LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 11201 – 2021 R.G. proposto da:
S.G. – c.f. ***** – Z.M. – c.f. ***** –
elettivamente domiciliati, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Bergamo, alla via Pradello, n. 2, presso lo studio dell’avvocato Ventura Valentina che li rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso per regolamento di competenza;
– ricorrenti –
contro
P.M. – c.f. ***** – elettivamente domiciliato, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Milano, alla piazza Michelangelo Buonarroti, n. 25, presso lo studio dell’avvocato Esposito Marco, che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce alla scrittura difensiva ex art. 47 c.p.c., u.c.;
– controricorrente –
e C.M. – c.f. ***** – elettivamente domiciliata, con indicazione dell’indirizzo pec, in Milano, alla via Paolo Andreani, n. 4, presso lo studio dell’avvocato Rinaldi Alberto che la rappresenta e difende in virtù di procura agli atti del giudizio di merito;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del 24.3.2021 del Tribunale di Milano;
udita la relazione all’udienza in camera di consiglio del 18 novembre 2021 del consigliere Dott. Abete Luigi, lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. Ceroni Francesca, che ha chiesto accogliersi il ricorso per regolamento necessario di competenza,
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO
1. Con atto ritualmente notificato P.M. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Milano S.G. e Z.M..
Esponeva che la deceduta madre, C.M.S., aveva alienato con atto del 14.4.2015 ai convenuti la nuda proprietà dell’immobile in Milano, al primo piano dello stabile al civico *****; che l’alienazione era stata compiuta dalla madre in stato di incapacità naturale.
Chiedeva pronunciarsi l’annullamento dell’atto di vendita.
2. Resistevano S.G. e Z.M..
3. Con sentenza n. 2372/2020 il tribunale rigettava la domanda.
4. Avverso tale sentenza P.M. proponeva appello. Resistevano S.G. e Z.M..
5. Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. S.G. e Z.M. convenivano dinanzi al Tribunale di Milano P.M. e C.M..
Esponevano che erano proprietari, per acquisto fattone da C.M.S. con atto del 14.4.2015, dell’immobile in Milano, al primo piano dello stabile al civico *****; che l’immobile era detenuto sine titulo da P.M. e da C.M..
Chiedevano, tra l’altro, condannarsi i convenuti al rilascio dell’unità immobiliare.
6. Resistevano P.M. e C.M..
7. Con ordinanza del 24.3.2021 il Tribunale di Milano sospendeva il giudizio ex art. 702-bis c.p.c. ai sensi dell’art. 295 c.p.c..
Premetteva il tribunale che il riscontro della validità – sub iudice dinanzi alla Corte d’Appello di Milano – del titolo d’acquisto degli attori, ricorrenti ex art. 702-bis c.p.c., costituiva il presupposto logico/giuridico delle loro domande, segnatamente della domanda di rivendicazione ex art. 948 c.c..
Quindi reputava sussistente la causa di sospensione ex art. 295 c.p.c. fino alla definizione del giudizio dinanzi alla Corte di Milano.
8. Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per regolamento di Ch competenza S.G. e Z.M.; ne hanno chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento.
P.M. ha depositato scrittura difensiva ex art. 47, u.c., c.p.c.; ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
C.M. del pari ha depositato scrittura difensiva ex art. 47 c.p.c., u.c.; parimenti ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
9. Il Pubblico Ministero ha formulato conclusioni scritte.
S.G. e Z.M. hanno depositato memoria.
P.M. del pari ha depositato memoria.
10. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c..
Deducono che non vi è identità soggettiva tra il giudizio pendente innanzi alla Corte d’Appello di Milano ed il giudizio introdotto con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. innanzi al Tribunale di Milano, siccome al primo giudizio è estranea C.M..
Deducono segnatamente che tale circostanza osta di per sé all’applicabilità dell’art. 295 c.p.c..
