Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.5800 del 22/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 8241-2021 proposto da:

CONDOMINIO *****, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO CERRONE;

– ricorrente –

Contro

F.D., difesa personalmente ex art. 86 c.p.c.;

– controricorrente –

Avverso l’ordinanza dl TRIBUNALE di REGGIO EMILIA, depositata il 15/01/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/01/2022 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Condominio ***** ha proposto ricorso articolato in quattro motivi (1: violazione e falsa applicazione dell’art. 1988 c.c.; 2: violazione e falsa applicazione dell’art. 633 c.p.c.; 3: violazione e falsa applicazione “di legge”, erroneo riconoscimento della data di esigibilità degli interessi di mora; 4: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia) avverso l’ordinanza del 15 gennaio 2021 resa ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, dal Tribunale di Reggio Emilia.

2. Resiste con controricorso l’avvocato F.D..

3. Il Tribunale di Reggio Emilia ha ritenuto provata la pretesa di compenso per attività professionali svolte dall’avvocato F.D. in favore del Condominio *****, nella misura di Euro 13.176,11, sulla base delle lettere di incarico di cui ai nove documenti richiamati in ordinanza, nonché dei bilanci consuntivi per gli esercizi 2017, 2018, 2019 e 2020, aventi valore di riconoscimento del debito di Euro 13.176,11 in favore del medesimo avvocato F..

4. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il Presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

5. Non rileva l’eccezione pregiudiziale della controricorrente in ordine alla dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo resa dal Tribunale di Reggio Emilia in data 17 marzo 2021, quale conseguenza del rigetto dell’opposizione, essendo stato notificato in data 15 marzo 2021 il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 15 gennaio 2021 resa ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, dal Tribunale di Reggio Emilia. Il provvedimento di dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo ex art. 647 c.p.c. pronunciato dal Tribunale di Reggio Emilia rimane, invero, estraneo a questo giudizio di legittimità, avente ad oggetto la decisione inerente al giudizio di opposizione. Il controllo sulle condizioni che consentono la dichiarazione di esecutività è possibile, infatti, nell’ambito del giudizio di opposizione al decreto d’ingiunzione, prima e tempestivamente promosso o iniziato con opposizione tardiva; ovvero nel giudizio di opposizione all’esecuzione che sia promossa sulla base sulla base del decreto dichiarato esecutivo (ex multis, Cass. Sez. 1, 03/09/2009, n. 19119).

6. Il primo, il secondo ed il quarto motivo del ricorso del Condominio ***** sono inammissibili, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, per carenza di specificità e riferibilità all’essenziale ratio decidendi della pronuncia impugnata. E’ certo che, nel giudizio di cognizione avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali di un avvocato, ogni contestazione, anche soltanto generica, in ordine all’espletamento ed alla consistenza dell’attività che si assuma svolta, è idonea e sufficiente ad investire il giudice del potere-dovere di verificare il quantum debeatur, gravando sul professionista i relativi oneri probatori del credito azionato ex art. 2697 c.c. (Cass. Sez. 2, 11/01/2016, n. 230).

Al riguardo, con apprezzamento di fatto rientrante fra le prerogative del giudice del merito e non censurabile in sede di legittimità, se non nei limiti del richiamato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il Tribunale di Reggio Emilia ha accertato che vi fosse prova degli incarichi di difensore conferiti all’avvocato F. in base ai documenti prodotti e che i relativi compensi potessero quantificarsi in base all’importo riportato dal condominio in quattro successivi rendiconti annuali.

A norma dell’art. 116 c.p.c., rientra nel potere discrezionale come tale insindacabile – del giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, apprezzare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, fare ricorso a presunzioni ex art. 2727 c.c. e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. Tale operazione, che suppone un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, non è ammessa davanti alla Corte di cassazione, neanche quando il giudice di merito abbia posto alla base del suo apprezzamento massime di esperienza, non essendo consentito di procedere nel giudizio di legittimità ad un nuovo esame di merito attraverso una autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa, ovvero mediante l’adozione di concorrenti regole inferenziali (Cass. Sez. L, 27/07/2017, n. 18665).

Nel vigore del testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, non è poi più configurabile il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, né il ricorrente denuncia una ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del n. 4) del medesimo art. 360 c.p.c. per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

Nella specie, va corretta soltanto la motivazione dell’ordinanza impugnata in punto di valenza probatoria delle delibere di approvazione del rendiconto.

La deliberazione dell’assemblea di condominio che procede all’approvazione del rendiconto consuntivo non ha valore di ricognizione di debito, ex art. 1988 c.c., nei confronti del terzo creditore in relazione alle poste passive in esso indicate, mancando della natura di dichiarazione unilaterale recettizia, la quale comporta che l’effetto di astrazione processuale della “causa debendi” si verifichi soltanto se detta dichiarazione è indirizzata alla persona del creditore.

Tuttavia, il rendiconto condominiale regolarmente approvato dall’assemblea ben può formare prova in ordine ai debiti del condominio medesimo, il cui apprezzamento è affidato alla libera valutazione del giudice del merito, alla stregua di ogni altro elemento acquisito agli atti di causa.

7. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, per carenza di specificità e riferibilità all’essenziale ratio decidendi della pronuncia impugnata. Il ricorrente lamenta il termine di esigibilità degli interessi di mora, che il decreto ingiuntivo opposto aveva individuato con riguardo alle date delle fatture emesse dalla professionista. La censura è innanzitutto estranea al contenuto dell’ordinanza impugnata, né il ricorrente precisa di aver dedotto tale questione già nel giudizio di merito; la stessa censura, peraltro, neppure si confronta con il D.Lgs. n. 231 del 2002, artt. 1, 2 e 4, recante la disciplina contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, che si applica anche ai contratti d’opera professionale.

8. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

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