Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.3791 del 07/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorsi iscritti rispettivamente al n. 29037/2016 R.G. proposto da:

S.S., e G. Piatti Astucci s.r.l., in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliati in Roma, viale di Villa Massimo n. 33, presso lo studio degli avv.ti Maurizio Benincasa, e Giorgio Sicario, rappresentati e difesi dall’avv. Agrippino Sidoti, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Banco Popolare soc. coop. a r.l., in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via del Consolato n. 6, presso lo studio dell’avv. Massimo Serra, rappresentata e difesa dall’avv. Gian Michele Ugge’, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

G.M.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, Prima sezione civile, n. 3769/2016 del 12 ottobre 2016;

e al n. 23003/2017 R.G. proposto da:

S.S. e G. Piatti Astucci s.r.l., in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliati in Roma, viale di Villa Massimo n. 33, presso lo studio degli avv.ti Maurizio Benincasa, e Giorgio Sicario, rappresentati e difesi dall’avv. Agrippino Sidoti, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Banco BPM S.p.A., in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via del Consolato n. 6, presso lo studio dell’avv. Massimo Serra, rappresentata e difesa dall’avv. Gian Michele Ugge’, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

V.V., elettivamente domiciliato in Roma, via Oslavia n. 14 presso lo studio dell’avv. Nicola Mancuso, rappresentato e difeso dall’avv. Anna Maria Galli, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

G.M.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, Seconda sezione civile, n. 3102/2017 del 5 luglio 2017;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25 novembre 2021 dal Consigliere Dott. Paolo Fraulini.

RILEVATO

CHE:

1. Nel giudizio nrg. 29037/2016 S.S., in proprio e quale legale rappresentante della G. Piatti Astucci s.r.l. ha proposto ricorso in cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la querela di falso proposta in via principale in relazione a due fax datati 11 novembre 2008 e inviati alla Banca Popolare di Lodi con i quali veniva dato ordine di eseguire due operazioni di giroconto per complessivi Euro 348.000,00, la prima dal conto corrente della G. Piatti Astucci s.r.l. a quello di S.S., la seconda dal conto di quest’ultimo a quello della signora G.M..

2. Il giudice di secondo grado ha rilevato che lo S., che ne aveva l’onere, non aveva fornito prova dell’abusivo riempimento dei due fax oggetto di causa, pacifico essendo che la firma su di essi apposta fosse vera, atteso che la testimonianza del teste V., giudicato capace a testimoniare ma inattendibile in quanto avente un ruolo attivo nella vicenda dedotta in lite, non era in alcun modo conducente in tal senso, mentre nessuna dimostrazione che fosse stata l’ex amministratrice della G. Piatti Astucci s.r.l., signora G.M., a disporre l’operazione pretesamente abusiva di riempimento era stata in alcun modo fornita.

3. La Banco Popolare soc. coop. a r.l., medio tempore succeduta alla Banca Popolare di Lodi, ha resistito con controricorso, mentre G.M. è rimasta intimata.

4. Nel giudizio nrg 23003/17 S.S., in proprio e quale legale rappresentante della G. Piatti Astucci s.r.l., ha proposto ricorso in cassazione, affidato a otto motivi, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda di risarcimento dei danni – proposta dagli odierni ricorrenti nei confronti della (allora) Banca Popolare di Lodi e di V.V. (allora dipendente della banca) conseguenti all’illegittimità di due operazioni di giroconto, per complessivi Euro 348.000,00, la prima dal conto corrente della G. Piatti Astucci s.r.l. a quello di S.S., la seconda dal conto di quest’ultimo a quello della signora G.M., per effetto dell’ordine impartito dallo S. con due fax datati 11 novembre 2008 e inviati alla Banca Popolare di Lodi.

5. Il giudice di secondo grado ha rilevato l’assenza di alcuna pregiudizialità tra il presente giudizio e quello avente a oggetto la querela di falso proposta in via principale in relazione ai due ordini di giroconto; ha affermato che oggetto del presente giudizio risarcitorio era il solo profilo dell’abusivo riempimento dei fogli (fax) firmati in bianco dallo S.; che, a tal proposito, quest’ultimo – che ne era onerato – non aveva fornito alcuna prova né dell’avvenuta sottoscrizione da parte sua di fogli in bianco, né del loro successivo abusivo riempimento in assenza di alcun accordo o in contrasto con accordi presi, non essendo conducenti gli indizi valorizzati in tal senso dal giudice di primo grado, né utilizzabile la deposizione testimoniale del V. nel giudizio di falso, stante la sua qualità di parte nel presente giudizio; ha, infine, aggiunto che dalle difese dello S. nel ricorso per sequestro conservativo si evinceva la sua consapevolezza del primo giroconto; da tanto ha dedotto l’infondatezza della domanda originariamente proposta, che ha respinto regolando le spese di lite.

