Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.5755 del 22/02/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25171/2017 R.G. proposto da:

L. & G. di B.L. e F.G. s.n.c., rappresentata e difesa dall’Avv. Alberto Serioli;

– ricorrente –

contro

UBI Leasing S.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Roberto Gorio, con domicilio eletto in Roma, via Napoleone III, n. 28, presso lo studio dell’Avv. Roberto Sarra;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Gruppo B S.r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia, n. 1086/2017 depositata il 13 luglio 2017.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 10 gennaio 2022 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.

FATTI DI CAUSA

1. Su ricorso della L. & G. di B.L. e F.G. s.n.c. il Tribunale di Brescia emise, in data 19 febbraio 2010, decreto ingiuntivo nei confronti della UBI Leasing S.p.a. per il pagamento della somma di Euro 188.940,00 quale corrispettivo per la realizzazione di opere in cartongesso eseguite nel periodo ***** presso l’Hotel ***** sito in ***** di cui l’ingiunta era proprietaria.

La UBI Leasing S.p.a. propose opposizione eccependo trattarsi di lavori che, a sua insaputa, erano stati commessi in appalto dalla Gruppo B S.r.l., detentrice dell’immobile in regime di leasing, e dei quali essa aveva successivamente concordato, ma solo in parte, la regolarizzazione finanziaria, con ampliamento del contratto di leasing, in base ad un elenco di fatture per l’importo di Euro 1.450.000. In virtù di tali accordi essa si dichiarò pertanto disponibile al pagamento del solo importo di Euro 152.940, con esclusione del restante importo di Euro 36.000 di cui alla fattura n. *****, non compresa tra quelle cui era riferito il menzionato accordo. Chiese, pertanto, la revoca del decreto ingiuntivo e, in subordine, la condanna in via di manleva e regresso della Gruppo B S.r.l., chiamata in causa.

L’opposta chiese il rigetto della domanda e la condanna della opponente al pagamento degli interessi moratori ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002; in subordine chiese la condanna della Gruppo B S.r.l. al pagamento delle somme dovute.

2. Con sentenza n. 705/2014 del 26 febbraio 2014 il tribunale, in accoglimento dell’opposizione, revocò il Decreto Ingiuntivo e condannò la chiamata in causa, Gruppo B S.r.l., a pagare alla L. & G. di B.L. e F.G. S.n.c. la somma di Euro 36.000, oltre interessi moratori, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002, dalla scadenza delle singole fatture al ***** sull’importo di Euro 188.940 e dal ***** al saldo sull’importo di Euro 36.000.

Ritenne, infatti, che:

a) non vi fosse prova né della stipulazione di un contratto di appalto tra la L. & G. di B.L. e F.G. s.n.c. e la UBI Leasing S.p.a., né della ricomprensione della fattura n. ***** nell’elenco di fatture che, comunque, la seconda si era obbligata a pagare quale delegata del pagamento in base all’accordo intercorso il 24 dicembre 2009 con la Gruppo B S.r.l.;

b) non fossero dovuti gli interessi moratori sulla somma già pagata dalla Ubi Leasing successivamente alla emissione del decreto ingiuntivo, poiché nemmeno essi previsti nel citato accordo.

3. Con sentenza n. 1086/2017 del 13 luglio 2017 la Corte d’appello di Brescia ha confermato tale decisione. Ha osservato infatti che:

– il convincimento del primo giudice, secondo cui le opere eseguite dalla L. & G. di B.L. e F.G. s.n.c. non erano riconducibili all’originario contratto di leasing, “non merita censure atteso che la L. & G. s.n.c. non ha provato il contrario e che la data di svolgimento dei lavori, la data di emissione delle fatture e i documenti 8) e 9) (ossia, le scritture che in data 24 dicembre 2009 e poi in data 4 febbraio 2010 avevano consacrato l’accordo di ampliamento del contratto di leasing tra concedente e utilizzatrice, n.d.r.) lo confermano”;

– l’accordo del 24 dicembre 2009 effettivamente richiama il contratto di leasing e prevede l’inserimento in esso delle spese aggiuntive, con modificazione delle condizioni economiche e “fermo il resto”, ma non prevede un subentro della UBI Leasing S.p.a. nel contratto di appalto intercorso con la Gruppo B S.r.l.;

