LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12957-2020 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato CLEMENTINA PULLI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati MANUELA MASSA, PATRIZIA CIACCI;
– ricorrente –
Contro
R.M.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 562/2019 del TRIBUNALE di LAMEZIA TERME, depositata l’11/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. BUFFA FRANCESCO.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 11.11.19, il tribuinale di Lamezia Terme ha riconosciuto il diritto dell’assistita in epigrafe ai benefici quale portatrice di handicap grave nonché all’indennità di accompagnamento ed ha condannato l’INPS al pagamento dei relativi emolumenti.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’INPS per tre motivi; l’assistita è rimasta intimata.
Con il primo motivo si deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 112 c.cp.c. per ultrapetizione, avendo il giudice pronunciato condanna per prestazione non richiesta, essendo stato oggetto dell’accertamento tecnico preventivo e del giudizio di opposizione solo l’assegno di invalidità e non anche l’indennità di accompagnamento, oggetto della pronuncia.
Il motivo è fondato. Occorre premettere che, se nel dispositivo della sentenza impugnata è indicato “l’assegno di invalidità di cui alla L. n. 18 del 1980, art. 1”, in motivazione si esplicita chiaramente che si tratta dell’indennità di accompagnamento di cui al richiamato articolo. E’ incontroverso del resto che oggetto dell’accertamento tecnico preventivo e del giudizio di opposizione era solo il possesso delle condizioni sanitarie per beneficiare dell’assegno di invalidità e non anche di quelle dell’indennità di accompagnamento, oggetto invece della pronuncia.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione della L. n. 533 del 1976, art. 7, art. 2697 c.c., D.M. 9 novembre 1990, artt. 1 e 2, D.P.R. n. 698 del 1994, art. 1 e D.L. n. 78 del 2009, art. 20, per avere la sentenza impugnata trascurato che per l’indennità di accompagnamento non era stata presentata alcuna domanda amministrativa.
Con il terzo motivo si dedeuce violazione degli artt. 445-bis c.p.c. e 115 c.p.c., L. n. 18 del 1980, art. 1, per avere il tribunale trascurato che la CTU ha accertato un’inabilità totale dell’assistita, ma non anche il bisogno di accompagnamento.
Il secondo ed il terzo motivo restano assorbuiti.
In accoglimento del primo motivo, la sentenza impugnmata deve dunque essere cassata; la causa va rinviata ad altro giudice del medesimo tribunale per un nuovo esame ed anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altro giudice del medesimo tribunale per un nuovo esame ed anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022