6. La Banco Bpm S.p.A., già Banco Popolare soc. coop. a r.l., a sua volta incorporante la Banca Popolare di Lodi, e V.V. hanno resistito con separati controricorsi, mentre G.M. è rimasta intimata.

7. Vi sono memorie dei ricorrenti.

CONSIDERATO

CHE:

1. Il ricorso proposto al nrg 29037/16 lamenta:

a. Primo motivo: “1 motivo: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 3 (omessa indicazione delle conclusioni del Procuratore generale e della parte appellata che ha determinato l’omessa pronuncia sulla domanda preliminare della parte appellata e sulle conclusioni del Procuratore Generale (art. 112 c.p.c. e art. 277 c.p.c., comma 1)”, deducendo la nullità della sentenza per aver omesso di trascrivere – e quindi di pronunciarsi – sulla domanda formulata dallo S. in appello relativa al passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei confronti di G.M., con conseguente inammissibilità dell’appello formulato dalla banca, che era stata citata in giudizio solo per le possibili conseguenze economiche connesse all’esito della proposta querela di falso.

b. Secondo motivo: “2motivo: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: per la incongruità e la illogicità della valutazione del fatto e illogicità e incongruità nella valutazione degli elementi di prova, violazione dell’art. 116 c.p.c. – assoluta mancanza di trattazione e logica motivazione della omissione degli elementi probatori offerti dal querelante appellato – richiesta di prova non richiesti dalle parti (pag. 9 rigo 10 sent.)”.

2. La controricorrente svolge argomentazioni a sostegno della declaratoria di inammissibilità del ricorso, di cui chiede comunque il rigetto.

3. Il ricorso proposto al nrg 23003/17 lamenta:

a. “Primo motivo: ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per aver deciso su una domanda non posta dalla parte attrice nel giudizio di primo grado che ha instaurato il giudizio da cui il presente ricorso (dichiarazione di genuinità dei due fax dell’11.11.2008)”;

b. “Secondo motivo: art. 360, comma 1, n. 3 violazione degli art. 39 c.p.c., comma 1 e 2 per aver deciso su questioni devolute ad altro giudice, allo stato pendenti”;

c. “Terzo motivo. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5 per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa trattazione, valutazione e decisione in ordine alla domanda proposta in merito alla responsabilità della parte G.M., riconosciuta dal giudice di prime cure (n. 3) e per omesso esame circa un fatto decisivo, quale il comportamento della parte G., che è stato oggetto di discussione tra le parti e per falsa o errata applicazione degli art. 115 e 116 c.p.c. per aver invertito l’onere della prova chiedendo una prova su un elemento negativo (n. 5)”;

d. “Quarto motivo. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5 per violazione degli artt. 1856,1710,1711 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) e omessa trattazione di un fatto rilevante che ha costituito oggetto di discussione nel giudizio di primo e di secondo grado in relazione alla responsabilità del V. e della Banca Popolare Soc. Cooperativa sotto il profilo della culpa in vigilando e della mancanza di autorizzazione a fare trasferimenti di somme a mezzo fax (art. 360 c.p.c., n. 5)”;

e. “Quinto motivo: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 omessa trattazione di un fatto rilevante che ha costituito oggetto di discussione nel giudizio, in relazione al fatto che, non avendo la G. impugnato sul punto la sentenza (Trib. Lodi sent. n. 3161/2013 doc. n. 1), la stessa non poteva essere oggetto di appello da parte della Banca Popolare Soc. Coop. né del V.; trattazione e discussione che, se decise, avrebbero risolto il giudizio”;

f. Sesto motivo: “Per S.S.: Primo motivo: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per avere la Corte di appello omesso di rilevare, discutere e trattare la estraneità della posizione del sig. S.S. dal contesto della responsabilità degli appellanti Banca Popolare Soc. Coop., V. e della contumace G., essendo stata la sua domanda in primo grado rigettata e non appellata e avendo dichiarato di non costituirsi in giudizio per altri se non che per V.; (carenza di legittimazione passiva)”;

g. Settimo motivo: “Secondo motivo: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 falsa applicazione degli art. 91 e 92 c.p.c. per avere condannato S.S. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio nonostante la compensazione del primo grado senza motivazione alcuna, e del secondo grado nonostante che S.S. non fosse titolare del diritto azionato dalla G. Piatti Astucci s.r.l. avanti il Tribunale di Monza”;

h. Ottavo motivo: “Per la Banca Popolare Soc. Cooperativa. Motivo unico. Art. 360. comma 1 per falsa applicazione degli art. 112 c.p.c. e art. 91 c.p.c. per aver rigettato la domanda di S.S., omettendo che la domanda di S.S. era stata già rigettata dal Tribunale di Monza, non impugnata e non riproposta avanti la Corte di appello di Milano (art. 112 c.p.c.); per aver condannato S.S. alla rifusione delle spese del doppio grado del giudizio, omettendo che S.S., in sede di appello, non aveva posto domanda alcuna nei confronti del Banco Popolare Società Cooperativa, e non poteva, pertanto esservi soccombenza.”;

