LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –
Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10593-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO DI DONO 3/A, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO MOZZI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIORGIO TEDESCO;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 2032/2015 della COMM. TRIB. REG.
EMILIA-ROMAGNA, depositata il 18/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/07/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.
RILEVATO
che:
L’Agenzia delle entrate ha chiesto la cassazione della sentenza n. 2032/09/2015, emessa dalla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna. Il contenzioso trae origine dalla notifica di due atti di irrogazione di sanzioni, comminate a M.D. ai sensi del D.L. 28 giugno 1990, n. 167, art. 4, commi 1 e 2, e art. 5, commi 4 e 5, convertito in L. 4 agosto 1990, n. 227. A seguito di verifica fiscale alla contribuente venivano rilevate violazioni inerenti l’omessa compilazione del quadro RW delle dichiarazioni dei redditi relative agli anni 2006 e 2007. Ciò in riferimento alla indicazione delle consistenze detenute all’estero (sanzionato dal D.L. n. 167 del 1990, art. 5, comma 4) e ai trasferimenti da e per l’estero (sanzionato dal D.L. n. 167 del 1990, art. 5, comma 5). In particolare era risultato che la contribuente aveva omesso di dichiarare consistenze all’estero per l’anno 2006 pari ad Euro 5.842.000,00, e, per lo stesso anno, di dichiarare il trasferimento all’estero della medesima somma. Ciascuna di queste omissioni era sanzionata nella misura dal 5% al 25% dell’importo omesso in dichiarazione. Per l’anno 2007 aveva omesso di dichiarare operazioni di trasferimento all’estero e dall’estero del complessivo importo di Euro 47.075.600,00. L’Agenzia delle entrate, facendo propri i risultati delle verifiche, irrogò per le due annualità sanzioni pecuniarie nella misura del 10% delle omesse dichiarazioni.
Seguì il contenzioso, contestando la M. l’obbligo della compilazione delle sezioni del quadro RW, e comunque invocando la disapplicazione delle sanzioni per obiettiva condizione di incertezza interpretativa della norma.
La Commissione tributaria provinciale di Ravenna, con la sentenza n. 156/02/2012, accolse parzialmente il ricorso, confermando l’impianto accusatorio ma riducendo la sanzione al 5% degli importi non dichiarati.
La pronuncia fu appellata da entrambe le parti, ciascuna per quanto soccombente, dinanzi alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna. Nelle more del giudizio intervenne la L. 6 agosto 2013, n. 97, che, modificando il precedente quadro sanzionatorio, abrogò la fattispecie sanzionata dal D.L. n. 167 del 1990, art. 5, comma 5, e ridusse la sanzione pecuniaria già prevista dal medesimo D.L., art. 5, comma 4, (rideterminandola nel più modesto importo tra il 3% ed il 15%). L’Amministrazione finanziaria in autotutela annullò totalmente l’atto di contestazione relativo all’anno 2007 e ridusse nella misura del 3% la sanzione irrogata per l’anno 2006.
Con la decisione ora al vaglio della Corte il giudice d’appello ha accolto integralmente il ricorso introduttivo della contribuente. La Commissione, dopo aver preso atto della cessazione della materia del contendere relativamente al 2007, quanto all’atto di contestazione relativo al 2006 ha rilevato un contrasto inconciliabile tra la motivazione del provvedimento sanzionatorio ed il suo dispositivo. In particolare, mentre nella parte motiva erano contestate entrambe le violazioni, sanzionate ai sensi del D.L. n. 167 del 1990, art. 5, commi 4 e 5, nel dispositivo era comminata la sola sanzione prevista dal comma 5 cit. (peraltro abrogata con la Legge Europea del 2013). Ha inoltre rilevato la “palese incertezza” sulla violazione per la quale era stata irrogata la sanzione.
L’Agenzia delle entrate ha censurato la sentenza con due motivi, chiedendone la cassazione, cui ha resistito la controricorrente, che a sua volta ha spiegato ricorso incidentale affidato a due motivi.
