzionale” dell’attuale assetto è volta ad evitare l’annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le corti d’appello dell’apporto di questi giudici onorari per la riduzione dell’arretrato nelle cause civili.

1.1.2. Non sussiste, dunque, nella specie, il vizio di costituzione del giudice, ex art. 158 c.p.c., come prospettato nella doglianza in esame.

2. Il secondo ed il terzo motivo denunciano, rispettivamente, “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 183 c.p.c., comma 6, e art. 345 c.p.c.. Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia” e “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione delle norme di diritto contrattuali in relazione all’arti. 2697, c.c.”. Essi, da un lato, censurano la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto comunque fondata la “richiesta originaria di pagamento” avanzata dalla Banca nei confronti della G. “stante la piena validità della polizza fideiussoria che obbliga anche l’appellata a garanzia di qualunque operazione”, così disattendendo l’eccezione di inammissibilità degli appellati secondo cui la Banca, nella memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2, e, successivamente, con il secondo motivo di gravame, aveva mutato la sua originaria causa petendi; dall’altro, ascrivono alla medesima decisione di aver violato l’art. 2697 c.c. ponendo a fondamento della propria decisione una errata individuazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio.

2.1. Tali doglianze, scrutinabili con g.mente perché connesse, si rivelano complessivamente inammissibili.

2.2. Invero, il secondo motivo veicola genericamente ed indistintamente vizi eterogenei, in contrasto col principio di tassatività dei mezzi di ricorso per cassazione e con l’orientamento di questa Corte per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (cfr., ex plurimis, Cass. n. 12173 del 2021; Cass. n. 26790 del 2018; Cass. n. 11222 del 2018; Cass. n. 2954 del 2018; Cass. n. 27458 del 2017; Cass. n. 16657 del 2017; Cass. n. 19133 del 2016). La censura motivazionale ivi denunciata, peraltro, nemmeno rispetta i canoni del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (qui applicabile ratione temporis risultando impugnata una sentenza resa l’8 giugno 2020), che onerano la parte ricorrente di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” ed il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti, nonché la sua “decisivitì” (cfr., ex multis, Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 19987 del 2017; Cass. n. 27415 del 2018; Cass. n. 6735 del 2020). In altri termini, il suddetto art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel richiamato testo novellato, riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni (r., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 395 del 2021; Cass., SU, n. 16303 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015), sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr., ex allis, pure nelle loro motivazioni, Cass. n. 4477 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017).

2.3. Entrambi i motivi, poi, recano contestazioni che non sembrano cogliere adeguatamente l’effettiva ratio decidendi, in parte qua, della decisione impugnata (l’esistenza della garanzia prestata dalla G., “per qualunque obbligazione”, in favore della Banca per effetto della polizza fideiussoria recante sottoscrizioni ricondotte alla prima all’esito di c.t.u. grafica) e si rivelano volti ad opporre alla ricostruzione dei fatti definitivamente sancita nella decisione predetta una propria alternativa loro interpretazione, sebbene sotto la formale rubrica di vizio motivazionale e/o di violazione di legge, mirando ad ottenerne una rivisitazione (e differente ricostruzione): ciò non è ammesso, però, nel giudizio di legittimità, che non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 7119 del 2020; Cass. n. 32026 del 2021; Cass. n. 40495 del 2021).

2.4. Le deduzioni, inoltre, difettano di autosufficienza nella misura in cui invocano documenti (contratti di conto corrente; lettere di fideiussione; documenti di sintesi; relazione di c.t.u.), di cui nemmeno viene adeguatamente riportato lo specifico contenuto.

3. Il quarto motivo, infine, denuncia la “Omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alle statuizioni sulle spese ex artt. 91,92 e 96 c.p.c.”. Si assume che la Banca ha omesso di rappresentare sia al Giudice di primo grado che a quello di appello lo stato di recupero del proprio credito nei confronti dei reali fidegaranti o terzi datori di ipoteca e si opina che tale condotta processuale della Banca doveva ponderarsi sia in relazione alla statuizione sulle spese, mantenendo la statuizione di soccombenza della prima già adottata dal tribunale, sia quanto alla invocata temerarietà della sua lite.

3.1. Anche questo motivo è complessivamente insuscettibile di accoglimento posto che: i) menziona circostanze (riguardanti il recupero del proprio credito da parte della Banca nei confronti degli altri suoi garanti) di cui non vi è traccia nella decisione impugnata, senza allegare, come sarebbe stato preciso onere della G., a pena di inammissibilità, non solo l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche in quale specifico atto del giudizio precedente ciò era avvenuto, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. E’ sufficiente ricordare, dunque, che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013). In quest’ottica, il ricorrente ha l’onere di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado Cass. n. 9765 del 2005; Cass. n. 12025 del 2000); i:) la statuizione della corte bolognese circa l’avvenuta compensazione delle spese del doppio grado tra la Banca e la G. è ineccepibile, giusta l’art. 92 c.p.c., stante la reciproca soccombenza accertata da quel giudice, ed altrettanto è a dirsi quanto al rigetto della domanda ex art. 96 c.p.c. della suddetta appellata/odierna ricorrente atteso il parziale accoglimento delle pretese della Banca nei suoi confronti.

4. Il ricorso, dunque, deve essere respinto, senza necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo la Banca ed il B. rimasti solo intimati, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di Chiara G., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472