– l’art. 2 delle condizioni generali del contratto di leasing, invocato dall’appellante, prevede che la concedente o stipuli direttamente, su indicazione e responsabilità esclusiva dell’utilizzatore, i contratti di appalto, d’opera, di fornitura o di installazione ovvero che la stessa provveda “a subentrare in quelli che per l’ipotesi il medesimo (utilizzatore: n.d.r.) abbia già stipulato”; la UBI Leasing non ha, però, manifestato alcuna volontà in tal senso, né nell’accordo del 24 dicembre 2009, né successivamente; le fatture sono state intestate alla UBI Leasing senza il preventivo consenso della stessa e, per quelle di cui all’elenco prodotto dalla detta società (doc. 7 fascicolo di primo grado), il pagamento è avvenuto in forza dei citati accordi successivamente intercorsi con la utilizzatrice, circa l’ampliamento delle condizioni economiche del contratto di leasing, senza che ciò, come esposto, abbia determinato l’insorgenza di un’obbligazione di pagamento della concedente in leasing direttamente nei confronti dell’esecutore delle opere;

– come evidenziato dal tribunale, la fattura n. ***** (doc. 7 fascicolo di primo grado dell’appellata) non risulta compresa nell’elenco che la UBI Leasing ha dedotto esserle stato comunicato dalla Gruppo B e sulla base del quale è stato poi concluso l’accordo del 24 dicembre 2009 per la ricomprensione delle spese aggiuntive nel corrispettivo di leasing;

– che le fatture di cui alla scrittura del 24 dicembre 2009 fossero quelle di cui al citato elenco doc. 7 è stato contestato dalla Gruppo B soltanto in appello, e, quindi, tardivamente, dovendosi, pertanto, ritenere prodotti gli effetti di cui all’art. 115 c.p.c.;

– con l’accordo del 24 dicembre 2009 il finanziamento venne limitato all’importo di Euro 1.450.000 oltre IVA; l’importo delle fatture dell’elenco doc. 7 raggiunge tale importo e la fattura n. ***** non solo è fuori dall’elenco ma è anche fuori dall’importo di cui al finanziamento;

– è irrilevante che la Ubi Leasing S.p.a. abbia pagato direttamente a L. & G. alcune fatture, relative a lavori certamente eseguiti in epoca successiva all’originario contratto di leasing mà non comprese nell’elenco di cui al doc. 7 (fatture nn. *****), ciò non implicando di per sé l’assunzione di un obbligo di pagamento anche dell’ulteriore fattura;

– la rilevanza del limite quantitativo dell’importo finanziato con l’accordo del dicembre 2009 è coerente proprio con l’art. 2 delle condizioni generali del contratto di leasing invocato dall’appellante: tale clausola prevede, infatti, che la concedente stipuli i contratti direttamente con le imprese scelte dall’utilizzatore ovvero subentri in quelli che per ipotesi abbia già stipulato “nei limiti dei costi preventivati di cui al punto g) delle premesse”, non potendosi, pertanto, ritenere sussistente, al di fuori dei limiti entro i quali la concedente ha espresso il proprio consenso, l’obbligo della stessa, anche nei confronti della utilizzatrice, di dare copertura finanziaria ad ulteriori costi;

– l’esclusione di un subentro della concedente nel contratto con la L. & G. s.n.c. e la ricostruzione della fattispecie in termini di delegazione di pagamento comportano anche l’esclusione dell’obbligo di pagamento degli interessi moratori in capo alla UBI Leasing S.p.a.;

– il tribunale ha fatto corretta applicazione del principio della soccombenza anche con riferimento alle spese del procedimento monitorio (poste a carico dell’ingiungente), posto che il pagamento della somma di Euro 152.940, già preannunciato dalla UBI Leasing nell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, è avvenuto in forza degli impegni assunti dalla concedente nei confronti della utilizzatrice ed in assenza, come esposto, di un’obbligazione nei confronti della L. & G. s.n.c., sicché tale pagamento non può essere valorizzato al fine di una regolamentazione diversa delle spese del procedimento monitorio.

