LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23783/2019 proposto da:
GENERALI ITALIA SPA, *****, in persona procuratore speciale Pa.Vi., elettivamente domiciliata in Roma Via E.Q. Visconti, n. 103, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO DELLAGO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FILIPPO MARTINI, e MARCO RODOLFI;
– ricorrente –
contro
T.C., (C.F. *****), T.F., TR.FL., T.C. (C.F. *****), P.R. ( T.), tutti in del proprio e quali eredi di T.M., tutti in persona del Procuratore Speciale Avv. C.A.; PL.ST. ( ME.), p.c., p.v.a., T.S.J. ( p.), D.E. ( p.), M.D. ( p.), ME.MA., p.d., pl.da., tutti in proprio e quali eredi di T.M.; G.C.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 3129/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 15/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/11/2021 da Dott. SCRIMA ANTONIETTA.
FATTI DI CAUSA
Generali Italia S.p.a. impugnò la sentenza n. 1047/17 emessa dal Tribunale di Milano che, in parziale accoglimento delle domande attoree e previo accertamento dell’esclusiva responsabilità dell’assicurato G.C., in ordine al sinistro verificatosi in *****, nel quale aveva perso la vita T.M., trasportata nell’auto tamponata dal veicolo di proprietà e condotto da G.C., l’aveva condannata, in solido con il predetto responsabile, al risarcimento dei danni da lesione parentale subito dagli stretti familiari della vittima, e precisamente al pagamento dell’importo di Euro 100.000,00 ciascuno, in favore del coniuge T.C., e dei figli T.F., Tr.Fl., T.C. e P.R. nonché della madre Me.No.Vo., e aveva rigettato le domande proposte dagli altri familiari (fratelli e sorelle).
Si costituirono in secondo grado T.C. (coniuge di T.M.), T.F., Tr.Fl., T.C. (figlio di T.M.) e P.R. che resistettero all’impugnazione proposta ex adverso e svolsero, a loro volta, impugnazione incidentale, lamentando l’insufficienza degli importi liquidati in loro favore.
Si costituirono anche le sorelle e i fratelli della vittima, Pl.Me.St., p.c., p.v.a., S.J., T. – p., D.P.E., M.P.D., Me.Ma., p.d. e pl.da., che impugnarono l’appello principale e proposero appello incidentale con riferimento la rigetto della domanda risarcitoria nei loro confronti. Si precisa che il difensore rappresentò di costituirsi anche per conto della madre della vittima, Me.No.Vo., impugnando la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva liquidato il risarcimento dei danni in favore di quest’ultima, perché ritenuto insufficiente.
La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 3129/2019, pubblicata il 15 luglio 2019, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarò l’inefficacia della condanna pronunciata a carico di Generali Italia S.p.a e G.C. e a favore di Me.No.Vo., perché mai parte del giudizio in quanto deceduta prima ancora della costituzione in primo grado e non essendo la stessa neppure firmataria della procura al primo difensore in primo grado, con diritto alla restituzione di quanto versato in esecuzione della sentenza di primo grado; condannò Generali Italia S.p.a. e G.C. al pagamento in favore di: a) P.M.S., p.c., P.V.A., S.J., T. – p., D.P.E., M.P.D., Me.Ma., p.d. e pl.da. della somma di Euro 24.020,00 ciascuno, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, entrambi dovuti dal giorno del sinistro al saldo, previa devalutazione della somma di condanna; b) Tr.Fl. e P.R. della somma di Euro 165.960,00 ciascuno, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, entrambi dovuti dal giorno del sinistro al saldo, previa devalutazione della somma di condanna; c) di T.C. (classe*****), T.F. e Tr.Co. (classe *****), della somma di Euro 200.000,00 ciascuno, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, entrambi dovuti dal giorno del sinistro al saldo, previa devalutazione della somma di condanna; regolò tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito.
Avverso la sentenza della Corte di merito Generali Italia S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione basato su quattro motivi e illustrato da memoria.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo è così rubricato: “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c.), nonché errata ricognizione dei fatti processuali (art. 360 c.p.c., n. 4), in riferimento alla prova della ritenuta effettiva titolarità attiva in capo agli attori dei diritti risarcitori dai medesimi azionati”.
Con tale mezzo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui, pur riconoscendo che la contestazione della titolarità attiva del diritto azionato dagli attori opposta da Generali non deve essere formalizzata in giudizio quale tempestiva eccezione di carenza di legittimazione attiva dei medesimi, concretandosi piuttosto in mera allegazione difensiva non soggetta a preclusioni, ha tuttavia ritenuto tardivamente documentato e tempestivamente contestato dalle controparti il presupposto su cui detta allegazione è stata fondata (intervenuta cessione di credito da parte degli attori in favore di altri soggetti, ancor prima dell’introduzione del giudizio di primo grado), per l’effetto riconoscendo la titolarità del diritto in capo agli istanti.
