Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.5585 del 21/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35881-2019 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN NICOLA DA TOLENTINO 50, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO DE TILLA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANGELO CUVA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3084/9/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, depositata il 20/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata dell’11/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE CATALDI.

RILEVATO

che:

1. S.S. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 3084/09/2018, depositata il 20 luglio 2018, con la quale la Commissione tributaria regionale della Sicilia ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo, che aveva rigettato il suo ricorso contro l’avviso d’accertamento emesso nei suoi confronti, per l’anno d’imposta 2006, in materia di Iva, Irap ed Irpef, fondato sul disconoscimento di una fattura relativa al costo per una sponsorizzazione sportiva, ritenuta dall’Agenzia delle entrate un’operazione inesistente.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Il contribuente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il contribuente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 109 e 109, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19,21 e 54, dell’art. 2697 c.c., nonché del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, comma 1, convertito dalla L. 26 aprile 2012, n. 44". Assume il ricorrente che la sentenza d’ appello impugnata, motivata per relationem con quella di primo grado, avrebbe erroneamente invertito l’onere probatorio laddove ha affermato che l’Ufficio, qualora sostenga il carattere fittizio di determinate operazioni, potrebbe limitarsi a contestarne il compimento, gravando sul contribuente, che intenda insistere per la deducibilità dei relativi costi, l’onere di fornire la prova della loro effettiva sopportazione.

Invece, prosegue il ricorrente, la giurisprudenza consolidata ritiene che sia onere dell’Amministrazione finanziaria provare, eventualmente anche avvalendosi di presunzioni semplici, che si tratti di operazioni inesistenti, non effettuate.

2. Con il secondo motivo il contribuente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la “nullità della sentenza impugnata per insufficiente motivazione e omesso esame di un punto decisivo”.

2.1. Si ritiene opportuno trattare anticipatamente il secondo motivo, poiché una delle censure che esso contiene ha potenziale capacità assorbente del primo mezzo.

In ragione della mera formulazione della relativa rubrica, il motivo è inammissibile, in quanto la denuncia non è conforme all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo applicabile, ratione temporis, novellato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134, che recita “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Invero, in base a tale norma processuale, vigente ratione temporis, va esclusa ogni rilevanza all’assunta “insufficienza” della motivazione ed i fatti dei quali può denunciarsi l’omesso esame sono quelli, principali o secondari, intesi in senso storico-naturalistico, con esclusione quindi del mero omesso esame di questioni o argomentazioni (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019) o di deduzioni difensive (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018) o di elementi istruttori (Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018).

Inoltre, la denuncia del vizio in questione, come rubricato, sarebbe consentita comunque, nel caso di specie, nei limiti derivanti dalla c.d. doppia conforme.

Infatti, “Nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, (applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno *****), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo riformulato dal citato D.L. n. 83, art. 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno *****) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse.” (Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016, ex plurimis).

Ed il ricorrente non ha assolto tale onere.

Tanto premesso, rileva il Collegio che la conclusione in termini di inammissibilità del motivo non può tuttavia estendersi ad una delle censure che si ricavano dalle argomentazioni emergenti dal corpo dello stesso mezzo e che configura, piuttosto, la contestuale, ma autonoma, denuncia di un’omissione di pronuncia da parte della CTR.

Va infatti ricordato che l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4036 del 20/02/2014; conformi Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25557 del 27/10/2017; Cass. Sez. 6 5, Ordinanza n. 26310 del 07/11/2017; Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 10862 del 07/05/2018).

Inoltre, va considerato che, proprio con riferimento al vizio di omissione di pronuncia, questa Corte ha chiarito che “Il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge.” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013).

Ebbene, nel caso di specie, il ricorrente, a pag. 9 del ricorso, nel corpo del secondo motivo, premette (con localizzazione delle relative parti degli atti processuali) di aver lamentato, già nel ricorso introduttivo e poi nell’appello, l’illegittimità dell’accertamento, in quanto fondato su una verifica nei confronti della terza T.E.C. s.r.l. – assunto operatore commerciale fittizio, che avrebbe emesso le fatture relative ad operazioni inesistenti – senza però che l’Amministrazione abbia portato a conoscenza del contribuente i processi verbali di constatazione e gli accertamenti emessi nei confronti di tale società.

