LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 255-2020 proposto da:
M.Y., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II, 4, presso lo studio dell’avvocato MARIA ROSARIA FARINA, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO COSEANO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – DIPARTIMENTO PER LE LIBERIA’ CIVILI E L’IMMIGRAZIONE – UNITA’ DUBLINO -, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. 23631/2019 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 18/09/2019 R.G.N. 52834/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/09/2020 dal Consigliere Dott.ssa LEO GIUSEPPINA.
RILEVATO
CHE:
1. il Tribunale di Roma, con decreto pubblicato in data 18.9.2019, ha rigettato il ricorso proposto da M.Y., cittadino pakistano, avverso il provvedimento con il quale il Ministero dell’Interno-Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione-Direzione Centrale dei Servizi civili per l’immigrazione e l’asilo-Unità Dublino ha disposto il suo trasferimento in Germania, osservando che “il provvedimento evidenzia chiaramente che la domanda di ripresa in carico è stata presentata alla Germania ai sensi dell’art. 18 comma 1 lett. b) e che la Germania si è dichiarata competente” ai sensi della predetta norma; ed altresì che il rigetto si impone “perché non vi è contezza alcuna che sulla precedente domanda di protezione del ricorrente sia stato emesso un provvedimento definitivo di diniego, e pertanto la domanda non può essere esaminata, né vi sono elementi di sorta che consentano di ritenere la Germania paese interessato da gravi carenze sistemiche”;
2. per la cassazione del decreto M.Y. ha proposto ricorso articolando due motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato tardivamente un “Atto di costituzione” al solo fine di “una eventuale partecipazione all’udienza di discussione”;
3. il P.G. non ha formulato richieste.
CONSIDERATO
CHE:
1. con il primo motivo si deduce la “violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 161 c.p.c. con riferimento al mancato esame e alla omessa decisione sulle eccezioni e sulle questioni dedotte dal ricorrente”, e si lamenta, in particolare, che il Tribunale di Roma non avrebbe esaminato la questione sollevata dal richiedente relativa al grave pericolo cui sarebbe esposto in caso di rimpatrio, “circostanza ineludibile in caso di trasferimento in Germania, atteso che era stato allontanato dal campo per richiedenti asilo a seguito del rigetto della domanda di protezione internazionale con conseguente applicabilità della procedura di trasferimento dell’art. 33 della Convenzione di Ginevra”;
2. con il secondo motivo si denuncia la “violazione o falsa applicazione dell’art. 11 della Direttiva 2013/32/UE, rubricato Criteri applicabili alle decisioni dell’autorità accertante, attuata in Italia con D.Lgs. n. 142 del 2015, nonché dell’art. 17Regolamento UE 604/2013, con riferimento all’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nonché agli artt. 1, 2 e 4 CEDU, nonché violazione o falsa applicazione dell’art. 33 della convenzione di Ginevra e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, nonché del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nella formulazione vigente ratione temporis alla data di presentazione della domanda, violazione falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in tema di ripartizione dell’onere della prova”;
3. i motivi possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione e perché affetti dai medesimi vizi che conducono ad un pronunzia di inammissibilità, in quanto del tutto privi di autosufficienza, non avendo il ricorrente offerto alcun elemento a sostegno dei propri assunti, in particolare in ordine “al grave pericolo cui sarebbe esposto nel Paese di origine nel caso in cui dalla Germania fosse rimpatriato” o al motivo per il quale “era stato allontanato dal campo per richiedenti asilo”; e ciò, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, del codice di rito (cfr., tra le altre, Cass. nn. 10551/2016; 23675/2013; 1435/2013); per la qual cosa, questa Corte non è stata messa in grado di poter apprezzare la veridicità delle doglianze svolte dal ricorrente;
4. pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;
5. nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio, non essendo stata svolta attività difensiva dal Ministero intimato;
6. avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali (cfr. Cass., SS.UU. n. 4315/2020) di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, secondo quanto specificato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022