1.1. Il motivo è fondato.
La contestazione della titolarità del diritto azionato in capo al gruppo di congiunti T. rappresentati dal procuratore speciale avv. C. risulta essere stata formulata all’udienza del 29 settembre 2015 (v. verbale riportato in ricorso).
Risulta dal verbale riportato in ricorso che in tale udienza fu “rammostrato” il documento del 9 luglio 2015, che la ricorrente assume essere stato anche acquisito agli atti, che la contestazione della titolarità del diritto risarcitorio in capo al gruppo dei congiunti T. rappresentati dal procuratore speciale avv. C. fu effettivamente formalizzata in quella udienza (v. parte finale del verbale in questione, riportata a p. 17 del ricorso); inoltre, come evidenziato dalla ricorrente, il Tribunale, pur decidendo nel merito la controversia, nulla ha rilevato circa la ritualità di quanto dedotto e documentato dalla Generali Italia S.p.a. alla predetta udienza.
Rileva il Collegio che, a fronte di quanto allegato e dimostrato all’udienza ricordata dalla società assicuratrice, la controparte avrebbe dovuto dare la prova della sussistenza della contestata titolarità del diritto e che l’allegazione del documento relativo alla cessione in calce alla comparsa conclusionale non può ritenersi connotata da novità. Ne consegue che, avendo la controparte solo in sede di memoria di replica del 25 settembre 2017 (dopo due anni) opposto per la prima volta la pretesa infondatezza delle deduzioni di Generali sul punto della intervenuta cessione del credito, limitandosi a non accettare il contraddittorio, tale contestazione risulta tardiva; ed avendo, comunque, in sede di gravarne, la Generali Italia S.p.a. prodotto ulteriori documenti sopravvenuti alla sentenza di primo grado, decisa il 16 ottobre 2017 e pubblicata il 18 ottobre 2017 (invito a negoziazione assistita datato 18 ottobre 2017 e successivo atto di citazione innanzi al Tribunale di Treviso, datato 20 ottobre 2017 e poi notificati da Tr.St. nella qualità di cessionario totale di tutti i crediti degli eredi di T.M. indicati in detti atti, v. ricorso p. 19), deve ritenersi che detta società assicuratrice abbia compiutamente contestato la titolarità del diritto risarcitorio e dimostrato la fondatezza di quanto rappresentato, evidenziandosi che era onere degli attori provare la titolarità attiva del rapporto controverso, soprattutto a fronte dell’operata contestazione da parte della società convenuta (v. Cass., sez. un., 16/02/2016, n. 2951).
2. Con il secondo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione agli artt. 334 e 132 c.p.c.) in riferimento alla ritenuta ammissibilità degli appelli incidentali tardivamente proposti da entrambi i gruppi di congiunti T.”, la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui, pur dando atto della tardività degli appelli incidentali proposti da entrambi i gruppi dei congiunti T. (coniuge e figli della defunta, da una parte, e madre e fratelli della medesima, dall’altra), aventi ad oggetto profili non investiti dall’impugnazione principale presentata da Generali Italia S.p.a., la Corte di merito ha tuttavia ritenuto l’ammissibilità di tali appelli incidentali ex art. 334 c.p.c..
Secondo la ricorrente, se è pur vero che in linea di principio la giurisprudenza ha riconosciuto che l’art. 334 c.p.c., può trovare applicazione con riguardo a “qualsiasi capo della sentenza, anche autonomo rispetto a quello investito dall’impugnazione principale”, tale possibilità viene comunque subordinata e ammessa “sempreché l’interesse a proporre l’impugnazione incidentale dipenda dall’avvenuta proposizione di quella principale” (a sostegno di tale assunto detta parte richiama Cass. 29/01/2004, n. 1667; Cass. 9/12/2014, n. 25848 e Cass., ord. 16711/2018, n. 29593).
Assume altresì la ricorrente che non si potrebbe validamente sostenere che l’impugnazione principale abbia in qualche modo effettivamente messo in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza, tanto da legittimare le controparti alla proposizione degli appelli incidentali tardivi relativi a capi autonomi della sentenza e ciò soprattutto con riferimento ai fratelli della defunta, atteso che il Tribunale aveva integralmente rigettato le istanze risarcitorie da questi ultimi proposte.
