LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28027/2015 R.G. proposto da:
Gestoil s.r.l., in liquidazione (C.F. *****), in persona del liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe La Spina, elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma piazza Cola di Rienzo 92;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle dogane e dei monopoli, (C.F. *****), in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, in Roma via dei Portoghesi 12;
– resistente –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 5326 del 2015, depositata il 25 settembre 2015;
Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2021 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fichera.
FATTI DI CAUSA
Umbria Olii s.r.l. propose opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento spiccata dall’Agenzia delle dogane, tesa ad ottenere la ripetizione di talune somme in precedenza erroneamente erogatele a titolo di c.d. prefinanziamento del contributo economico, previsto dalla disciplina comunitaria a favore degli esportatori di olio italiano all’estero.
Accolta parzialmente in primo grado l’opposizione, l’Agenzia delle dogane propose gravame innanzi alla Corte d’appello di Roma, che con sentenza depositata il 25 settembre 2015, in riforma della decisione impugnata, respinse l’opposizione della società assumendo che gli aiuti comunitari erano stati richiesti in riferimento ad olio da esportare in recipienti di capienza non superiore a cinque litri, mentre nel deposito doganale in vista dell’esportazione era stato collocato soltanto dell’olio in forma sfusa.
Avverso detta sentenza Gestoil s.r.l. in liquidazione, già Umbria Olii s.r.l., ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico mezzo, illustrato anche da memoria, mentre l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha depositato atto di costituzione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo deduce la ricorrente la violazione degli artt. 4 e 5 del reg. CEE 565/1980, degli artt. 22, 25, 26, 28, 29 30 e 31 del reg. CEE n. 3665/1987, del reg. CE n. 729/1970, degli artt. 98 e 109, comma 2, del reg. CEE 12/10/1992, n. 2913, dell’art. 2033 c.c., nonché vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo il giudice di merito errato nel ritenere che l’istante fosse decaduto dal diritto ad ottenere in regime di prefinanziamento il contributo comunitario spettante, solo perché l’olio da esportare era stato depositato in forma sfusa in un deposito doganale privato previa autorizzazione dell’Amministrazione.
1.1. Il motivo non ha fondamento, per quanto si dirà.
L’art. 5, comma 1 del reg. CEE n. 565/1980 del Consiglio, relativo al pagamento anticipato delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli – oggi abolito dal reg. CE n. 1713/2006 -, stabiliva che a richiesta dell’interessato “viene pagato un importo pari alla restituzione all’esportazione non appena i prodotti o le merci siano sottoposti al regime di deposito doganale o di zona franca ai fini della loro esportazione entro un determinato termine”; siffatto sistema si incentrava, in sostanza, sull’erogazione di un importo di denaro agli esportatori di prodotti agricoli (c.d. “prefinanziamento”), ancorato alla quantità di merce ancora da esportare.
L’art. 25, commi 1 e 2 del reg. CEE n. 3665/1987 della Commissione, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli, disponevano che l’esportatore, al fine di fruire di una restituzione, in applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 4 o 5 del reg. CEE n. 565/1980, dovesse presentare alle autorità doganali una “dichiarazione di pagamento”, che recava tutti i dati necessari per calcolare l’importo della restituzione.
Inoltre, ai sensi dell’art. 26, comma 1, del reg. CEE n. 3665/1987, “alla data di accettazione della dichiarazione di pagamento, i prodotti o le merci devono essere sottoposti a controllo doganale fino a quando lasciano il territorio doganale della Comunità o raggiungono una destinazione prevista”.
Infine, l’art. 28 del reg. CEE n. 3665/1987 recitava che per i prodotti o le merci destinati all’esportazione, dopo essere stati sottoposti a regime di deposito doganale o di zona franca, si prendevano in considerazione, al fine di calcolare la restituzione e l’importo compensativo monetario, i risultati dell’esame sia della dichiarazione di pagamento che dei prodotti o delle merci di cui trattasi.
Alla luce del quadro normativo comunitario sopra descritto, corretta si palesa la decisione del giudice di merito, che ha ritenuto indebito l’importo compensativo monetario ricevuto dall’odierna ricorrente, considerato che, al momento della custodia nel deposito doganale privato e della relativa “dichiarazione di pagamento”, la predetta dichiarò di avere in animo di esportare all’estero una determinata quantità di olio in recipienti di capacità fino a cinque litri, mentre in realtà l’olio effettivamente consegnato nel detto deposito doganale si trovava ancora in serbatoi allo stato sfuso.
Dunque, come accertato dalla corte d’appello, i beni da esportare indicati nella dichiarazione di pagamento non corrispondevano esattamente al prodotto custodito nel deposito doganale; con il risultato che la società non aveva diritto a ricevere l’importo compensativo come calcolato sulla base di una dichiarazione di pagamento non corrispondente alla reale consistenza della merce depositata.
1.2. Va soggiunto che, ai sensi dell’art. 28, comma 4, del reg. CEE n. 3665/1987, i prodotti o le merci sottoposti al regime di deposito doganale potevano formare oggetto delle seguenti manipolazioni: “a) inventario; b) apposizione sui prodotti o sulle merci o sui loro imballaggi di marchi, timbri, etichette o altri segni distintivi similari, purché detta apposizione non sia tale da conferire ai prodotti o alle merci un’origine apparente diversa dall’origine reale; c) modifica dei marchi e numeri dei colli, purché tale modifica non sia tale da conferire ai prodotti o alle merci un’origine apparente diversa dall’origine reale; d) imballaggio, disimballaggio, cambio d’imballaggio, riparazione degli imballaggi; e) ventilazione; f) refrigerazione; g) congelamento”.
E’ evidente, allora, come la manipolazione eseguita dalla società ricorrente successivamente al deposito doganale (id est il travaso dell’olio sfuso nei recipienti con capienza massima di cinque litri) rientrava in alcuna di quelle ammesse dalla suddetta normativa, restando escluso pertanto che il detto travaso dell’olio sfuso possa considerarsi irrilevante ai fini dell’applicazione della disciplina sugli aiuti comunitari di cui si tratta.
2. Nulla sulle spese in difetto di attività difensiva dell’amministrazione resistente; sussistono i presupposti per l’applicazione nei confronti del ricorrente del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, ove dovuto.
P.Q.M.
Respinge il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022