LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANCINO Rossana – Presidente –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22001-2016 proposto da:
CUDA SERVIZI TECNICI IMPIANTI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato MARIO ANTONINI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIULIANO GIUGGIOLI, GIUSEPPE CIMINO;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S., ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO;
– controricorrenti –
e sul ricorso successivo, senza numero di R.G. proposto da:
CV SERVICE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato MARIO ANTONINI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIULIANO GIUGGIOLI, GIUSEPPE CIMINO;
– ricorrente successivo –
contro
I.N.P.S., ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO;
– controricorrenti al ricorso successivo –
avverso la sentenza n. 95/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 21/03/2016 P.G.N. 243/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/01/2022 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO RITA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato MARIO ANTONINI;
udito l’Avvocato CARLA D’ALOISIO.
FATTO E DIRITTO
1. Con sentenza del 21.3.16 la corte d’appello di Torino – in riforma di sentenza del 24.3.15 del tribunale di Novara – ha rigettato la domanda delle società in epigrafe, proposti, in opposizione a verbale di accertamento con il quale l’INPS aveva rideterminato gli imponibili contributivi delle società con riferimento a dipendenti impiegati all’estero in paesi extracomunitari (Sierra Leone e Congo, in particolare) non legati all’Italia da accordi di sicurezza sociale.
2. In particolare, premesso che la base imponibile ai fini contributivi va determinata con la retribuzione convenzionale (la quale va individuata sulla base del raffronto con lo scaglione di retribuzione nazionale corrispondente), la corte territoriale ha ritenuto di includere nel calcolo le somme corrisposte per l’indennità di trasferta, in quanto essa aveva natura retributiva.
3. Avverso tale sentenza ricorrono la Cuda sia la CV service (quest’ultima con ricorso notificato prima, ma depositato dopo l’altro, e che quindi assume valore di ricorso incidentale), con tre motivi ciascuna, illustrati da memorie. Resiste l’INPS con controricorso.
4. Con il primo motivo le società deducono violazione del D.L. n. 317 del 1987, art. 4 conv. in L. n. 398 del 1987 nonché L. n. 153 del 1960, art. 12, D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 36 e L. n. 342 del 2000, art. 36 per avere la corte territoriale trascurato che la contribuzione è dovuta sulla retribuzione convenzionale e non su quella effettiva.
5. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., per avere la sentenza impugnata trascurato l’assenza di prova su trasferte specifiche.
6. Col terzo motivo si deduce violazione dell’art. 51, commi 5 e 6, TUIR e L. n. 153 del 1963, art. 12 per avere la corte territoriale trascurato la funzione compensativa e non retributiva delle trasferte.
7. I motivi dei diversi ricorsi sono sostanzialmente sovapponibili e possono essere esaminati congiuntamente. I motivi di ciascun ricorso sono inoltre connessi tra loro e consentono del pari una trattazione unitaria.
8. In diritto, va preliminarmente ricordato che il D.L. n. 317 del 1987, art. 4 prevede che i contributi dovuti per i regimi assicurativi per i lavoratori italiani operanti all’estero, in Paesi extracomunitari con i quali non sono in vigore accordi di sicurezza sociale, alle dipendenze dei datori di lavoro italiani e stranieri, sono calcolati su retribuzioni convenzionali. Tali retribuzioni, fissate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro e con quello delle finanze sono determinate con riferimento e comunque in misura non inferiore ai contratti collettivi nazionali di categoria raggruppati per settori omogenei. Tali decreti prevedono poi delle tabelle differenziate per settore di attività e, in seconda battuta, in relazione alle qualifiche dei dipendenti.
9. In tale contesto normativo, la corte territoriale ha accertato che ai lavoratori delle imprese era corrisposta oltre all’indennità estero anche l’indennità di trasferta, e che quest’ultima, avendo carattere stabile e non contingente, non era volta a compensare i lavoratori del disagio della prestazione all’estero (cui provvedeva la diversa indennità estero, non computata nella base di calcolo contributiva) e aveva sostanziale natura retributiva. La corte ha quindi affermato che in caso di attività lavorativa prestata all’estero in paesi extracomuinitari con i quali non sono in vigore accordi di sicurezza sociale, la determinazione del reddito rilevante ai fini contributivi va fatta con riferimento alle retribuzioni convenzionali stabilite nei decreti ministeriali; la corte ha evidenziato che gli ispettori avevano nella specie verificato che le retribuzioni convenzionali denunciate all’INPS risultavano inferiori a quelle corrispondenti alle fasce retributive entro le quali si collocavano le retribuzioni complessive registrate a favore dei dipendenti, costituite dalla somma di tutti gli emolumenti corrisposti compresa l’indennità di trasferta ed esclusa solo l’indennità estero.
