LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18433-2020 proposto da:
B.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIA n. 88, presso lo studio dell’avvocato STEFANO VINTI, rappresentato e difeso dall’avvocato VALERIO BARONE;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI POMPEI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI n. 191, presso lo studio dell’avvocato TERESA FIGURELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO MAGLIULO;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA, depositata il 28/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/01/2022 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 19.7.2013 il Comune di Pompei proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 150/2013, con il quale il Tribunale di Torre Annunziata gli aveva ingiunto il pagamento, in favore di B.V., della somma di Euro 200.7’06,63 a titolo di compenso per le prestazioni di assistenza legale rese dall’opposto in favore dell’ente locale in relazione ad una vicenda relativa alla revoca delle deliberazioni di costituzione della società Interservizi ed alla rescissione del contratto di affidamento alla stessa del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani.
Con l’ordinanza impugnata, resa nella resistenza dell’opposto, il Tribunale accoglieva in parte l’opposizione, riducendo il compenso al minor importo di Euro 67.850 oltre accessori e spese.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione B.V., affidandosi a due motivi.
Resiste con controricorso il Comune di Pompei.
In prossimità dell’adunanza camerale, il controricorrente ha prodotto nota di deposito con allegata copia notificata del controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “Proposta di definizione ex art. 380-BIS c.p.c..
Inammissibilità del ricorso.
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Torre Annunziata ha parzialmente accolto l’opposizione spiegata dal Comune di Pompei al decreto ingiuntivo n. 150/2013, emesso in favore dell’odierno ricorrente per l’importo di Euro 200.706,63, condannando l’opponente al pagamento del minore importo di Euro 67.850 oltre. interessi ed accessori e compensando in parte le spese del grado.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione B.V. affidandosi a due motivi. Con il primo di essi, lamenta la violazione degli artt. 2697 c. c. e 115 c.p.c. perché il Tribunale avrebbe ritenuto sufficiente la generica contestazione mossa dal Comune di Pompei in relazione alla debenza delle somme pretese dal B., senza considerare che era onere di parte opponente assicurare la contestazione specifica dei fatti addotti dal creditore a sostegno della propria pretesa, i quali – in difetto – avrebbero dovuto essere considerati ammessi.
La censura è inammissibile, in quanto essa si risolve in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Ne’ è possibile sindacare la valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice di merito, posto che “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330). Il Tribunale, nella fattispecie, ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte, secondo cui, in presenza di una eccezione di inadempimento, o inesatto adempimento, spetta al creditore la prova dell’effettiva esecuzione della prestazione per la quale egli pretenda di essere pagato. Ha poi ritenuto – all’esito del libero apprezzamento delle risultanze istruttorie – che il medesimo avesse provato soltanto lo svolgimento di alcune attività, in base alle quali ha determinato il compenso ad esso spettante.
Il secondo motivo, con il quale il ricorrente si duole del governo delle spese operato dal giudice di merito, è del pari inammissibile, in quanto il Tribunale ha parzialmente compensato le stesse in ragione della parziale soccombenza del B., il quale non ha ottenuto l’integrale riconoscimento della propria pretesa. Ne’ è possibile, in questa sede, sindacare la percentuale di compensazione delle spese stabilita, in concreto, dal giudice di merito, posto che “La valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2149 del 31/01/2014 Rv. 629389; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 30592 del 20/12/2017, Rv. 646611; nonché Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1703 del 24/01/2013, Rv. 624926 e Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 8421 del 31/03/2017, Rv. 643477)”.
Il Collegio condivide la proposta del Relatore.
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, in coerenza con la proposta del relatore.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Ai fini delle spese, la nota di deposito prodotta dal Comune controricorrente non viene considerata sub specie di memoria, non presentandone i requisiti formali e sostanziali.
Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 27 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022