LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30856-2020 proposto da:
M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati CARMELO MOBILIA, LUIGI BAMBACI;
– ricorrente –
contro
GENERALI ITALIA SPA *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVUOR 19, presso lo studio dell’avvocato MICHELE ROMA, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
L.F.B.;
– intimato –
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA POLICLINICO G. MARTINO, domiciliate in Roma, via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende ex lege.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 52/2020 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 30/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CRICENTI GIUSEPPE.
RITENUTO
CHE:
1.- M.S. si è sottoposto ad intervento di protesi per rimediare ad una impotenza coeundi. L’intervento, eseguito dal Dott. L.F., presso l’Azienda ospedaliera “Policlinico G. Martino” di Messina, ha comportato disagio psichico e danni alla salute, secondo il ricorrente riferibili alla colpevole condotta del sanitario, che unitamente alla azienda citata in giudizio, ha ottenuto la chiamata in causa delle Assicurazioni Generali obbligate alla manleva.
Il ricorrente ha contestato al sanitario di avere installato una protesi non idonea (di tipo meccanico anziché idraulico) e di non essere stato informato adeguatamente delle conseguenze dell’una rispetto all’altra protesi.
2.-Il giudice di primo grado ha ritenuto violato il diritto al consenso informato, ed ha liquidato per tale violazione un risarcimento di 5 mila Euro; ha ritenuto errata la scelta del tipo di protesi, ed ha liquidato il danno consistente nella spesa per sostituirla; ha ritenuto infine un danno psichico derivante dalla installazione della protesi errata, liquidandolo come da tabella.
Il giudice di appello è stato adito solo sulla questione della gravità del danno subito, vale a dire della procurata impotenza, invece esclusa in prima grado, in quanto ritenuta già eistente, e sulla quantificazione del danno psichico.
L’appello è stato accolto solo su quest’ultima censura.
3.-Ricorre il M. con un motivo. Le Assicurazioni Generali si sono costituite con controricorso. Il ricorrente deposita memoria.
CONSIDERATO
CHE:
Va preliminarmente disattesa l’istanza di sospensione del giudizio.
Il ricorrente con la memoria ha depositato alcune denunce querele, che avrebbero dato avvio ad un procedimento penale, che lo stesso ricorrente ritiene pregiudiziale rispetto a questo giudizio, di cui conseguentemente chiede la sospensione, istanza rispetto alla quale va solo, a prescindere dalla mancanza di ragioni da cui dedurre quella pregiudizialità, ribadito il diverso ambito applicativo dell’art. 295 c.p.c..
4.-L’unico motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 2059 c.c. per il mancato riconoscimento del danno da perdita della chance e del danno esistenziale.
La questione posta dal ricorrente è la seguente.
Non è fondato, come accertato dai giudici di merito, e da quello di appello di conseguenza, che egli fosse già impotente: non lo era, ma lo è diventato a causa della errata protesi. Con la conseguenza che la liquidazione del danno avrebbe dovuto tener conto di questo pregiudizio, ed avrebbe altresì dovuto considerare le ripercussioni esistenziali della procurata impotenza, oltre che la perdita di chance. La Corte di Appello non ha tenuto conto dei numerosi elementi-documentazione, pareri medici, indizi- da cui risultava che egli non era impotente sin da prima dell’intervento.
5.-Il motivo è inammissibile.
6.-In realtà, il motivo domanda un nuovo accertamento di un fatto, già compiuto dal giudice di merito che, a pagina 10, confermando il primo grado, esclude che vada messo in discussione il preesistente stato di impotenza.
Il ricorrente contesta questo accertamento con argomenti che presuppongono una diversa valutazione degli elementi di causa in base ai quali si è giunti a quella conclusione: diversa valutazione che però è preclusa qui, salvo che sotto il profilo del difetto di motivazione, che però non risulta prospettato.
L’inammissibilità di una rivalutazione del fatto- se vi fosse o meno preesistente impotenza- impedisce di conseguenza di scrutinare il motivo anche sotto il profilo del danno asseritamente non risarcito: quello esistenziale e quello da perdita di chance. Entrambi i pregiudizi, infatti, a prescindere dalla loro astratta risarcibilità- sono prospettati come conseguenti alla procurata impotenza, ossia al fatto che si dovrebbe affermare come contrario a quello accertato dal giudice di merito.
In ogni caso, pur riqualificando il motivo quale denuncia di vizio motivazionale, lo stesso sarebbe inammissibile ai sensi dell’art. 348 – ter c.p.c. per essere la decisione di appello fondata, in ordine all’oggetto del motivo di censura, sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione di primo grado.
7.-Il ricorso va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore di Generali Ass.ni della somma di 3000,00 Euro per spese legali, oltre 200,00 Euro per spese generali, nonché della somma di 2200,00 Euro, oltre spese prenotate a debito nei confronti dell’Azienda Ospedaliera, Policlinico G. Martino.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Dispone che in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle persone fisiche riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022