Tuttavia, lamenta il ricorrente, la CTR non si è pronunciata su tale “punto” della controversia e la sentenza è quindi “nulla”. Deve allora ritenersi che, nonostante l’impropria intitolazione del secondo motivo di ricorso, dall’articolazione di quest’ultimo, in parte qua, sia individuabile la denuncia del vizio di omessa pronuncia in ordine alla predetta eccezione di illegittimità dell’accertamento controverso, riproposta dal contribuente con l’appello.

Nella decisione impugnata, come denunciato dal contribuente, su tale questione non risulta resa alcuna pronuncia dalla CTR. Pertanto, in parziale difformità rispetto alla proposta formulata dal relatore, il Collegio ritiene ammissibile e fondato, ma solo in parte qua, il secondo motivo, che va quindi accolto entro tale limite, con conseguente cassazione con rinvio della sentenza impugnata.

Sarà quindi nel giudizio di rinvio che la CTR valuterà, altresì, l’incidenza, quanto meno ai fini Iva, sulla questione oggetto dell’omessa pronuncia, della sentenza della Corte di giustizia del 16 ottobre 2019, nella causa C-189/18, Glencore Agriculture Hungary Kft., sopravvenuta alla sentenza d’appello qui impugnata, secondo cui “La Dir. del Consiglio, 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, il principio del rispetto dei diritti della difesa e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, art. 47, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano, in linea di principio, a una normativa o a una prassi di uno Stato membro secondo la quale, in occasione di una verifica del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) esercitato da un soggetto passivo, l’amministrazione finanziaria è vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche, da essa già effettuate nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi avviati nei confronti dei fornitori di tale soggetto passivo, sulle quali si basano le decisioni divenute definitive che accertano l’esistenza di una frode relativa all’IVA commessa da tali fornitori, a condizione che, in primo luogo, essa non esoneri l’amministrazione finanziaria dal far conoscere al soggetto passivo gli elementi di prova, ivi compresi quelli risultanti da tali procedimenti amministrativi connessi, sui quali essa intende fondare la propria decisione, e che tale soggetto passivo non sia in tal modo privato del diritto di contestare utilmente, nel corso del procedimento di cui è oggetto, tali constatazioni di fatto e tali qualificazioni giuridiche, in secondo luogo, che detto soggetto passivo possa avere accesso durante tale procedimento a tutti gli elementi raccolti nel corso di detti procedimenti amministrativi connessi o di ogni altro procedimento sul quale l’amministrazione intende fondare la sua decisione o che possono essere utili per l’esercizio dei diritti della difesa, a meno che obiettivi di interesse generale giustifichino la restrizione di tale accesso e, in terzo luogo, che il giudice adito con un ricorso avverso la decisione di cui trattasi possa verificare la legittimità dell’ottenimento e dell’utilizzo di tali elementi nonché le constatazioni effettuate nelle decisioni amministrative adottate nei confronti di detti fornitori, che sono decisive per l’esito del ricorso.”.

Tale pronuncia, espressamente invocata dallo stesso ricorrente ad ulteriore sostegno della propria denunzia di illegittimità dell’atto impositivo, attiene infatti allo ius superveniens ed ha efficacia immediata nell’ordinamento nazionale, purché non siano necessari nuovi accertamenti di fatto, e valenza retroattiva, salvo il limite dei rapporti esauriti (così, in materia di sentenze della Corte di giustizia dell’Unione Europea, Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 25278 del 09/10/2019). Essa andrà pertanto posta in correlazione anche con gli orientamenti giurisprudenziali di legittimità in tema di motivazione dell’avviso d’accertamento (in particolare a proposito della conoscenza e della conoscibilità, da parte del contribuente, di atti esterni in ipotesi non allegati o non riprodotti nella parte essenziale dell’atto impositivo) ed in materia di contraddittorio endoprocedimentale.

3. La questione oggetto dell’omessa pronuncia, incidendo potenzialmente sulla legittimità dell’accertamento per vizio della sua motivazione, comporta l’assorbimento del primo motivo, che attinge, sotto il profilo della pretesa violazione di legge, il merito della pretesa.

P.Q.M.

Accoglie, nei termini di cui in motivazione, il secondo motivo e dichiara assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria provinciale della Sicilia, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio dell’11 marzo 2021 ed in quella riconvocata, il 15 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022

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