4. I controricorrenti svolgono distinte argomentazioni a sostegno della declaratoria di inammissibilità del ricorso, di cui chiedono comunque il rigetto.

5. Vi sono memorie dei ricorrenti e del Banco Popolare.

6. La Corte ritiene preliminarmente di dover disporre la riunione dei due procedimenti, stante la parziale connessione soggettiva e oggettiva dei due procedimenti.

7. Va esaminato per primo il ricorso nrg 29037/2016, avente a oggetto la querela di falso, proposta in via principale, dei due fax contenenti gli ordini di giroconto, per la sua natura pregiudiziale rispetto al secondo giudizio, avente a oggetto il risarcimento del danno, fondato sul presupposto dell’avvenuto abusivo riempimento dei due citati fax e sulla conseguente illecita disposizione di trasferimento dei fondi.

8. Il ricorso va respinto.

9. Il primo motivo è inammissibile. La denunciata omessa pronuncia sulle domande formulate dal Procuratore generale e dagli appellati, come conseguenza dell’omessa trascrizione nella sentenza di appello delle relative conclusioni, è del tutto generica. Il motivo si limita a riportare le conclusioni finali precisate in appello, quale unico atto esprimente l’eccezione, senza indicare come e in quale atto rinvenibile nel fascicolo essa sarebbe stata illustrata al giudice d’appello, non apparendo di immediata intellegibilità le sole conclusioni espresse al riguardo. Risulta, quindi, carente l’indicazione del fatto processuale, ciò che rende la censura, per conseguenza, priva della specificità richiesta dall’art. 366 c.p.c., senza peraltro alcuna allegazione di atti al ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c. (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 28072 del 14/10/2021; id. Sentenza n. 3845 del 16/02/2018; id. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25299 del 28/11/2014).

10. Il secondo motivo è inammissibile poiché, formalmente proposto come falsa applicazione dei criteri valutativi delle prove, tenta in realtà di far compiere a questa Corte un nuovo e non consentito esame delle prove in questa fase di sola legittimità, in presenza di una motivazione pienamente riconoscibile come tale, che ha esaminato il materiale acquisito agli atti fornendo le ragioni della decisione resa (veridicità delle firme apposte in calce ai due fax, spiegazione alternativa della loro materiale collocazione a distanza dallo scritto, inattendibilità del teste, mancanza di prova dell’abusivo riempimento).

11. Il ricorso rubricato al nrg 23003/2017 va parimenti respinto.

12. Il primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza (vedi pag. 7 del ricorso) perché l’illustrazione della censura non indica specificamente il contenuto dell’atto di citazione e dei successivi atti, così violando le prescrizioni dell’art. 366 c.p.c., che oltretutto non localizza, né allega, così violando le prescrizioni dell’art. 369 c.p.c.

13. Il secondo motivo sarebbe teoricamente fondato, posto che la Corte di appello di Milano, nella sentenza n. 3102/2017, pur affermando di essere ben consapevole della pendenza del giudizio avente a oggetto la querela di falso in via principale relativa ai due fax contenuti gli ordini di giroconto, ha finito – non sospendendo il giudizio innanzi a sé pendente – per pronunciarsi essa stessa sul merito della querela, come fatto palese dalla semplice constatazione che entrambe le sentenze, nei giudizi qui riuntiti, hanno finito per pronunciarsi sulla medesima questione: la sussistenza o meno del riempimento abusivo dei due fax firmati in bianco dallo S.. Ciò che rende evidente che, mentre la sentenza della Corte milanese n. 3769/2016 ha pronunciato sul punto del tutto legittimamente, in quanto tale era l’esclusivo oggetto del giudizio innanzi a sé devoluto, non altrettanto può dirsi per la sentenza n. 3102/2017, che – errando nell’individuazione dei presupposti di applicabilità dell’art. 295 c.p.c. e segnatamente non avvedendosi dell’evidente pregiudizialità della querela di falso rispetto al giudizio risarcitorio innanzi a sé pendente – ha finito per duplicare il giudizio sulla sussistenza o meno dell’abusivo riempimento, sebbene sotto il distinto profilo della valutazione della sussistenza o meno dell’illecito innanzi a sé dedotto; ciò che, all’evidenza, non poteva fare, stante la pendenza del giudizio pregiudicante. Ciò posto, la Corte rileva che l’errore commesso dalla sentenza n. 3102/2017, pur teoricamente sussistente, non è rilevante ai fini della definizione del giudizio, posto che le considerazioni sopra svolte, che hanno condotto alla reiezione del ricorso n. 29037/2016, qui riunito, e quindi alla definitività della declaratoria di validità dei due fax contenenti i due successivi ordini di giroconto, rendono ininfluente la seconda pronuncia, peraltro conforme quanto all’esito, (sent. n. 3102/2017) sul medesimo punto. In conclusione, difetta l’interesse a ricorrere sul punto.

