Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.28 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20535-2018 proposto da:

B.M.L., in proprio e quale procuratrice di B.A., AZIENDA AGRICOLA F.P. S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliati in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato LUIGI MANZI, che li rappresenta e difende assieme all’Avvocato CESARE GLENDI giusta procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrenti-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1347/29/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE TOSCANA, depositata il 29/5/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

RILEVATO

che:

B.M.L., in proprio e quale procuratrice di B.A., nonché l’Azienda Agricola F.P. s.s. propongono ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in sede di rinvio da Cassazione n. 7070 del 2014, aveva parzialmente accolto l’appello erariale proposto avverso la sentenza n. 145/1998 della Commissione Tributaria Provinciale di Massa Carrara che aveva annullato l’avviso di accertamento, con il quale l’Ufficio del Registro di *****, ai fini dell’imposta di registro e dell’INVIM, con riferimento alla costituzione con atto per notar M. del ***** della s.s. Azienda Agricola F.- P., aveva confermato l’apporto di valore in denaro dei soci B.A. e B.M.L., rideterminando invece il valore dell’azienda conferita da parte della de cuius dei suddetti ricorrenti, elevando il valore degli immobili in forza di relazione di stima dell’U.T.E.;

l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato ad unico motivo;

i contribuenti hanno depositato memoria difensiva,

CONSIDERATO

che:

1.1. con il primo motivo i ricorrenti denunciano omessa motivazione, nella sentenza impugnata, per non avere la Commissione Tributaria Regionale preso in alcuna considerazione i rilievi, contenuti nella perizia di parte, che, concernendo elementi non adeguatamente valutati dal CTU nominato in appello, avrebbero dovuto condurre ad una decisione differente;

1.2. la doglianza, laddove in sostanza è denunciata carenza di motivazione della sentenza impugnata in punto di acritica ed inspiegata condivisione delle risultanze della consulenza espletata in secondo grado nonostante le argomentazioni critiche dei ricorrenti, non merita accoglimento;

1.3. la giurisprudenza di legittimità ha infatti affermato che “allorché ad una consulenza tecnica d’ufficio siano mosse critiche puntuali e dettagliate da un consulente di parte il giudice che intenda disattenderle ha l’obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni del proprio consulente, ove questi a sua volta non si sia fatto carico di esaminare e confutare i rilievi di parte” (cfr. Cass., n. 11917 del 2021, Cass. n. 25523 del 2018, Cass. n. 23637 del 2016);

1.4. da ciò si evince che il giudice di secondo grado, pur potendo limitarsi a fare proprie conclusioni del CTU, è tenuto, però, a motivare in ordine alle specifiche critiche della parte all’elaborato dell’ufficio, a meno che lo stesso CTU non abbia preso posizione al riguardo (cfr. Cass., n. 23594 del 2017, Cass. n. 1815 del 2015);

1.5. nella specie, con la perizia di parte erano stati mossi rilievi specifici alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio con riguardo agli accertamenti dal medesimo compiuti senza effettuare alcun sopralluogo, utilizzando “valori agricoli medi”, non applicabili alle aziende agricole in quanto relative alle sole coltivazioni in atto oppure relativi a differenti zone geografiche, nonché alla mancata verifica, mediante accesso agli atti comunali, circa l’effettiva edificabilità delle aree, a cui si riferiva l’atto impugnato;

1.7. nella sentenza impugnata emerge, tuttavia, un critico recepimento delle conclusioni dell’ausiliario, avendo la Commissione Tributaria Regionale dato conto che “i rilievi critici mossi all’elaborato peritale dalla parte contribuente non evidenziano elementi di valutazione sui quali poter fondare la decisione di disattenderne le conclusioni”, il che trova conferma nelle stesse risultanze della c.t.u. (trascritte in ricorso dai ricorrenti), avendo il consulente puntualmente motivato in merito circa l’impossibilità di effettuare il sopralluogo per il lungo periodo di tempo trascorso rispetto all’atto tassato, sull’utilizzo, per la stima, del valore dei terreni agricoli su “parametri macroscopici fonda(ti).. su dati storici certificati disponibili pubblicamente o in letteratura”, risultando preclusa la valutazione della redditività dei terreni agricoli per la valutazione, di un bilancio d’azienda agricola con le ordinarie metodologie analitiche “a causa del lunghissimo periodo trascorso e dell’assenza di scritture” contabili, non fornite dalla parte ricorrente, aggiungendo, infine, che la valutazione dei terreni era stata eseguita con metodo analogico, non esistendo per la provincia di La Spezia (in cui si trovano i terreni per cui è causa) dati storici di riferimento per il periodo temporale in questione;

1.8. a fronte di tale impianto argomentativo, la doglianza circa la mancata valutazione dei rilievi critici alla relazione peritale, sollecita, quindi, di fatto, una rivalutazione delle risultanze istruttorie preclusa nella presente sede;

2.1. con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione di norme di diritto (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51l, e art. 2697 c.c.) e lamentano che la Commissione Tributaria Regionale abbia sopperito alla lacunosità delle prove dell’Ufficio, circa il maggior valore dei terreni conferiti, con la consulenza tecnica d’ufficio;