3. Avverso tale sentenza la L. & G. di B.L. e F.G. s.n.c. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resiste la UBI Leasing S.p.a., depositando controricorso.

L’altra intimata non svolge difese nella presente sede.

La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.

La ricorrente e la controricorrente hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione o falsa applicazione di norme di diritto, relativamente allo schema tipico causale del rapporto di leasing e all’art. 1362 c.c., per l’errata interpretazione del contratto di leasing, in ordine alla ritenuta necessità di specifica manifestazione di volontà, da parte di Ubi Leasing S.p.a., a subentrare nei contratti di appalto conclusi dall’utilizzatore Gruppo B S.r.l. con il fornitore L. & G., ai fini dell’assunzione in capo alla società di leasing di un obbligo di pagamento, nei confronti del fornitore delle opere eseguite per la realizzazione del bene promesso (struttura alberghiera) in locazione finanziaria” (così nell’intestazione).

1.1. Sostiene che, in forza del collegamento negoziale tra contratto di locazione finanziaria e contratto di fornitura, nell’impegno – nel quale questo si concreta – di mettere a disposizione dell’utilizzatore il bene promesso avrebbe dovuto considerarsi già incluso l’obbligo, da parte della società concedente, di remunerare il soggetto fornitore del bene concesso in leasing, a fronte del pagamento di un canone da parte dell’utilizzatore. Essendo, dunque, nella specie la ricorrente L. & G. il soggetto fornitore che ha concorso (unitamente alle altre imprese che hanno lavorato per la realizzazione e la ristrutturazione dell’Hotel *****) a realizzare il bene promesso in locazione finanziaria da Ubi leasing a Gruppo B, spettava alla società concedente, in forza del collegamento negoziale anzidetto, pagare il fornitore che, con le sue opere, aveva reso possibile la concessione in leasing della struttura alberghiera.

La tesi censoria e’, dunque, che l’assunzione dell’obbligo di pagamento della concedente nei confronti della impresa esecutrice dei lavori discende direttamente dal collegamento negoziale tra il contratto di leasing ed il contratto di fornitura, senza alcuna necessità che Ubi Leasing manifestasse la propria volontà di subentrare nel contratto di appalto/fornitura esistente tra Gruppo B e L. & G., né che avesse autorizzato espressamente le opere.

1.2. Lamenta, inoltre, la ricorrente, mal governo dei criteri legali di esegesi contrattuale.

1.2.1. Con riferimento al criterio letterale osserva, infatti, che il contenuto del contratto di leasing non richiedeva la manifestazione di alcuna specifica volontà da parte di Ubi Leasing a subentrare nei contratti di appalto per la realizzazione del bene promesso in locazione finanziaria, né l’espressa e specifica autorizzazione da parte di quest’ultima delle opere di ristrutturazione necessarie.

Riportato, per ampi stralci, il testo degli artt. 2 e 5 delle condizioni generali del contratto di leasing, sostiene che da essi si trae conferma della sopra esposta esegesi.

1.2.2. A conclusione non diversa – afferma – porta il criterio della comune intenzione delle parti, quale desumibile dalle seguenti circostanze:

– per i lavori in questione L. & G. ha emesso in totale n. 7 fatture, tutte intestate a Ubi Leasing S.p.a., per il complessivo importo di Euro 464.940,00; fatture: n. *****, n. *****, n. *****, nn. *****, n. ***** e n. *****;

– di tali fatture Ubi leasing ne ha saldato sei, senza mai contestare che si trattasse di debiti propri, versando complessivamente a L. & G. l’importo di Euro 428.940; in particolare: le fatture n. ***** alla scadenza pattuite e le fatture nn. ***** dopo aver ricevuto la notifica del decreto ingiuntivo, saltando inspiegabilmente solo la fattura n. *****, che era la terza in ordine di emissione;

– Ubi Leasing non ha contestato la suddetta fattura né i solleciti di pagamento inviati da L. & G., mai opponendo di non essere obbligata al saldo delle prestazioni richieste;

– in conformità all’art. 2 delle condizioni generali del contratto di leasing, tutte le fatture emesse da L. & G. sono state timbrate da Gruppo B in segno di gradimento delle opere realizzate e sono state altresì vistate dal Direttore dei Lavori e dal sig. Bo.En. in segno accettazione e di riconoscimento della conformità alle regole dell’arte;