Peraltro la ricorrente denuncia che nulla avrebbe motivato la Corte di merito sul punto sicché sarebbe configurabile anche la violazione dell’art. 132 c.p.c..
2.1. Il motivo è fondato solo con riferimento all’appello incidentale tardivo per i fratelli per i quali c’era già stato il rigetto della domanda in primo grado, il cui ricorso incidentale è inammissibile alla luce del principio secondo cui “l’impugnazione incidentale tardiva, da qualunque parte provenga, va dichiarata inammissibile laddove l’interesse alla sua proposizione non possa ritenersi insorto per effetto dell’impugnazione principale” (Cass. 16/06/2016, n. 12387 e Cass. 14/03/2018, n. 6156; Cass., ord., 24/08/2020, n. 17614; v. anche Cass., sez. un., 29/10/2020, n. 23903), dato che l’interesse dei predetti all’impugnazione non è sorto per effetto del ricorso principale, ma già in conseguenza dell’emanazione della sentenza, sicché il “ricorso incidentale” avrebbe dovuto essere proposto nei termini ordinari di impugnazione, senza possibilità di usufruire dei termini previsti dall’art. 334 c.p.c., per l’impugnazione incidentale tardiva (v. Cass. 21/01/2014, n. 1120 e Cass. 7/10/2015, n. 20040). Invece, per gli altri congiunti della defunta, l’interesse ad impugnare il quantum ben può ritenersi sorto dall’impugnazione principale (v Cass. 9/07/2020, n. 14596).
3. Con il terzo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1226 e 2727 c.c.) in riferimento all’errata applicazione dei principi di liquidazione del danno non patrimoniale di cui alle tabelle del Tribunale di Milano, assunti quale parametro risarcitorio riconosciuto maggiormente equo applicabile erga omnes a livello nazionale per il danno da lesione del rapporto parentale”, la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto gli appelli incidentali avversari fondati nel merito, pur in assenza di qualsivoglia elemento probatorio circa l’effettiva qualità della loro relazione parentale con la defunta, giungendo a liquidare il danno parentale dei componenti del nucleo primario in misura superiore a quanto ad essi riconosciuto dal Tribunale di Milano nonché ed ulteriormente a liquidare il danno parentale anche a favore dei fratelli della defunta con la medesima non conviventi ai quali il Tribunale nulla aveva liquidato.
Ad avviso della ricorrente, la statuizione della Corte territoriale si porrebbe in contrasto con i principi informatori delle Tabelle di Milano, nelle cui istruzioni a corredo dell’ultima versione (14.3.2018) sarebbe precisato che, in tema di danno non patrimoniale, non esiste un “minimo garantito” da accordarsi in ogni caso, dovendo il giudice valutare caso per caso ed essendo la parte gravata di un onere di allegazione e prova.
Denuncia la ricorrente che la Corte di merito avrebbe ritenuto di poter fondare la decisione su insussistenti elementi presuntivi, insufficienti a provare di per sé la sussistenza del danno e la fondatezza delle pretese ex adverso avanzate.
3.1. Il motivo, oltre ad essere assorbito in parte dall’accoglimento parziale del secondo motivo, è comunque inammissibile, non risultando allegato il tenore testuale delle tabelle di Milano e le richiamate istruzioni delle stesse né essendo stato indicato nel mezzo all’esame se e quando le stesse siano state prodotte nel giudizio di merito (Cass. 21/11/2017, n. 27562); inoltre, neppure sono stati riportati in ricorso brani dei menzionati atti introduttivi da cui desumere la mancata denunciata allegazione ex adverso circa il concreto atteggiarsi del legame affettivo e del rapporto parentale intercorso con la defunta.
4. Con il quarto motivo si denuncia “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) in riferimento alla condanna di Generali al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in difetto del necessario presupposto dell’integrale soccombenza”.
4.1. L’esame del mezzo all’esame resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo e, in parte, del secondo motivo.
5. Conclusivamente, il ricorso va accolto in parte e nei termini sopra precisati; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione.
6. Stante l’accoglimento del ricorso, sia pur parziale, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte accoglie in parte e nei termini precisati in motivazione il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022
Codice Civile > Articolo 1226 - Valutazione equitativa del danno | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2021 - Legittimazione del possessore | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2697 - Onere della prova | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2727 - Nozione | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 3 - (Omissis) | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 4 - (Omissis) | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 115 - Disponibilita' delle prove | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 132 - Contenuto della sentenza | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 334 - Impugnazioni incidentali tardive | Codice Procedura Civile