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Assegno sociale, stato di bisogno non deve essere incolpevole

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29109 del 06/10/2022

L’Inps può negare l'assegno sociale sul rilievo che l'interessata abbia rinunciato all'assegno di mantenimento a carico del coniuge separato?

Sul tema è intervenuta la Cassazione con l'ordinanza n. 29109 del 6 ottobre 2022.

Nel caso di specie, l'Inps aveva sostenuto che la rinuncia dell'assegno di mantenimento equivale all'ammissione dell'insussistenza dello stato di bisogno.

La Suprema Corte ha invece rilevato che la normativa in materia non prevede che lo stato di bisogno debba essere incolpevole.

L'unico requisito richiesto sulla base della lettera della legge è quello di uno stato di bisogno accertato, caso per caso, non solo per concedere ma anche per mantenere "la tutela di base assistenziale per gli anziani nel nostro Paese".

In sostanza all'assistito è richiesto soltanto di formulare una prognosi riguardante i redditi percepibili in relazione allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della domanda, fermo restando che la corresponsione effettiva dell'assegno dovrà essere parametrata a ciò che di tali redditi risulti "effettivamente percepito".

Assegno sociale, stato di bisogno, comportamento incolpevole, non necessarietà

In tema di assegno sociale, l'art. 3, comma 6, della Legge n. 335 del 1995, non fornisce, nè nella lettera nè nella ratio, alcuna indicazione circa il fatto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole: al contrario, la condizione legittimante per l'accesso alla prestazione assistenziale rileva nella sua mera oggettività (nella specie la Cassazione ha escluso che la semplice mancanza di richiesta dell'assegno di mantenimento al coniuge separato equivalga ad assenza dello stato bisogno).

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Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n. 29109 del 06/10/2022

RILEVATO CHE:

1. la Corte d'appello di Trento ha respinto il gravame proposto da L.A.L. per ottenere il riconoscimento dell'assegno sociale sul rilievo che l'interessata aveva rinunciato all'assegno di mantenimento a carico del coniuge separato e quindi non versasse in stato di bisogno; la medesima Corte ha accolto l'appello incidentale proposto dall'I.N.P.S. per ottenere la restituzione delle somme percepite fino al provvedimento di revoca assunto in autotutela dall'istituto previdenziale;

2. avverso tale pronuncia la L. ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi, mentre l'I.N.P.S. resiste con controricorso;

3. è stata depositata proposta ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO CHE:

1. con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, del L. n. 335 del 8 agosto 1995, art. 3, comma 6, per erronea interpretazione dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno sociale, con particolare riferimento allo stato di bisogno;

2. con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, dell'art. 3, comma 6, della L. 8 agosto 1995, n. 335, e dell'art. 38 Cost., per erronea interpretazione delle disposizioni per la ripetibilità in ipotesi di indebito assistenziale;

3. il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento del secondo motivo, per le medesime ragioni evidenziate con l'ordinanza Cass. Sez. Sez. 6-L, 09/07/2020, n. 14513, nonché, più di recente, con la sentenza Cass. Sez. L, 15/09/2021, n. 24954, pronunciate in fattispecie analoghe a quella oggetto di causa, ed alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c.;