– con l’accordo del 24 dicembre 2009 tra Ubi Leasing e Gruppo B, richiamata la disciplina dettata dal contratto di leasing, le parti si sono limitate a rivedere il corrispettivo, la durata e le condizioni di pagamento del canone, in ragione di una serie di lavori aggiuntivi che si sono dovuti realizzare per completare l’immobile, “fermo il resto”; senza dunque nulla mutare quanto alla disciplina dei rapporti tra le parti e, in particolar modo, con gli appaltatori, proprio perché essa era già puntualmente dettata dall’originario contratto di leasing;

– Gruppo B, nel costituirsi in giudizio, e poi ancora nel giudizio di appello, aveva più volte confermato che, in forza del contratto di leasing, essa era autorizzata dalla proprietaria a stipulare direttamente i contratti con i vari appaltatori, i quali erano autorizzati ed anzi dovevano emettere le fatture direttamente ad UBI Leasing, la quale era tenuta a pagarle.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., in ordine alla ritenuta non contestazione circa il fatto dell’inesistenza, in capo ad Ubi Leasing, di un’obbligazione contrattuale di pagamento nei confronti di L. & G., relativamente alla fattura n. *****”.

La censura investe l’affermazione secondo cui, sul mancato inserimento della fattura n. ***** tra quelle cui era riferito l’ampliamento del finanziamento concordato con la scrittura del 24 dicembre 2009, si sarebbero prodotti gli effetti di cui all’art. 115 c.p.c., stante la mancata tempestiva contestazione di tale circostanza da parte della utilizzatrice Gruppo B S.r.l..

Obietta al riguardo la ricorrente che, in realtà, la società Gruppo B, sin dalla comparsa di costituzione e risposta nel primo grado di giudizio aveva individuato le obbligazioni di Ubi Leasing nei confronti propri e di L. & G. in modo contrastante con la tesi avversaria, ciò equivalendo a specifica contestazione dei fatti posti da Ubi Leasing a fondamento delle proprie difese.

Rileva che l’elenco delle fatture prodotto come doc. 7 da Ubi Leasing nel proprio fascicolo di primo grado non possiede i requisiti della prova documentale, mancando dei caratteri essenziali della sottoscrizione e della data, sicché esso costituisce mera allegazione di fatti che dovevano essere provati dalla parte deducente.

Tale prova – soggiunge – non può essere ricavata dall’accordo del 24 dicembre 2009 (nel quale la concedente dà atto che “a seguito del ricevimento di tutte le fatture relative alle spese aggiuntive all’immobile locato (pari a totali Euro 1.450.000,00 oltre Iva),… tale somma verrà inclusa nel contratto di leasing in oggetto”), dal momento che ad esso non risultavano allegate le fatture incluse nell’ampliamento del finanziamento, né lo era il citato elenco prodotto in giudizio da Ubi leasing come documento separato.

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, infine, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. per avere la corte d’appello applicato il principio della soccombenza c.d. virtuale con riferimento alle spese del procedimento monitorio, poste integralmente a carico di L. & G. in ragione della revoca del decreto ingiuntivo.

Rileva che il pagamento di gran parte della somma ingiunta (Euro 152.940 su Euro 188.940), comportando bensì la revoca del decreto ingiuntivo, non esonerava però il giudice dal dovere di liquidare le spese relative secondo il principio di della soccombenza c.d. virtuale e, dunque, valutando la fondatezza dei motivi di opposizione con riferimento alla data di emissione del decreto.

Ciò avrebbe dovuto condurre a ritenere soccombente la società ingiunta, che aveva fatto subito prontezza del detto pagamento, non rilevando di contro che il pagamento fosse avvenuto, secondo la tesi dell’opponente, in forza di un impegno assunto dalla stessa nei confronti dell’utilizzatrice Gruppo B, dal momento che, se anche così fosse, Ubi Leasing era in ogni caso tenuta a pagare a L. & G. le fatture anzidette, di guisa che anche in quella prospettiva l’opposizione sarebbe stata comunque infondata relativamente alle somme corrisposte.

