Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.6891 del 02/03/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6679-2014 proposto da:

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI PESCARA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 184, presso lo studio dell’avvocato ENRICO ZACCARETTI, rappresentata e difesa dall’avvocato PIERLUIGI TENAGLIA;

– ricorrente –

contro

G.M.D.L.A., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCA RAMICONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1284/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 19/11/2013 R.G.N. 1208/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/09/2021 dal Consigliere Dott. DE MARINIS NICOLA.

RILEVATO

– che, con sentenza del 19 novembre 2013, la Corte d’Appello di L’Aquila, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Pescara, accoglieva la domanda proposta da G.M.D.L.A. nei confronti della Azienda Unità Sanitaria Locale di Pescara, dichiarando l’illegittimità dei successivi contratti di lavoro a termine in virtù dei quali l’istante aveva prestato servizio presso la AUSL di Pescara quale infermiere e, ravvisato l’abuso nella reiterazione dei contratti, condannando l’AUSL datrice al risarcimento del danno nella misura di venti mensilità;

– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, diversamente dal primo giudice, infondata l’eccezione sollevata dalla AUSL di decadenza dell’istante dall’impugnativa giudiziale, per il decorso del termine di 270 giorni dall’inoltro dell’atto stragiudiziale di impugnativa del termine, essendo risultato provato l’essere il recapito della relativa missiva avvenuto in anticipo rispetto alla scadenza del termine predetto e, nel merito, illegittimi i contratti sottoscritti tra le parti, per non risultare specificatamente indicate nei predetti contratti, se non tramite un generico richiamo alle delibere del Direttore generale della AUSL, le ragioni dell’assunzione a termine e per non aver la AUSL dato prova della ricorrenza in concreto delle stesse, e, stante il ravvisato abuso nella reiterazione dei contratti medesimi, tali da legittimare la pretesa al risarcimento del danno, parametrato sul regime sanzionatorio di cui all’art. 18 Stat. lav.;

– che per la cassazione di tale decisione ricorre I’AUSL di Pescara, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, G.M.D.L.A..

CONSIDERATO

– che, con il primo motivo, la AUSL ricorrente, nel denunciare il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in una con la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., comma 1, imputa alla Corte la mancata considerazione della documentazione prodotta idonea, a detta della stessa ricorrente, ad integrare, quantomeno “per relationem”, il requisito della specifica indicazione delle ragioni dell’assunzione a termine;

– che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1 e 4 e art. 12 preleggi, lamenta la non conformità a diritto del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla non ravvisabilità in concreto di ragioni legittimanti nella specie il ricorso alle reiterate assunzioni a termine, deducendo che le ragioni invocate a sostegno dell’apposizione del termine, le quali si ribadiscono desumibili per relationem dalla documentazione prodotta, risponderebbero ad esigenze di temporaneità oggettive e verificabili cui la AUSL avrebbe conferito adeguata evidenza anche in forma scritta;

– che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 5, L. n. 300 del 1970, art. 18, commi 4 e 5, art. 2697 c.c. e art. 12 preleggi, comma 2, l’AUSL ricorrente lamenta la non conformità a diritto della statuizione con cui la Corte territoriale, ritenuto provato il danno, ha proceduto alla determinazione equitativa del medesimo, assumendo a parametro la norma statutaria con sommatoria dell’importo della sanzione minima pari a cinque mensilità e dell’indennità sostitutiva della reintegrazione;

– che il primo motivo si rivela inammissibile alla stregua del disposto del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, nel cui ambito non rientra l’ipotesi ravvisabile nella specie, per cui la documentazione prodotta, puntualmente presa in considerazione dalla Corte territoriale, che, dunque, non è incorsa nell’omesso esame degli atti acquisiti al giudizio e per ciò solo si sottrae alla censura sollevata in questa sede dalla AUSL ricorrente, sia stata valutata inidonea, sulla base dello stesso tenore del richiamo ad essa operato nei contratti conclusi tra le parti, ad integrare il requisito legale della specificità dell’indicazione in sede negoziale delle ragioni invocate a giustificazione dell’apposizione del termine;

che parimenti inammissibile deve ritenersi il secondo motivo, atteso – che la AUSL ricorrente, mentre si diffonde nel ribadire la circostanza di rilievo meramente formale della desumibilità dalle delibere assunte in sede amministrativa delle ragioni poste a base del ricorso alle ripetute assunzioni a termine si limita, sotto il profilo sostanziale dell’effettiva ricorrenza delle indicate ragioni, ad opporre l’apodittica affermazione per cui “le ragioni invocate a sostegno dell’apposizione del termine rispondono ad esigenze di temporaneità oggettive e verificabili cui la AUSL ha conferito adeguata evidenza anche in forma scritta” al rilievo recato dalla sentenza impugnata e sostanzialmente non fatto oggetto di specifica censura per cui i successivi contratti sarebbero stati conclusi “per soddisfare un’esigenza lavorativa ordinaria, corrente nel tempo immutata, tutt’altro che eccezionale o temporanea, ma destinata a soddisfare esigenze permanenti e durevoli del datore di lavoro, attuandosi una precisa volontà elusiva di una ordinaria assunzione a tempo indeterminato”

– che, di contro, il terzo motivo merita accoglimento per quanto di ragione alla stregua dell’orientamento a riguardo espresso da questa Corte a sezioni unite con la sentenza 5072/2016, secondo cui, atteso che il pregiudizio sofferto dal lavoratore, correttamente qui ritenuto sussistente per essere lo stesso, in base al diritto Eurocomunitario, soggetto ad un onere probatorio agevolato, tale da essere assolto sulla base di mere presunzioni, deve considerarsi normalmente correlato alla perdita di chance di altre occasioni di lavoro stabile (e non alla mancata conversione del rapporto, esclusa per legge con norma conforme sia ai parametri costituzionali che a quelli comunitari) e derivandone, appunto per l’impossibilità di identificare il pregiudizio del dipendente pubblico nella perdita del posto, l’incongruità del parametro di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, il parametro per la quantificazione del medesimo va individuato nella L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, disposizione espressamente riferita al risarcimento del danno in caso di illegittima apposizione del termine;

che, dunque, rigettati i primi due motivi di ricorso va accolto il terzo motivo e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione, che provvederà in conformità, disponendo altresì per l’attribuzione delle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati il primo ed il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022

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