Deducono altresì che non sussiste un rapporto di pregiudizialità in senso tecnico tra il giudizio dapprima introdotto ed ora pendente innanzi alla Corte di Milano ed il giudizio successivamente introdotto.
Deducono segnatamente che non si prospetta la sussistenza di un nesso di pregiudizialità necessaria tra il giudizio di annullamento di un titolo negoziale ed il giudizio avente ad oggetto pretese fondate sul medesimo titolo.
11. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione dell’art. 337 c.p.c..
Deducono che, qualora il Tribunale di Milano avesse ravvisato un nesso meramente logico tra i due giudizi, “avrebbe potuto, eventualmente, disporre la sospensione del processo di rivendicazione ai sensi dell’art. 337 c.p.c.” (così ricorso per regolamento di competenza, pag. 14).
12. I motivi del ricorso per regolamento di competenza sono ambedue fondati e meritevoli di accoglimento.
13. Con precipuo riferimento al primo motivo è sufficiente ribadire gli insegnamenti di questa Corte.
14. Ovvero, per un verso, che la sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c., nell’ipotesi di giudizio promosso per il riconoscimento di diritti derivanti da titolo, ricorre quando in un diverso giudizio tra le stesse parti si controverta dell’inesistenza o della nullità assoluta del titolo stesso, poiché al giudicato di accertamento della nullità – la quale impedisce all’atto di produrre “ab origine” qualunque effetto, sia pure interinale – si potrebbe contrapporre un distinto giudicato, di accoglimento della pretesa basata su quel medesimo titolo, contrastante con il primo; detto nesso di pregiudizialità necessaria non ricorre, invece, ove nel diverso giudizio si controverta di meri vizi d’annullabilità del titolo, poiché l’eventuale annullamento non è incompatibile con la sua efficacia “medio tempore”, salvo restando la retroattività “inter partes” con i connessi obblighi di restituzione delle obbligazioni già eseguite (cfr. Cass. (ord.) 4.3.2011, n. 5331; Cass. 28.11.2007, n. 24751).
Nel caso di specie, evidentemente, si versa nella seconda delle ipotesi teste’ prefigurate, siccome nel giudizio asseritamente pregiudicante si discute dell’annullabilità, per incapacità naturale, del contratto di vendita della nuda proprietà stipulato da C.M.S. con S.G. e Z.M. con atto del 14.4.2015.
15. Ovvero, per altro verso, che, ai fini della sospensione necessaria del processo, non è configurabile un rapporto di pregiudizialità necessaria tra cause pendenti fra soggetti diversi, seppur legate fra loro da pregiudizialità logica, in quanto la parte rimasta estranea ad una di esse può sempre eccepire l’inopponibilità, nei propri confronti, della relativa decisione (cfr. Cass. (ord.) 11.8.2017, n. 20072; Cass. sez. lav. 18.3.2009, n. 6554; Cass. 29.5.2001, n. 7280, secondo cui il rapporto di pregiudizialità che ai sensi dell’art. 295 c.p.c. impone al giudice la sospensione del processo, non può configurarsi nella ipotesi di cause pendenti tra soggetti diversi, perché la pronuncia di ciascun giudizio non potendo fare stato nei confronti delle diverse parti dell’altro, non può perciò stesso costituire il necessario antecedente logico – giuridico della relativa decisione).
Nel caso di specie, evidentemente, non vi è identità soggettiva, siccome C.M. è estranea al giudizio asseritamente pregiudicante.