Ne’ a tanto ostava – soggiunge la ricorrente – il fatto che l’ingiunzione fosse stata richiesta per un importo (di poco) superiore rispetto a quanto corrisposto da Ubi Leasing, tale circostanza potendo semmai portare a ridurre proporzionalmente l’ammontare delle spese del procedimento monitorio da rifondere, ma non ad una totale esclusione delle stesse.

4. I tre motivi sono suscettibili di esame congiunto per essere ciascuno di essi destinato a infrangersi contro la ratio decidendi della sentenza che nessuno di essi riesce ad attingere nel suo nucleo centrale, di tutti dunque dovendo conseguentemente affermarsi l’inammissibilità, per aspecificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4.

La ragione giustificativa cui si allude è rappresentata dal rilievo -oggetto di accertamento fattuale concordemente operato in entrambi i gradi del giudizio di merito e in sé non fatto segno di alcuna censura (comunque non consentita ex art. 348-ter c.p.c., u.c.) – secondo cui non vi è prova della stipulazione di un contratto di appalto tra la L. & G. di B.L. e F.G. s.n.c. e la UBI Leasing S.p.a., né del subingresso di quest’ultima in quello stipulato con la prima dalla utilizzatrice Gruppo B.

Tale rilievo sta a monte rispetto a quelli, meramente aggiuntivi, svolti in sentenza circa l’impossibilità di ritenere compreso, nell’estensione del finanziamento concordata tra concedente e utilizzatrice il 24 dicembre 2009, anche l’importo di cui alla fattura n. *****, emessa dalla appaltatrice in relazione a detti lavori, e vale comunque di per sé ad escludere che quest’ultima potesse, ex se, vantare alcuna pretesa diretta nei confronti della concedente il finanziamento.

Anche ammesso, infatti, per mera ipotesi, che dal contratto di leasing intercorso tra concedente e utilizzatrice e/o dal successivo accordo integrativo del 24 dicembre 2009 potesse desumersi l’assunzione, da parte della prima, dell’obbligo di far fronte al pagamento anche della fattura in questione, si sarebbe comunque trattato di un obbligo assunto nei confronti, appunto, della utilizzatrice, non della ditta appaltatrice, che, rispetto al contratto di leasing propriamente detto, rimane terza estranea.

5. Al riguardo non può certo giovare alla ricorrente il richiamo allo schema astratto del contratto di locazione finanziaria quale consolidato nella prassi commerciale e da ultimo positivizzato nella L. 4 agosto 2017, n. 124, art. 1, comma 136.

E’ appena il caso di rammentare che, nella ricostruzione di tale figura negoziale, dottrina e giurisprudenza, abbandonata la tesi del contratto unitario plurilaterale, sono da tempo concordi nel considerarla frutto del collegamento negoziale di due distinti contratti – quello di leasing propriamente detto (intercorrente tra concedente e utilizzatore) e quello di fornitura (intercorrente tra concedente e fornitore) – i quali però conservano la loro autonomia e la loro struttura bilaterale.

Tale collegamento e’, infatti, valorizzato solo quale ragione fondativa dell’attribuzione all’utilizzatore, argomentando ex art. 1705 c.c., comma 2, della possibilità di agire contro il fornitore per l’adempimento o per il risarcimento, non anche del diritto ad agire per la risoluzione del contratto di fornitura cui l’utilizzatore è estraneo (Cass. Sez. U. 05/10/2015, n. 19785; v. anche Cass. 27/07/2006, n. 17145; 20/08/2018, n. 20825).

Tanto meno si mai è ipotizzata la configurabilità del contratto di leasing propriamente detto come contratto a favore di terzo, come tale idoneo ad attribuire al fornitore diritti azionabili nei confronti di quello, tra i tre soggetti interessati all’operazione, rimasto però estraneo al contratto di fornitura, essendosi piuttosto rimarcata, oltre, come detto, alla struttura bilaterale dei due contratti collegati, anche l’ineludibilità della fondamentale regola della relatività del contratto (art. 1372 c.c.), in base alla quale questo ha forza di legge tra le parti, non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge e “non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge” (v. Cass. Sez. U. n. 19785 del 2015, cit.).