4. in particolare, come già osservato da Cass. Sez. 6-L, n. 14513 del 2020, cit., "La sentenza impugnata deve allora ritenersi erronea anzitutto laddove, in carenza di qualsiasi previsione di legge, ha ritenuto che la semplice mancanza di richiesta dell'assegno di mantenimento al coniuge separato equivalga ad assenza dello stato bisogno ("ammissione di insussistenza delle condizioni di cui al citato art. 3 comma 6 L. 33511995") dando luogo al riconoscimento del proprio stato di autosufficienza economica. (...) Così opinando, la Corte territoriale ha in realtà introdotto nell'ordinamento l'ulteriore requisito (rilevante in generale, a livello dell'astratta disciplina legale, quale conditio iuris,) dell'obbligo del richiedente l'assegno sociale di rivolgersi previamente al proprio coniuge separato; con effetti inderogabilmente ablativi del diritto all'assegno sociale, in caso di inottemperanza; pur nella accertata sussistenza dei requisiti esplicitamente dettati allo scopo dalla legge. Ma senza che la stessa disciplina contenga alcuna indicazione in tale direzione: dal momento che essa non prevede che la richiesta di assegno di mantenimento al coniuge separato possa rilevare né ai fini dell'accesso al diritto, né ai fini della misura dell'assegno sociale. (...) In definitiva la stessa Corte d'appello, invece di dare rilievo allo stato di bisogno effettivo da accertarsi sulla base delle norme di legge (ovvero attraverso la verifica tra la dichiarazione presentata all'atto della domanda e la dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti presentata l'anno successivo), ha attribuito rilevanza ad un reddito presunto di cui nella legge non vi è traccia. Dato che, come risulta dalla menzionata disciplina, la legge prevede, al contrario, come unico requisito, uno stato di bisogno accertato, caso per caso, non solo per concedere ma anche per mantenere la tutela di base assistenziale per gli anziani nel nostro Paese.". Come ulteriormente chiarito da Cass. Sez. L, n. 24954 del 2021, cit., "Non vi e', insomma, né nella lettera né nella ratio dell'art. 3, comma 6, L. n. 335 del 1995, alcuna indicazione circa il fatto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole: al contrario, la condizione legittimante per l'accesso alla prestazione assistenziale rileva nella sua mera oggettività. La previsione secondo cui il reddito rilevante ai fini del diritto all'assegno "e' costituito dall'ammontare dei redditi (...) conseguibili nell'anno solare di riferimento" dev'essere infatti interpretata in stretta connessione con quella immediatamente successiva, secondo cui, come appena ricordato, l'assegno "e' erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato (...) sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti": vale a dire che all'assistito è richiesto soltanto di formulare una prognosi riguardante i redditi percepibili in relazione allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della domanda, fermo restando che la corresponsione effettiva dell'assegno dovrà essere parametrata a ciò che di tali redditi risulti "effettivamente percepito"", aggiungendosi, assai incisivamente, che "tale conclusione s'impone in ragione del fatto che il sistema di sicurezza sociale delineato dalla Costituzione non consente di ritenere in via generale che l'intervento pubblico a favore dei bisognosi abbia carattere sussidiario, ossia che possa aver luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi: basti ricordare che l'art. 3, comma 2, Cost. prefigura un generale impegno a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana; che l'art. 38 enuncia il diritto di ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere al mantenimento e all'assistenza sociale; che l'art. 32, nell'attribuire il diritto alla salute ad ogni individuo, assicura cure gratuite agli indigenti; che l'art. 34 prevede che il diritto allo studio debba essere assicurato in modo che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, possano raggiungere i più alti gradi dell'istruzione; che gli artt. 31 e 37 delineano forme ampie e generalizzate di protezione per la maternità, l'infanzia e la gioventù, di aiuto e sostegno alla famiglia, nell'adempimento dei suoi compiti, e di tutela e garanzia per la madre lavoratrice e l'adolescente lavoratore. Ciò val quanto dire che il rapporto tra prestazioni pubbliche di assistenza e obbligazioni familiari a contenuto latamente alimentare va costruito sempre in relazione alla speciale disciplina che istituisce e regola la prestazione che si considera, alla quale sola bisogna riferirsi per comprendere in che modo sulla sua corresponsione possa incidere la sussistenza di eventuali obbligati al mantenimento e/o agli alimenti: opinare il contrario equivarrebbe appunto a supporre che l'obbligo dello Stato di provvedere ai bisognosi sussiste solo in via sussidiaria, ciò che, escludendo in radice ogni possibilità di libera scelta tra le due forme di protezione, finirebbe per lasciare tali soggetti alla merce' delle vischiosità dei rapporti familiari, impedendo alla collettività di garantirne la personalità, l'autonomia e la stessa dignità, in spregio alla lettera e all'intonazione dei principi costituzionali dianzi ricordati.";

5. pertanto, erroneamente la sentenza impugnata ha rigettato l'appello sul rilievo che la rinuncia all'assegno di mantenimento possa equivalere ad ammissione dell'insussistenza dello stato di bisogno o comunque valga ad escludere la configurabilità del predetto requisito;

6. pertanto, non essendosi la Corte territoriale uniformata all'anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata, e la causa rinviata alla Corte d'appello di Trento, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Trento, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2022

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