16. Con precipuo riferimento al secondo motivo analogamente è sufficiente ribadire gli insegnamenti di questa Corte.
17. Ovvero che, quando tra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato può essere disposta soltanto ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, sicché ove il giudice abbia provveduto ai sensi dell’art. 295 c.p.c., il relativo provvedimento, a prescindere da ogni accertamento circa la sussistenza del rapporto di pregiudizialità, è illegittimo e va annullato, ferma restando la possibilità, da parte del giudice di merito dinanzi al quale il giudizio andrà riassunto, di un nuovo e motivato provvedimento di sospensione ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2 (cfr. Cass. (ord.) 20.1.2015, n. 798; Cass. sez. un. 29.7.2021, n. 21763, secondo cui, in tema di sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria, salvi i casi in cui essa sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (e, se disposta, può essere proposta subito istanza di prosecuzione ex art. 297 c.p.c.), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell’art. 336 c.p.c., comma 2; Cass. (ord.) 9.7.2018, n. 17936; Cass. (ord.) 18.3.2014, n. 6207, secondo cui, quando fra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato – salvo nel caso in cui la sospensione sia imposta da una disposizione specifica fino al passaggio in giudicato – soltanto ai sensi dell’art. 337 c.p.c., come si trae dall’interpretazione sistematica della disciplina del processo, in cui un ruolo decisivo riveste l’art. 282 c.p.c. e il diritto pronunciato dal giudice di primo grado qualifica la posizione delle parti in modo diverso da quello dello stato originario di lite, giustificando sia l’esecuzione provvisoria, sia l’autorità della sentenza di primo grado; Cass. (ord.) 19.9.2013, n. 21505; Cass. sez. un. 19.6.2012, n. 10027).
18. Ebbene, nel caso di specie, sono indubitabili le seguenti circostanze.
Da un canto, il Tribunale di Milano, con l’ordinanza in questa sede impugnata, ha sospeso il giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c. non già ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2 (“visto l’art. 295 c.p.c. il Giudice dispone la sospensione necessaria del processo sino alla definizione, con sentenza passata in giudicato, della causa pendente tra S./ Z. e P.M. innanzi alla Corte d’Appello di Milano”: così ordinanza impugnata, pag. 2).
D’altro canto, allorquando il Tribunale di Milano ha pronunciato l’ordinanza in questa sede impugnata, pendeva e pende dinanzi alla Corte d’Appello di Milano il giudizio (r.g. n. 1259/2020) di gravame avverso la sentenza n. 2372/2020 del Tribunale di Milano.
19. Conseguentemente la sospensione in questa sede impugnata, in quanto disposta ai sensi dell’art. 295 c.p.c. anziché nel solco dell’art. 337 c.p.c., comma 2, è per tale sola ragione illegittima.
E, ben vero, ai fini di cui all’art. 337 c.p.c., comma 2,, è più che opportuno il riferimento all’ordinanza n. 21218 del 2.10.2020 di questa Corte, ove in motivazione si legge testualmente: “questa Corte anche di recente ha ribadito che (Cass. n. 14738/2019), ai fini del legittimo esercizio del potere di sospensione discrezionale del processo ex art. 337 c.p.c., comma 2, è indispensabile un’espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione di cui venga invocata l’autorità in quel processo, sulla base di un confronto tra la decisione stessa e la critica che ne è stata fatta. Ne consegue che la sospensione discrezionale in parola (id est, ex art. 337 c.p.c., comma 2) è ammessa ove il giudice del secondo giudizio motivi esplicitamente le ragioni per le quali non intenda riconoscere l’autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, chiarendo perché non ne condivide il merito o le ragioni giustificatrici (in senso conforme Cass. n. 14337/2019; Cass. n. 18494/2018)”.
20. In accoglimento del ricorso va cassata l’ordinanza del 24.3.2021 con cui il Tribunale di Milano ha sospeso il giudizio iscritto al n. 19721/2020 r.g.
Le parti vanno, dunque, rimesse dinanzi al Tribunale di Milano nel termine di legge anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio.
21. Non sussistono i presupposti processuali perché, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i ricorrenti siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del medesimo D.P.R., art. 13, comma 1 – bis.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per regolamento di competenza, cassa l’ordinanza del 24.3.2021, con cui il Tribunale di Milano ha sospeso il giudizio iscritto al n. 19721/2020 r.g., e rimette le parti nel termine di legge dinanzi allo stesso tribunale anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022
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