6. Ma il richiamo si appalesa malposto anche per altra assorbente ragione.

La concreta vicenda contrattuale, per la parte almeno che qui viene in considerazione, ossia per i lavori di ristrutturazione dell’immobile posto ad oggetto dell’originario contratto di leasing, non è sovrapponibile all’invocato schema astratto del contratto di locazione finanziaria mancando in essa uno dei due elementi coessenziali alla sua configurazione, ossia il contratto di fornitura tra concedente e fornitore.

Nel caso in esame, invero, secondo quanto pacifico in causa, è stata l’impresa utilizzatrice che non solo ha trattato con l’appaltatore ma ha anche direttamente e in proprio nome stipulato il contratto d’appalto strumentale alla esecuzione delle opere per il quale aveva chiesto il finanziamento alla c.d. concedente.

In tale contesto gli obblighi e i diritti di quest’ultima appaiono, per tale parte, modellati più sul contratto di mutuo che su quello di leasing.

E’ ben vero che, con l’art. 2 delle condizioni generali di contratto, Ubi leasing si impegnava nei confronti di Gruppo B a “stipulare, su indicazione e sotto la responsabilità esclusiva dell’utilizzatore e con le imprese e altri soggetti da lui scelti, i regolari contratti d’appalto, d’opera, di fornitura, d’installazione ecc. che il medesimo abbia ad indicare, ovvero a subentrare in quelli che per ipotesi il medesimo abbia già stipulato” ed è altrettanto indubbio che tale impegno evocava ed era evidentemente diretto a consacrare proprio quel collegamento teleologico tra il contratto di locazione finanziario. ed il prefigurato contratto di appalto con il soggetto terzo appaltatore.

Tutto ciò però non toglie che: a) si tratta di un impegno che, per il richiamato principio di relatività degli effetti del contratto, produce effetto obbligatorio solo nei confronti della controparte di quel contratto; b) come tale non è certamente idoneo di per sé a realizzare quella stipula o quel subingresso nel contratto di fornitura solo prefigurato; c) in punto di fatto, così come incontestatamente accertato, esso non è stato seguito da un effettivo subingresso della finanziatrice nel contratto di appalto, ma solo da un ulteriore accordo con la utilizzatrice diretto a integrare e precisare i limiti dell’estensione del finanziamento concesso.

Resta dunque il fatto che gli accordi contrattuali, nonostante la diversa operazione prefigurata nel menzionato art. 2 delle condizioni generali del contratto di leasing, non si sono ad essa conformati ma hanno assunto una diversa configurazione.

Ubi Leasing si e’, più precisamente, di fatto impegnata, con il contratto originario e poi con l’accodo integrativo del 24 dicembre 2009, (solo) a finanziare gli impegni assunti da Gruppo B nei confronti della ditta appaltatrice, accettandone la delegazione di pagamento (art. 1269 c.c.).

Meno ancora, pertanto, è possibile sostenere che la delegataria possa vantare alcun diritto azionabile direttamente nei confronti del delegato.

Mette conto al riguardo rammentare che:

a) secondo acquisizioni pacifiche nella giurisprudenza di legittimità, la delegazione di pagamento – a differenza della delegazione di debito, la quale ha funzione creditoria (delegati promittendi), aggiungendo un nuovo debitore (delegato) con posizione di obbligato principale accanto al debitore originario (delegante) sì da rafforzare la posizione del creditore delegatario – ha funzione solutoria (delegatio solvendi), prevedendo che l’obbligazione sia adempiuta da un terzo (delegato) anziché dal debitore (delegante), senza per ciò solo aumentare gli obbligati verso il creditore delegatario (Cass. 12/03/1973, n. 676; 20/04/2020, n. 7945);

b) l’assunzione dell’obbligo da parte del delegato, a norma dell’art. 1268 c.c., non esige speciali requisiti di forma e può avvenire anche per fatti concludenti e in via progressiva (Cass. 11/09/2007, n. 19090; 19/02/2019, n. 4852); tuttavia, stabilire se trattasi in concreto di delegati, promittendi ex art. 1268 c.c., quindi se il delegato sia direttamente obbligato verso il delegatario e questi possa agire direttamente verso il delegato, o si tratti invece di mera delegatio solvendi ex art. 1269 c.c., senza azione diretta del delegatario verso il delegato, è valutazione di fatto, rientrante nella discrezionalità del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, ove non risultino violati i criteri legali di ermeneutica negoziale (Cass. 09/12/2003, n. 18735; n. 7945 del 2020, cit.).