10.Le ricorrenti invocano l’art. 48 TUIR per escludere dal reddito rilevante l’indennità di trasferta. Al riguardo però va evidenziato che questa Corte (Sez. L, sentenza 6.9.16, n. 17646), pur riferendosi a fattispecie di lavoro in paesi con stipula di accordi che consentono il mantenimento della copertura assicurativa in Italia, ha affermato in linea generale che dell’art. 48, il comma 8bis non si applica alla materia previdenziale, ma opera esclusivamente ai fini fiscali (come emerge dal riferimento normativo alla residenza ed al numero di giorni minimi, che appaiono privi di rilevanza per differenziare le posizioni dei lavoratori ai fini della copertura assicurativa): si è così affermato che, ai fini dell’individuazione della base imponibile per la determinazione dei contributi previdenziali dovuti in relazione alla posizione di lavoratori italiani che prestano attività lavorativa all’estero, deve aversi riguardo alla retribuzione effettivamente corrisposta e non alle retribuzioni convenzionali individuate con i D.M. richiamati dal D.L. n. 314 del 1987, art. 4, comma 1, conv. nella L. n. 398 del 1987, non essendo applicabile del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48, il comma 8 bis (poi divenuto 51 per effetto del D.Lgs. n. 344 del 2003) introdotto dalla L. n. 342 del 2000, art. 36, comma 1, che opera esclusivamente a fini fiscali e non incide sulla determinazione della retribuzione imponibile a fini contributivi.
11. Quanto alla correttezza dell’inclusione dell’indennità di trasferta nella retribuzione rilevante per individuare la fascia di retribuzione convenzionale di riferimento, questa Corte (Sez. L, Sentenza n. 17646 del 06/09/2016, Rv. 640998 – 01), nel ricordare che l’equiparazione del sistema contributivo con quello fiscale va fatta solo ove possibile, rispondendo il sistema contributivo alla tutela di interessi anche dei lavoratori e avendo carattere di autonomia, ha affermato l’inclusione dell’indennità di trasferta corrisposta al lavoratore nella base di calcolo della prensione spettante al lavoratore medesimo, in ragione della natura retributiva della stessa per come accertata nella specie dalla corte d’appello.
12.In tale contesto, in considerazione delle caratteristiche dell’indennità di trasferta e della conseguente natura retributiva dell’emolumento accertata dalla sentenza impugnata, può affermarsi la correttezza della decisione della corte nell’inclusione dell’indennità di trasferta nella retribuzione ai fini dell’individuazione della fascia di retribuzione convenzionale di riferimento da applicare ai fini contributivi.
13.Nelle memorie, le società sollevano eccezione di prescrizione dei contributi, affermando il decorso del termine quinquennale dalla data di notifica del verbale rilevante l’infrazione e l’assenza di atti interruttivi del giudizio ed in particolare l’assenza di efficacia interruttiva della richiesta dell’INPS espressa nella costituzione nel giudizio di merito – di rigetto della domanda di accertamento negativo del debito.
14.L’eccezione è infondata.
15.Già Cass. Sez. L -, Sentenza n. 21799 del 29/07/2021 (Rv. 661847 – 01) superando il precedente difforme reso da Sez. 3, Sentenza n. 12058 del 29/05/2014 (Rv. 630926 – 01) e richiamato dalle ricorrenti – ha affermato che la richiesta del convenuto di mero rigetto della altrui domanda di accertamento negativo di un debito può costituire domanda idonea a svolgere efficacia interruttiva della prescrizione del diritto vantato nei confronti del debitore, ex art. 2943 c.c., comma 2, se è volta, in concreto, a ribadire le ragioni del proprio credito e a chiederne giudizialmente l’accertamento, con i consequenziali effetti permanenti di cui all’art. 2945 c.c., comma 2, ben potendo un’azione di accertamento negativo dell’altrui negazione del credito contenere implicitamente un’azione di accertamento della titolarità della situazione giuridica dedotta in giudizio. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva negato efficacia interruttiva alla memoria di costituzione, con cui l’INPS chiedeva solo il rigetto dell’azione di accertamento negativo di un obbligo contributivo, senza accertare se tale richiesta trovasse fondamento in un’affermazione positiva delle sue ragioni creditorie).
16.L’indicata soluzione è applicabile vieppiù nel caso, come quello di specie, ove non si tratta di costituzione avverso una mera azione di accertamento negativo, ma di costituzione in un giudizio di opposizione a verbale di accertamento, ove l’Istituto nel chiedere la conferma del verbale ispettivo reitera la pretesa creditoria relativamente ai crediti contributivi portati dal verbale opposto (ed ivi analiticamente indicati per i vari periodi contributivi).
17.I ricorsi in definitiva vanno rigettati.
18.Spese secondo soccombenza.
19.Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi; condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano a carico di ciascuna in Euro 10.000 per competenze professionali ed Euro 200 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per i ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 gennaio 2022.