LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3460/2017 proposto da:
L’OLIVELLA DI SALINA SRL, elettivamente domiciliata in Roma, V.Le G.
Cesare, 14, presso lo studio dell’avvocato Fabiana Salvatori, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
DITTA INDIVIDUALE MOBILI D’ARTE DI B.N.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 4078/2016 della Corte d’appello di Roma, depositata il 24/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/11/2021 dalla relatrice Dott. Annamaria Casadonte.
RILEVATO
che:
– la società L’Olivella di Salina s.r.l. impugna per cassazione la sentenza della corte d’appello di Roma che ha rigettato la domanda di riduzione del prezzo di acquisto di mobilio per il quale era stato in origine pattuito un compenso di Euro 31.626 e pagato l’acconto di Euro 20.000,00;
– a fondamento della pretesa la società attrice aveva dedotto la presenza di vizi nelle opere commissionate;
– costituendosi il convenuto B.N., quale titolare della ditta individuale Mobili d’Arte di B.N. e prestatore d’opera, aveva chiesto in via riconvenzionale la condanna al saldo pattuito nonché domanda di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.;
– in primo grado la domanda attorea era respinta mentre era accolta quella riconvenzionale proposta dal convenuto con condanna della società attrice a versare quale saldo l’ulteriore importo di Euro 19.066,00 oltre interessi, oltre al pagamento della somma di Euro 2000,00 a titolo di responsabilità processuale aggravata, oltre le spese di lite;
– a seguito di gravame proposto dall’attrice soccombente la corte territoriale ha respinto tutte le doglianze di merito sollevate dall’appellante e, per quanto qui rileva, anche il quinto motivo con il quale si contestava la sussistenza del requisito della colpa grave necessario ai fini dell’accoglimento della domanda di responsabilità aggravata;
– la corte d’appello ha ritenuto che detto requisito fosse comprovato dalla circostanza che al momento della proposizione della domanda di riduzione del prezzo, domanda formulata dopo molti mesi dalla consegna e dalla richiesta di pagamento del prezzo dopo le sollecitazioni informali del prestatore d’opera, era evidente l’assenza di prova in ordine alla tempestività della contestazione dei vizi;
– la cassazione della sentenza è chiesta con ricorso affidato a cinque motivi;
– non ha svolto attività difensiva l’intimato.
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., dell’art. 2043 c.c., e dei principi in materia di causalità negli illeciti extracontrattuali per avere la corte d’appello riconosciuto la responsabilità aggravata sulla sola base dell’elemento soggettivo senza aver verificato il prospettato danno;
– assume, invero, la ricorrente, l’insussistenza di tale danno allegato dal prestatore d’opera ed ontologicamente inesistente nei termini formulati, non essendo stato provato l’allegato impedimento alla facoltà di promuovere la tutela processuale presso il Foro di Verona, dove si trova la sede della ditta individuale, asseritamente determinato dall’introduzione del giudizio di riduzione del prezzo avanti al Tribunale di Roma;
– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., per avere erroneamente il giudice del merito ritenuto che la società aveva agito nella consapevolezza dell’infondatezza della domanda, in considerazione dell’evidente tardività della denuncia dei vizi, trascurando che a fondamento della domanda di riduzione del prezzo era stato allegato l’intervenuto riconoscimento dei vizi da parte del prestatore d’opera, con conseguente irrilevanza della tempestività o tardività della denuncia degli stessi;
– peraltro, secondo la ricorrente, la riconosciuta infondatezza di detta prospettazione non avrebbe potuto giustificare di per sé l’accertamento della responsabilità aggravata, essendo necessaria la consapevolezza dell’infondatezza della domanda così come formulata dalla parte che ha agito in giudizio;
– con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto la mala fede e la colpa grave della società fondate sull’evidenza della maturata decadenza dalla garanzia mentre la domanda giudiziale dell’attrice era fondata sul diverso elemento del riconoscimento del vizio da parte del prestatore d’opera;
– con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., in relazione al danno come liquidato;
– con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatto decisivo che ha formato oggetto di discussione tra le parti, non avendo considerato ai fini della liquidazione del danno da responsabilità aggravata la circostanza che il prestatore aveva formulato domanda riconvenzionale per il conseguimento del saldo del credito vantato nei confronti della società attrice;
– così enunciati i motivi del ricorso occorre, innanzitutto, evidenziare ai fini della delibazione del primo, quarto e quinto motivo che l’entità e la liquidazione riconosciuti dal primo giudice a titolo di danno per responsabilità aggravata non hanno costituito oggetto di gravame sul quale si era pronunciata la corte d’appello, il che comporta l’inammissibilità delle doglianze sul punto proposte con quei motivi avanti alla Corte giacche si tratta di questioni rimaste estranee all’appello;
– con riguardo agli altri due motivi, strettamente connessi perché relativi alla sussistenza del presupposto soggettivo della responsabilità aggravata, essi possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati;
– costituisce, infatti, principio giurisprudenziale consolidato che in materia di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ai fini della condanna al risarcimento dei danni, l’accertamento dei requisiti costituiti dall’aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, ovvero dal difetto della normale prudenza, implica un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità (Cass. 327/2010; id. 19298/2016);
– nel caso di specie la corte d’appello ha confermato la sussistenza della colpa grave attribuendo rilevanza decisiva al considerevole intervallo temporale trascorso fra la richiesta di pagamento, che già faceva seguito a precedenti richieste informali di saldo, e la proposizione della domanda di riduzione del prezzo in ragione dei vizi riscontrati;
– ad avviso della corte territoriale ciò rendeva evidente la consapevolezza della non tempestività della contestazione dei vizi e comunque integrava una grave negligenza;
– peraltro la corte territoriale ha integrato la motivazione della sentenza di prime cure, precisando che era stata fornita la prova della corretta realizzazione dell’opera e dell’uso da parte della committente fin dalla consegna (cfr. pag. 5, ultimo cpv.) circostanze di fatto di cui la ricorrente non tiene conto nel formulare la critica alla statuizione sulla condanna ex art. 96 c.p.c.;
– la corte territoriale ha dunque svolto un apprezzamento articolato e motivato che non è inciso dalla denunciata violazione di legge e peraltro non accompagnata dalla specificazione del principio interpretativo asseritamente violato;
– in definitiva, il ricorso è respinto;
– nulla va disposto sulle spese atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata;
– sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 4 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022