Nel caso di specie la qualificazione dell’obbligo assunto da Ubi Leasing nei confronti di Gruppo B, con riferimento al debito nascente dal contratto di appalto in questione, in termini di mera delegatio solvendi è chiara e univoca in sentenza e tale accertamento non risulta fatto segno di alcuna pertinente censura di vizio motivazionale (trattandosi come detto di accertamento in fatto), peraltro comunque preclusa, come detto, dall’essere tale qualificazione oggetto di c.d. doppia conforme ex art. 348-ter c.p.c., u.c..

Ferma tale preclusione, mette conto solo precisare che non potrebbe assumere alcun rilievo sul punto la circostanza che le fatture relative ai corrispettivi maturati dalla appaltatrice siano state intestate direttamente alla delegata.

Va in tal senso ribadito che la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla sua funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, s’inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, e si struttura secondo le forme di una dichiarazione, indirizzata all’altra parte, avente ad oggetto fatti concernenti un rapporto già costituito, onde, quando tale rapporto, per la sua natura o per il suo contenuto, sia oggetto di contestazione tra le parti stesse, la fattura, ancorché annotata nei libri obbligatori, non può, attese le sue caratteristiche genetiche (formazione ad opera della stessa parte che intende avvalersene), assurgere a prova del contratto, ma, al più, rappresentare un mero indizio della stipulazione di quest’ultimo e dell’esecuzione della prestazione indicata, mentre nessun valore, nemmeno indiziario, le si può riconoscere tanto in ordine alla corrispondenza della prestazione indicata con quella pattuita, quanto in relazione agli altri elementi costitutivi del contratto tant’e’ che, contro ed in aggiunta al contenuto della fattura, sono ammissibili prove anche testimoniali dirette a dimostrare eventuali convenzioni non risultanti dall’atto, ovvero ad esso sottostanti (Cass. 28/04/2004, n. 8126).

7. Per le considerazioni che precedono il primo motivo va considerato inammissibile.

La memoria che, come detto, è stata depositata dal ricorrente, ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., non offre argomenti diversi o ulteriori rispetto a quelli svolti in ricorso che possano indurre a diverso esito dell’esposto vaglio dei motivi.

8. A fortiori lo è anche il secondo, in quanto diretto a contestare, sotto peraltro un particolare e secondario profilo motivazionale, una ratio decidendi di rilievo logico secondario, ossia l’esclusione dell’importo recato dalla fattura n. ***** tra quelli per i quali vi era stata l’estensione del finanziamento concesso da Ubi leasing a Gruppo B: tale questione invero, per quanto detto, non può comunque riguardare la società appaltatrice, per non essere questa titolare di alcun diritto direttamente azionabile nei confronti di Ubi Leasing.

9. Ma le stesse considerazioni valgono ad evidenziare l’inammissibilità anche del terzo motivo, poiché inconferente rispetto alla effettiva ratio decidendi.

La ragione della soccombenza ascritta alla ingiungente, ai fini del regolamento delle spese del procedimento monitorio, è in sentenza per l’appunto rappresentata dalla esclusione in capo a questa di alcun diritto azionabile direttamente nei confronti di Ubi Leasing.

Indipendentemente, dunque, dall’avvenuto pagamento parziale, il decreto avrebbe dovuto comunque essere per tale ragione revocato.

La censura non coglie tale ratio decidendi e anzi vi contrappone una regola di giudizio (secondo cui l’impegno assunto nei confronti di Gruppo B di per sé valeva a rendere fondata, sia pure in parte, l’azione monitoria) manifestamente in contrasto con la ricordata giurisprudenza consolidata in tema di delegatio solvendi, donde l’inammissibilità del motivo predicabile, sotto tale profilo, anche ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1.

10. Lo scrutinio del ricorso deve pertanto condurre, in definitiva, ad una declaratoria di inammissibilità dello stesso, con la conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese, liquidate come da dispositivo.

11. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensiòdel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472