Nell’adunanza camerale del 9 luglio 2021 la causa è stata trattata e decisa sulla base degli atti depositati dalle parti.
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo l’Amministrazione finanziaria ha denunciato la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 167 del 1990, art. 5, degli artt. 1366 e 1367 c.c., nonché del D.P.R. 29 settembre 1973, art. 42, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver ritenuto erroneamente che vi fosse un inconciliabile contrasto tra motivazione e dispositivo;
con il secondo motivo, condizionato, lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver considerato tutti gli elementi indicati nella motivazione dell’atto, da cui era agevole evincere che l’incongruenza del dispositivo era superabile, trattandosi di un mero errore di digitazione della violazione contestata e sanzionata.
Esaminando preliminarmente le eccezioni di inammissibilità del ricorso principale sollevate dalla difesa della contribuente, esse vanno tutte rigettate.
Va rigettata l’eccezione relativa alla violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per l’utilizzo della tecnica dell’assemblaggio degli atti difensivi nella redazione del ricorso. Va qui ribadito il principio di diritto affermato da questa Corte, secondo cui, se è vero che, in tema di ricorso per cassazione, la tecnica di redazione mediante integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un’esposizione dei fatti non sommaria, in violazione del citato art. 366 c.p.c., e comporta un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza sanzionabile con l’inammissibilità, tale vizio può ritenersi superato quando il coacervo dei documenti integralmente riprodotti, se facilmente individuabile ed isolabile, può essere separato ed espunto dall’atto processuale. In tal modo infatti è recuperata l’autosufficienza, rendendo conformi al principio di sinteticità il contenuto e le dimensioni globali del ricorso, secondo gli ordinari criteri ed in relazione ai singoli motivi (Cass., 18/09/2015, n. 18363; Cass. 19/05/2017, n. 12641). Ne consegue anche l’infondatezza della quarta ragione di inammissibilità formulata dalla contribuente.
E’ infondata anche la denuncia di inammissibilità del ricorso per aver preteso di giustificare l’apparente incongruenza del provvedimento irrogativo delle sanzioni, sostenendo trattarsi di mero errore materiale, questione mai prospettata nelle precedenti fasi del processo. La difesa dell’Agenzia delle entrate non incide affatto sull’oggetto della controversia in riferimento alla causa petendi ed al petitum, che restano identici. Va in particolare rammentato che il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicché sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche le nuove questioni di diritto, qualora queste postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità (cfr. Cass., 12/06/2018, n. 15196). Nel caso di specie si tratta solo di una spiegazione offerta, proprio a contrasto di quanto sostenuto nella sentenza censurata, che non solo non assume alcun carattere di novità rispetto all’oggetto del contendere, ma non implica alcuna novità sotto il profilo giuridico, men che meno implica indagini o accertamenti in fatto. Per le stesse motivazioni è da respingere la denuncia di inammissibilità perché si tratterebbe di una nuova ricostruzione dei fatti operata dalla difesa erariale (sesta ragione di inammissibilità).
Parimenti infondata è l’eccepita inammissibilità del primo motivo di ricorso sotto i profili del tentativo di rinnovazione del giudizio in fatto e della carenza di specificità. L’Amministrazione finanziaria ha criticato la pronuncia impugnata per erronea applicazione delle norme giuridiche invocate, e in particolare per presunta prevalenza del contenuto del dispositivo rispetto alla motivazione dell’atto amministrativo. A prescindere dalla fondatezza del motivo, esso risulta formulato correttamente e con sufficienza espositiva.
E’ invece fondata la settima questione proposta dalla contribuente in riferimento alla inammissibilità del primo motivo di ricorso.
Con tale motivo l’Amministrazione finanziaria ha denunciato la violazione del D.L. n. 167 del 1990, art. 5, così come le regole di interpretazione del contratto secondo buona fede, e di conservazione del contratto, applicabili anche agli atti amministrativi.