2.2. la censura va parimenti disattesa in quanto, come riportato nell’avviso di accertamento impugnato, trascritto nelle parti salienti nel controricorso, l’Ufficio si era basato, ai fini della rettifica di valore, su stima UTE, che aveva tenuto conto “dell’ubicazione degli immobili e della loro consistenza e, in relazione all’andamento del mercato, quale risulta(va)… da trasferimenti di beni aventi similari caratteristiche, tenuto conto del tasso medio di capitalizzazione corrente per investimenti di natura analoga”, oltre che su “informazioni sintetiche a fini IRPEF” della società conferitaria e sulla situazione patrimoniale della stessa allegata all’atto di conferimento;

2.3. è onere dell’Amministrazione finanziaria provare, anche in giudizio, l’effettiva sussistenza dei presupposti applicativi del criterio di rettifica indicato nell’avviso di liquidazione (cfr. Cass. n. 6914 del 2011; Cass. n. 11560 del 2016; Cass. n. 11270 del 2017) e, in tale prospettiva, ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova a carico dell’Agenzia, non è sufficiente il semplice riferimento ai valori OMI, poiché questi rappresentano, come si è detto, solo valori di massima e non la prova della pretesa erariale (Cass. n. 14117 del 2018), dovendosi dare rilievo, ad integrazione, ad ulteriori indizi utili a determinare il valore del bene oggetto di accertamento;

2.4. va dunque ribadito che in tema di imposta di registro, poiché dinanzi al giudice tributario l’amministrazione finanziaria è sullo stesso piano del contribuente, la relazione di stima di un immobile, redatta dall’Ufficio tecnico erariale, prodotta dall’amministrazione finanziaria costituisce una semplice perizia di parte, alla quale, pertanto, può essere attribuito il valore di atto pubblico soltanto per quel che concerne la provenienza, ma non anche per quel che riguarda il contenuto; tuttavia, nel processo tributario, nel quale esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, anche la perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente (cfr. Cass. n. 2193 del 2015, Cass. n. 11418 del 2014) 2.5. la Commissione Tributaria ha, dunque, fatto corretta applicazione del suindicato criterio di giudizio, avendo l’Ufficio posto alla base dell’avviso di rettifica la stima dell’Ute, che si era basata sul parametro sintetico comparativo, e fatto inoltre applicazione di criteri di stima analitici-ricostruttivi;

3.1. va infine disattesa anche la censura formulata con il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta, ex art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente, in quanto incomprensibile e insanabilmente contraddittoria, circa la compensazione parziale delle spese di lite tra le parti;

3.2. secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, si è in presenza di una “motivazione apparente” allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice;

3.3. sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero- e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (cfr. Cass. civ. sez. un. n. 16599 del 2015 e Cass. n. 22232 del 2016; Cass. sez. un., n. 8053 del 2014 e Cass. n. 8054 del 2014);

3.4. nella specie, la sentenza impugnata non può dirsi intrinsecamente incomprensibile o contraddittoria sotto il profilo motivazionale, per avere la Corte territoriale disposto tra le parti la compensazione parziale, al 50%, delle spese di lite in virtù della reciproca soccombenza rispetto al ridimensionamento delle pretese dell’Ufficio ed al rigetto dell’eccezione di decadenza formulata dai contribuenti, ponendo la rimanente parte a carico di questi ultimi;

3.5. ne consegue che la motivazione della sentenza impugnata non rientra nelle gravi anomalie argomentative individuate nei summenzionati arresti giurisprudenziali;

4.1. va parimenti respinto il ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate, con cui, sotto l’egida del vizio di violazione di legge (D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 43,51 e 52), si mira invece a sottoporre di nuovo ad esame il giudizio di fatto, inammissibile in sede di legittimità, lamentando, infatti, la controricorrente l’erronea valutazione da parte della Commissione Tributaria Regionale, basatasi sulle risultanze della c.t.u., in merito alla mancanza di potenzialità edificatorie dei terreni in oggetto alla data dell’atto di conferimento;

4.2. laddove l’Agenzia sostiene che “si discuta di terreni edificabili già al momento del conferimento”, e che non si sia tenuto conto dell'”edificabilità di fatto dei terreni”, richiede in sostanza una nuova valutazione in fatto degli elementi probatori su cui si è basata la Commissione Tributaria Regionale, dovendo peraltro evidenziarsi che in ogni caso la ricorrente incidentale neppure indica i fatti omessi, ovvero le specifiche circostanze fattuali che avrebbero consentito, secondo parametri di elevata probabilità logica, una decisione diversa da quella impugnata, limitandosi a generiche argomentazioni difensive ed a richiamare la decisione di rinvio di questa Corte, che aveva tuttavia unicamente fatto riferimento alla natura edificabile “attribuita a taluni cespiti dall’Ufficio”, senza alcun accertamento in merito alla suddetta circostanza;

5. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, vanno respinti sia il ricorso principale che quello incidentale;

6. stante la reciproca soccombenza le spese di lite vanno interamente compensate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale; compensa interamente le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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