Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.4573 del 11/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 29144 del ruolo generale dell’anno 2018, proposto da:

A.S., (C.F.: *****);

A.D., (C.F.: *****);

A.L., (C.F.: *****);

A.F., (C.F.: *****);

B.F., (C.F.: *****);

B.P., (C.F.: *****);

B.E., (C.F.: *****);

C.A., (C.F.: *****);

C.L.N., (C.F.: *****);

C.F.S., (C.F.: *****);

C.F., (C.F.: *****);

C.A., (C.F.: *****);

C.G.E.L., (C.F.: *****);

C.A., (C.F.: *****);

C.B., (C.F.: *****);

C.F., (C.F.: *****);

C.V.D., (C.F. *****);

C.F., (C.F.: *****);

D.D., (C.F.: *****);

D.G., (C.F.: *****);

D.F.G., (C.F.: *****);

D.N.F., (C.F.: *****);

D.P.M., (C.F.: *****);

D.A., (C.F.: *****);

F.A., (C.F.: *****);

F.A., (C.F.: *****);

F.P.F., (C.F.: *****);

G.R., (C.F.: *****);

G.P.G., (C.F.: *****);

G.N., (C.F.: *****);

I.S., (C.F.: *****);

I.C., (C.F.: *****);

L.P., (C.F.: *****);

L.Q.L., (C.F.: *****);

L.S., (C.F.: *****);

L.G., (C.F.: *****);

L.G., (C.F.: *****);

L.G. (C.F.: *****) rappresentati e difesi, in virtù di procure allegate in calce al ricorso, dall’avvocato Marco Tortorella (C.F.: *****);

– ricorrenti –

nei confronti di:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore (C.F.: *****);

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore (C.F.:

*****);

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore (C.F.: *****);

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore (C.F.: *****);

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.:

*****);

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1647/2018, pubblicata in data 14 marzo 2018;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2022 dal Consigliere TATANGELO Augusto.

FATTI DI CAUSA

I medici indicati in epigrafe quali ricorrenti, deducendo di non avere ricevuto la remunerazione prevista dalle Direttive CEE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 per la frequenza di corsi di specializzazione universitaria, hanno agito in giudizio nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata attuazione delle suddette direttive comunitarie.

Le loro domande (ad esclusione di quella proposta da B.E., accolta) sono state rigettate dal Tribunale di Roma.

La Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado.

Avverso tale decisione ricorrono i medici indicati in epigrafe quali ricorrenti, sulla base di quattro motivi.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze resistono con unico controricorso.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis 1 c.p.c..

I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie, nonché degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE; dell’art. 10 Cost.; delle Dir CEE 82/76, 75/363, e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000; Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDI” degli artt. 1,10,11 e 12 Prel. c. c. e degli artt. 2934,2935 e 2938 c.c., del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6, (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191) nonché della L. n. 370 del 1999, art. 11. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, relativamente a un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione ai nn. 3, 4 e 5 dell’art. 360 c.p.c. ed all’art. 395c.p.c. ed art. 112 c.p.c.”.

Il motivo di ricorso in esame riguarda tutti i ricorrenti ad eccezione di B.E., avendo oggetto la questione relativa alla prescrizione dei diritti fatti valere in giudizio dagli attori, prescrizione accertata e dichiarata nel giudizio di merito per tutti i ricorrenti ad eccezione, appunto, della B..

Le censure sono manifestamente infondate e, come tali, inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1.

La decisione impugnata e’, infatti, sul punto pienamente conforme ai consolidati principi di diritto affermati in materia da questa Corte (che il ricorso non offre ragioni per rimeditare), secondo i quali “il diritto al risarcimento del danno da tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno – realizzata solo con il D.Lgs. n. 257 del 1991 – delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, si prescrive, per coloro i quali avrebbero potuto fruire del compenso nel periodo compreso tra il 1 gennaio 1983 e la conclusione dell’anno accademico 1990-1991, nel termine decennale decorrente dalla data di entrata in vigore (27 ottobre 1999) della L. n. 370 del 1999, il cui art. 11 ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore di quanti, tra costoro, risultavano beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo” (cfr., tra le più recenti: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 1589 del 24/01/2020, Rv. 656585 – 01; Sez. 6 3, Ordinanza n. 16452 del 19/06/2019, Rv. 654419 – 01; in precedenza: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10813 del 17/05/2011, Rv. 617338; tra le molte successive conformi: Sez. 3, Sentenza n. 10814 del 17/05/2011, Rv. 617341; Sez. 3, Sentenza n. 17350 del 18/08/2011, Rv. 619125; Sez. 3, Sentenza n. 17682 del 29/08/2011, Rv. 619542; Sez. 3, Sentenza n. 1917 del 09/02/2012, Rv. 621204; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 1156 del 17/01/2013, Rv. 625214: Sez. 3, Sentenza n. 16104 del 26/06/2013, Rv. 626903; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 17066 del 20/03/2014, Rv. 630184; Sez. 3, Sentenza n. 23199 del 15/11/2016, Rv. 642976 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 13758 del 31/05/2018, Rv. 649044 – 01).

2. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie, degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE; delle Dir CEE 82/76, 75/363, e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000; degli artt. 2,3,10 e 97 Cost.; del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191) e della L. n. 370 del 1999, art. 11 – Violazione o falsa applicazione del REGCE 03/05/1998 n. 974/98, (in G.U.C.E. 11 maggio 1998, n. L 139) e REGCE 31 dicembre 1998, n. 2866/982, (in G.U.C.E. 31 dicembre 1998, n. L539); degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c., della L. n. 370 del 1999, art. 11 e del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Con il terzo motivo si denunzia “Violazione o falsa applicazione degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c., della L. n. 370 del 1999, art. 11 e del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Con il quarto motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie, degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE; delle Dir CEE 82/76, 75/363, e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000; degli artt. 2,3,10 e 97 Cost.; Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU (diritto al rispetto dei beni); del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191) e della L. n. 370 del 1999, art. 11, – Violazione o falsa applicazione del REGCE 03/05/1998 n. 974/98, (in G.U.C.E. 11 maggio 1998, n. L 139) e REGCE 31 dicembre 1998, n. 2866/982, (in G.U.C.E. 31 dicembre 1998, n. 1539); degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c. della L. n. 370 del 1999, art. 11 e del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.”.

Il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso hanno tutti ad oggetto l’importo liquidato dalla corte di appello a titolo risarci-torio, sono logicamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente.

Essi restano assorbiti, in conseguenza del mancato accoglimento del primo motivo del ricorso, per tutti i ricorrenti, ad eccezione di B.E.; sono comunque, anche per la posizione di quest’ultima, manifestamente infondati e, come tali, anch’essi inammissibili, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1.

La sentenza impugnata viene censurata per non aver riconosciuto: a) quale danno conseguente alla mancata corresponsione dell’equa remunerazione dovuta per la frequenza dei corsi di specializzazione, il compenso previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991 per gli specializzandi iscritti ai corsi istituiti a partire dall’anno accademico 1991/92 (pari a Lire 21.500.000 per ciascun anno di frequenza del corso) invece dell’importo previsto dalla L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11 (pari a Lire 13.000.000, ovvero Euro 6.713,94, per ciascun anno di frequenza del corso); b) il diritto agli interessi compensativi ed alla rivalutazione monetaria sulle somme riconosciute a titolo di danno. Tali pretese sono manifestamente infondate.

I ricorrenti deducono infatti di avere frequentato corsi di specializzazione iniziati in anni accademici anteriori al 1991/92, e/o comunque non soggetti alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991.

La decisione impugnata, nel liquidare il danno conseguente al mancato riconoscimento dell’equa remunerazione dovuta per la frequenza dei suddetti corsi di specializzazione, risulta dunque conforme al costante orientamento di questa Corte (che il ricorso non offre motivi per rimeditare) secondo cui “in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, deve ritenersi che il legislatore – dettando la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, con la quale ha proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo delle citate direttive – abbia palesato una precisa quantificazione dell’obbligo risarcitorio da parte dello Stato, valevole anche nei confronti di coloro i quali non erano ricompresi nel citato art. 11; a seguito di tale esatta determinazione monetaria, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione avente natura di debito di valuta, rispetto alla quale – secondo le regole generali di cui agli artt. 1219 e 1224 c.c., – gli interessi legali possono essere riconosciuti solo dall’eventuale messa in mora o, in difetto, dalla notificazione della domanda giudiziale” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1917 del 09/02/2012, Rv. 621205; conformi, tra le tante: Sez. 3, Sentenza n. 17682 del 29/08/2011, Rv. 619541; Sez. 3, Sentenza n. 21498 del 18/10/2011, Rv. 620244; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 1157 del 17/01/2013, Rv. 625215; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23635 del 06/11/2014, Rv. 633541; Sez. 1, Sentenza n. 2538 del 10/02/2015, Rv. 634216; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14376 del 09/07/2015, Rv. 636004).

Il suddetto indirizzo, con riguardo all’importo dovuto a titolo risarcitorio, è stato di recente confermato e ribadito dalle stesse SS.UU. di questa Corte, le quali hanno espressamente chiarito che “in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, deve ritenersi che il legislatore, con l'”aestimatio” del danno effettuata dalla L. n. 370 del 1999, art. 11, abbia proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo valevole anche nei confronti di coloro non ricompresi nel citato art. 11, a cui non può applicarsi del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, in quanto tale decreto, nel trasporre nell’ordinamento interno le direttive in questione, ha regolato le situazioni future con la previsione, a partire dall’anno accademico 1991/1992, di condizioni di frequenza dei corsi diverse e più impegnative rispetto a quelle del periodo precedente” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 30649 del 27/11/2018, Rv. 651813 – 02). In tale decisione viene altresì precisato, quanto al criterio di liquidazione del danno nella misura dell’importo previsto dalla L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, invece che di quella del compenso previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, che “la C.G.U.E., tanto nella sentenza del 25/2/1999 quanto nella (in gran parte reiterativa) recente sentenza del 24/1/2018, non ha incluso tra i principi interpretativi vincolanti alcun riferimento all’una o all’altra delle due fonti normative interne sopra richiamate, avendo piuttosto rimesso al giudice nazionale la determinazione della misura dell’indennizzo”, il che esclude che sussistano i presupposti per rimettere la questione interpretativa alla stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Sono, d’altronde, da ritenere del tutto inammissibili le censure di vizi di motivazione avanzate ai sensi della formulazione abrogata dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non applicabile nella fattispecie, in ragione della data di pubblicazione della sentenza impugnata.

3. Il ricorso è dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dell’amministrazione controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 12.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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