14. Il terzo e il quarto motivo di ricorso, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono in parte infondati e per altra parte inammissibili. Sono infondati laddove lamentano l’omessa pronuncia in relazione alla responsabilità della G. e del V., poiché non vi è stata alcuna omissione, posto che dalla piana lettura della motivazione resa dalla Corte milanese si evince che la domanda risarcitoria è stata respinta nei confronti di tutti gli originari convenuti sul presupposto della mancata dimostrazione del fatto generatore del danno pretesamente risarcibile, ovvero – seppur a vario titolo in relazione ai presunti responsabili – la sussistenza di un’originaria abusività degli ordini di giroconto (i due fax). Una condizione che, evidentemente, andava accertata preliminarmente nella sua sussistenza, prima di scendere ad esaminare il diverso contribuito causale di ciascuno dei concorrenti nella determinazione del fatto dannoso, e il cui negativo esito ha correttamente esonerato la Corte milanese dal proseguire oltre nell’analisi delle singole responsabilità. I due motivi sono, invece, inammissibili laddove lamentano l’omessa valutazione di alcune prove esistenti in atti, sotto il profilo del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per difetto di autosufficienza, perché entrambe le censure non indicano specificamente, anche qui limitandosi a formule ellittiche, in quali atti, e come, la responsabilità dei convenuti G. e degli altri due originari convenuti, distinta dal falso dei due fax, fosse stata dedotta nei termini enunciati nei motivi stessi. Il terzo motivo contiene, poi, anche censure di solo merito, non deducibili in questa sede.

15. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile laddove denuncia un error in procedendo per omesso esame di un fatto processuale sotto il profilo dell’omessa motivazione, mentre avrebbe dovuto semmai dedurre il vizio di nullità della sentenza per conseguenza dell’omissione, a prescindere dalla motivazione (ex multis, Cass. S.U. n. 8077/2012).

16. Il sesto motivo (che i ricorrenti hanno rubricato come primo motivo dello S.), analogamente al quinto motivo è inammissibile laddove denuncia un error in procedendo per omesso esame di un fatto processuale sotto il profilo dell’omessa motivazione, mentre avrebbe dovuto semmai dedurre il vizio di nullità della sentenza per conseguenza dell’omissione, a prescindere dalla motivazione (ex multis, Cass. S.U. n. 8077/2012).

17. Il settimo motivo (che i ricorrenti hanno rubricato come secondo motivo dello S.) è inammissibile perché si duole della mancata conferma della compensazione delle spese, rimessa invece alla discrezionalità del giudice di merito; in relazione, poi, alla lamentata falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., la censura è inammissibile per difetto di autosufficienza in relazione all’indicazione dell’oggetto della domanda formulata dallo S. in primo grado.

18. L’ottavo motivo (che i ricorrenti hanno rubricato come primo motivo per la Banca Popolare Soc. Cooperativa) è parimenti inammissibile per difetto di autosufficienza in relazione all’indicazione dell’oggetto della domanda formulata dallo S. in primo grado.

19. La soccombenza regola le spese della presente fase di legittimità, liquidate come in dispositivo.

20. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi iscritti al e al n. 23003/2017 R.G., li rigetta; condanna S.S. e G. Piatti Astucci s.r.l., in persona del l.r.p.t., in solido tra loro, a rimborsare al Banco Popolare soc. coop. a r.l. le spese di lite di cui alla presente fase di legittimità in relazione al giudizio n. 29037/2016 R.G. che liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; condanna S.S. e G. Piatti Astucci s.r.l., in persona del l.r.p.t., in solido tra loro, a rimborsare al Banco Popolare soc. coop. a r.l. le spese di lite di cui alla presente fase di legittimità in relazione al giudizio n. 23003/2017 R.G. che liquida, in favore di Banco Popolare soc. coop. a r.l. in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge e in favore di V.V. in Euro 6.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022

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