LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. CIRESE Marina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12896-2016 proposto da:
DISTILLERIE G. DI LORENZO S.r.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato GIOVANNI GIRELLI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale estesa a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
EQUITALIA CENTRO S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato M. GIOVANNA GALLIGARI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale estesa a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 174/03/2016 della Commissione Tributaria Regionale dell’UMBRIA, depositata il 12/4/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/2/2022 dal Consigliere Relatore Dott.ssa DELL’ORFANO ANTONELLA.
RILEVATO
CHE:
Distillerie G. Di Lorenzo S.r.L. propongono ricorso, affidato a cinque motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria aveva accolto l’appello di Equitalia Centro S.p.A. avverso la sentenza n. 862/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, in accoglimento del ricorso avverso avviso di mora, notificato in data 16/12/2013, con cui era stato chiesto il pagamento dell’accisa su prodotti alcolici di cui a precedente avviso di pagamento;
il Concessionario resiste con controricorso;
la difesa della ricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva dichiarando essere intervenuto il fallimento della società in questione.
CONSIDERATO
CHE:
1.1. premesso che il processo di Cassazione, in deroga ai principi generali in tema di interruzione di cui all’art. 299 c.p.c., non si interrompe in caso di intervenuto fallimento di una parte, ma prosegue, essendo dominato dal principio dell’impulso d’ufficio, con il primo mezzo la ricorrente denuncia nullità della sentenza e del procedimento per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto ammissibile la produzione documentale, in secondo grado, dell’appellante avente ad oggetto la copia della cartella di pagamento sottesa all’avviso impugnato, con relata di notifica;
1.2. la censura va disattesa;
1.3. questa Corte ha infatti affermato, sulla base di principi di diritto che il Collegio condivide, che nel processo tributario la produzione di nuovi documenti in appello è generalmente ammessa ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, e tale principio opera anche nell’ipotesi di deposito in sede di gravame dell’atto impositivo notificato, trattandosi di mera difesa, volta a contrastare le ragioni poste a fondamento del ricorso originario, e non di eccezione in senso stretto, per la quale opera la preclusione di cui all’art. 57 del detto decreto (cfr. Cass. n. 8313/2018);
2.1. con il secondo motivo si denuncia violazione di norme di diritto (art. 2712 c.c. e D.Lgs. n. 546 del 1192, art. 22, comma 5) per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto conforme all’originale la copia, prodotta dal Concessionario, della cartella di pagamento e della relata di notifica senza ordinare l’esibizione dell’originale, sebbene la contribuente avesse disconosciuto la suddetta conformità;
2.2. con il terzo motivo si denuncia violazione di norme di diritto (art. 2697 c.c.) per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto assolto l’onere probatorio a carico del Concessionario in merito alla notifica della cartella di pagamento, sottesa all’avviso di mora impugnato, unicamente sulla base della produzione di copie disconosciute ai sensi dell’art. 2712 c.c., prive di alcun collegamento tra le stesse ed illeggibili nella parte relativa alla relata di notifica;
2.3. le suddette censure vanno parimenti disattese;
2.4. come già più volte affermato da questa Corte (cfr. Cass. nn. 14950/2018), in tema di prova documentale, il disconoscimento, ai sensi dell’art. 2719 c.c., della conformità tra una scrittura privata e la copia fotostatica, prodotta in giudizio non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata, previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2, in quanto, mentre quest’ultimo, in mancanza di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità della copia all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni;
2.5. in tema di notifica della cartella esattoriale, laddove l’agente della riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento (recanti il numero identificativo della cartella) e l’obbligato contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’art. 2719 c.c., il Giudice, che escluda l’esistenza di una rituale certificazione di conformità agli originali, non può limitarsi a negare ogni efficacia probatoria alle copie prodotte, ma deve valutare le specifiche difformità contestate alla luce degli elementi istruttori disponibili, compresi quelli di natura presuntiva, attribuendo il giusto rilievo anche all’eventuale attestazione, da parte dell’agente della riscossione, della conformità delle copie prodotte alle riproduzioni informatiche degli originali in suo possesso (cfr. Cass. nn. 23426/2020, 23902/2017);
2.6. nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionale ha dunque effettuato un accertamento in punto di fatto ed espresso una valutazione di merito che come tale è insindacabile in questa sede di legittimità, avendo ritenuto la conformità delle copie all’originale rilevando che “la cartella esattoriale contenente la relata di notifica, prodotta in copia dichiarata autentica da un ufficio pubblico qual è l’Agenzia delle Dogane risulta(va)… leggibile e conferma(va)… non solo la data di notifica nel giorno 26 aprile 1999 ma cont(eneva)… anche il nome della sig.ra Irma di Sarno che risulta(va)… essere allora – come ancora… almeno alla data del 26/2/16 – legale rappresentante della società”;
3.1. con il quarto mezzo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, per avere la Commissione Tributaria Regionale respinto le eccezioni sollevate dalla ricorrente relative all’avviso di mora impugnato (“non debenza degli interessi moratori nel periodo di sospensione disposto dal Tribunale di Perugia, omessa indicazione dei tassi d’interesse, percentuale del compenso dell’esattore ritenuta abnorme”), rimaste assorbite nella sentenza di primo grado, ritenendo che la parte contribuente, sebbene vittoriosa in primo grado, avrebbe dovuto proporre sul punto appello incidentale;
3.2. la censura è fondata;
3.3. in materia di impugnazioni, la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, non ha, infatti, l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le eccezioni o le questioni superate o assorbite, difettando di interesse al riguardo, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente, in modo tale da manifestare la volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (cfr. Cass. nn. 25840/2021, 11653/2020);
3.4. avendo la stessa Commissione Tributaria Regionale dato atto, nella sentenza impugnata, che le suddette questioni erano state “riproposte” dall’appellata in secondo grado, sebbene senza proporre appello incidentale, ne consegue la fondatezza della doglianza della ricorrente avendo quest’ultima manifestato ritualmente la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un comportamento omissivo;
4.2. con il quinto motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto domanda nuova, e quindi inammissibile, la richiesta di applicazione dello ius superveniens di cui al D.L n. 192 del 2014, art. 10, comma 12 vicies, conv. (“In attesa di apposita regolamentazione in ordine all’estinzione della pretesa tributaria, è differita al 31 dicembre 2017 l’esecuzione della pretesa tributaria nei confronti del soggetto obbligato al pagamento dell’accisa qualora dal procedimento penale instaurato per i medesimi fatti accaduti anteriormente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48, non sia derivata una sentenza di condanna passata in giudicato in cui sia riconosciuto dolo o colpa grave per il medesimo soggetto obbligato”);
4.3. la censura va disattesa, in quanto, come correttamente rilevato anche dalla Commissione Tributaria Regionale, trattasi in ogni caso di questione relativa all’esecuzione coattiva della pretesa tributaria sul patrimonio della contribuente, con conseguente possibilità per quest’ultimo di impugnare gli eventuali atti di esecuzione coattiva posti in essere nei suoi confronti;
5. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, va accolto il quarto motivo e respinti i rimanenti motivi, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza limitatamente al motivo accolto e rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale dell’Umbria in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, respinti i rimanenti motivi; cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Umbria in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 17 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022