Sennonché, come ha evidenziato la difesa della contribuente, la decisione del giudice regionale era fondata su una doppia ratio, quella, censurata dall’Agenzia delle entrate, dell’errore di diritto, e quella, neppure considerata in ricorso, dell’inapplicabilità del regime sanzionatorio per incertezza interpretativa della disciplina.
Nella sentenza il giudice regionale, esponendo i fatti, ha riportato che la M. aveva contestato già con il ricorso introduttivo l’illegittimità delle sanzioni perché non vi era l’obbligo di compilazione del quadro RW. In ogni caso aveva invocato la disapplicazione delle medesime per “la sussistenza di una obiettiva condizione di incertezza sulla interpretazione della norma” (in applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10). Nell’esplicitare le ragioni di accoglimento dell’appello della contribuente il giudice regionale, dopo aver rilevato il contrasto inconciliabile tra motivazione e dispositivo, ha aggiunto, alla pag. 5 della pronuncia, che “in ogni caso vi sarebbe una palese incertezza sulla violazione in conseguenza della quale è stata irrogata la sanzione, ragion per cui l’atto di contestazione per l’anno d’imposta 2006 deve comunque essere annullato integralmente”. Sebbene stringata, la decisione evidenzia una seconda ragione, invocata dalla contribuente e accolta dal giudice regionale, per la quale l’appello è stato accolto.
Ebbene, questa Corte ha affermato che la sentenza basata su due distinte rationes decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, impone al ricorrente l’onere di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso (Cass., 13/07/2005, n. 14740; Cass. 6/07/2020, n. 13880; cfr. anche Cass. 18/04/2019, n. 10815; Cass. 14/08/2020, n. 17182).
Nel caso di specie la pronuncia è stata fondata su distinte ed autonome rationes decidendi, di cui solo la prima è stata impugnata dall’Amministrazione. Con l’effetto che risulta comunque consolidata l’autonoma motivazione non censurata, cui consegue l’inammissibilità del ricorso per cassazione (cfr. Cass., 13/06/2018, n. 15399).
Il secondo motivo resta assorbito dall’esito della valutazione del primo.
Con il ricorso incidentale la M.D. ha denunciato:
con il primo motivo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, e dell’art. 92 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver disposto la compensazione delle spese processuali, erroneamente interpretando le “gravi ed eccezionali ragioni” nella formulazione vigente ratione temporis;
con il secondo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., commi 1 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la condotta processuale tenuta dall’Ufficio e la sua responsabilità aggravata, anche ai sensi dell’art. 91 c.p.c..
Entrambi i motivi sono infondati.
Quanto al primo, il giudice regionale ha motivato la compensazione valorizzando la circostanza che solo nelle more del giudizio è intervenuta la Legge Europea del 2013, che ha abrogato la violazione prevista dall’art. 4 comma 2, sanzionata dalla L. n. 167 del 1990, art. 5, comma 5, riducendo la sanzione per la fattispecie prevista dall’art. 4 comma 1, sanzionata dalla L. 167 del 1990, art. 5 comma 4. Si tratta dunque di una valutazione, riservata al solo giudice di merito, che ha messo in rilievo la relazione tra intervento legislativo posteriore alla instaurazione del giudizio, incidente sulla sanzionabilità della condotta, e formale soccombenza.
Quanto al secondo, il motivo è privo di autosufficienza, poiché manca ogni riscontro del tempo trascorso tra l’intervento legislativo sopraggiunto, favorevole alla contribuente, e l’effettiva ripetizione delle somme già versate dalla contribuente per le sanzioni irrogate.
La reciproca soccombenza delle parti nei ricorsi spiegati giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso principale; rigetta quello incidentale. Compensa le spese di causa. Con riguardo al rigetto del ricorso incidentale del contribuente, ai sensi D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13, se dovuto. Con riferimento al rigetto del ricorso principale dell’Agenzia delle entrate, risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022
Codice Civile > Articolo 1366 - Interpretazione di buona fede | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1367 - Conservazione del contratto | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 3 - (Omissis) | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 91 - Condanna alle spese | Codice Procedura Civile