Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.5562 del 21/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

I.A., rappresentata e difesa per procura alle liti a margine del ricorso dall’Avvocato Rosaria Catapano, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo digitale pec del suo difensore.

– icorrente –

contro

Rete Gas s.p.a., con sede in *****, in persona del suo procuratore Dott. A.L.A., in forza di atto del 23.11.2016 per notaio M.E. di *****, rappresentata e difesa per procura alle liti in calce al controricorso dagli Avvocati Angelo Giuseppe Caparello, e Bruno Ripandelli, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, via Archimede n. 120.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 153 della Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, depositata il 23.3.2016.

Udita la relazione della causa svolta dal relatore Dott. Mario Bertuzzi nella Camera di consiglio del 7.12.2021.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza n. 153 del 23.3.2016 la Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, in accoglimento dell’appello proposto da Enel Rete Gas s.p.a., rigettò la domanda proposta da I.A., titolare della ditta EL.DA.CO.TEC., di dichiarare inefficace, perché tardivo, il recesso comunicatole dalla C. Geometri s.p.a. in data 27. 11. 2000 dal contratto, di durata annuale ma rinnovabile tacitamente, avente ad oggetto il servizio di imbustamento e recapito delle bollette del gas e la conseguente condanna della convenuta al risarcimento dei danni per il mancato guadagno relativo al 2001. La Corte motivò tale conclusione pronunciandosi sul quarto motivo di appello, che esaminò per primo ritenendo la questione da esso posta “ragione più liquida”, affermando che la parte attrice non aveva fornito adeguata prova del danno lamentato, che aveva parametrato e quantificato sulla base del solo fatturato dell’anno precedente, senza alcuna indicazione dei costi di gestione del servizio, dato questo necessario dovendo il pregiudizio lamentato da lucro cessante essere liquidato nella differenza tra i ricavi ed i costi.

Per la cassazione di questa sentenza, con atto consegnato per la notifica il 17.3.2017, ricorre I.A., affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso Rete Gas s.p.a..

La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata.

Va preliminarmente esaminata e quindi disattesa l’eccezione preliminare sollevata dalla controricorrente di difetto di legittimazione attiva della ricorrente, per essere stata parte dei giudizi di merito la EL.DA.CO.TEC. di I.A..

L’eccezione va respinta, tenuto conto che, in mancanza di diverse e contrarie indicazioni, la EL.DA.CO.TEC. è la semplice denominazione della ditta individuale esercitata dalla odierna ricorrente e quindi, ai sensi dell’art. 2563 c.c., un mero segno distintivo dell’impresa, non un soggetto autonomo rispetto all’imprenditore che ne è titolare, nei cui confronti va pertanto riconosciuta la legittimazione attiva e passiva in ordine ai relativi rapporti (Cass. n. 19735 del 2014; Cass. n. 9260 del 2010; Cass. n. 12757 del 2007).

Il primo motivo di ricorso, che denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 167 c.p.c. e art. 2697 c.c. e dell’art. 345 c.p.c., censura la sentenza impugnata per avere respinto la domanda di risarcimento dei danni senza considerare che la convenuta non aveva specificatamente contestato, come era suo onere, la quantificazione del danno lamentata dall’attrice in atto di citazione e nei suoi successivi scritti difensivi.

Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata ha rigettato la domanda proposta dalla I. per la ritenuta insufficienza della prova offerta ai fini della dimostrazione e quantificazione del danno di cui chiedeva il risarcimento, per avere la parte allegato le sole fatture attestanti gli introiti conseguiti nell’anno precedente, senza indicazione dei costi, segnalando che il pregiudizio lamentato andava invece quantificato nella differenza tra entrate e spese di gestione.

La ratio decidendi della soluzione accolta dalla Corte territoriale va pertanto ravvisata, come dedotto nel controricorso, nella ritenuta inidoneità della prova del danno, tema questo che, oltre a risolversi in un apprezzamento di fatto, non risulta investito dal motivo.

Ne’ tale valutazione può ritenersi contrastante o comunque superata in ragione dell’applicazione del principio di non contestazione, espresso dall’art. 115 c.p.c., comma 1, tenuto conto che esso può operare in relazione ai fatti propri della controparte ovvero comuni alle parti, non a fatti estranei alla sua sfera di conoscenza, laddove la indicazione e la quantificazione dei costi era fatto proprio della parte attrice.

Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 276 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, lamentando che la Corte di appello non abbia esaminato, ritenendoli assorbiti in ragione dell’applicazione del principio della ragione più liquida”, i motivi di appello che contestavano l’illegittimità del recesso dal contratto intimato dalla controparte, motivi che se esaminati e rigettati avrebbero consentito alla parte istante di invocare la statuizione di inefficacia del recesso al fine di richiedere la prosecuzione del rapporto ovvero la sua risoluzione in via giudiziale per inadempimento della committente.

La censura, che si risolve nella denunzia di omessa pronuncia sui motivi di appello proposti dalla controparte, appare inammissibile per palese difetto di interesse, tenuto conto che la pronuncia impugnata, che ha applicato il criterio logico della “ragione più liquida”, espresso da questa Corte, appare muovere dal presupposto, che integra un apprezzamento di fatto risolvendosi in un’operazione di interpretazione e qualificazione delle domande proposte in giudizio, che la domanda di risarcimento del danno fosse strettamente collegata e dipendente dal fatto denunziato di illegittimità del recesso, individuato pertanto come fatto costitutivo della richiesta di condanna, con l’effetto che, una volta ritenuta tale domanda infondata, la detta valutazione rendeva non rilevante, ai fini del decidere, la sussistenza o meno del fatto denunziato.

Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 4.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022

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