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Commentatore sportivo rientra nella categoria dei lavoratori dello spettacolo

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.26256 del 11/09/2023

Anche il commentatore sportivo assurge a presentatore, a compartecipe della conduzione, quando la sua presenza si caratterizzi come continuativa e quando il suo ruolo sia pregnante e così travalichi quello di mero supporto tecnico e di autore di episodici commenti a margine.

Lo ha stabilito la Sezione lavoro della Cassazione con l’ordinanza n. 26256 depositata in data 11 settembre 2023.

La Suprema Corte ha confermato la sentenza della Corte d'appello di Roma che aveva qualificato due commentatori sportivi come lavoratori dello spettacolo, riconoscendo la fondatezza della pretesa contributiva azionata dall'INPS.

La Corte di merito ha evidenziato che le prestazioni di questi commentatori non erano semplici affiancamenti tecnici occasionali e irrilevanti, ma piuttosto vere e proprie partecipazioni alla conduzione e alla presentazione, così collocandosi nell'ambito delle prestazioni tipiche dei lavoratori dello spettacolo, come previsto dalla legge.

In particolare, le competenze sportive non rappresentavano un semplice controcanto occasionale e irrilevante ma costituivano invece parte integrante e forza propulsiva dello spettacolo, per l'incisività e la frequenza con cui hanno scandito lo spettacolo, fino a diventarne una componente qualificante e imprescindibile, che "non è possibile immiserire a un ruolo di mero e ancillare contorno".

La Corte ha inoltre chiarito che i lavoratori possono essere considerati parte della categoria dei lavoratori dello spettacolo, inclusi i ruoli di commentatori e presentatori, quando la loro prestazione è continua, significativa e integrale allo spettacolo, superando il ruolo di semplice supporto tecnico.

Infine, la Cassazione ha concluso che non esiste una vera e propria incompatibilità tra la figura dell'opinionista e quella del presentatore, in quanto il commentatore non si limita a dispensare in modo imparziale ed asettico il proprio sapere, ma si "contamina" in una costante osmosi tra il dettaglio tecnico e lo spettacolo. Ciò perché la dimensione spettacolare è intrinseca allo sport e il commento tecnico aiuta a evidenziarla.

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Cassazione civile, sez. lav., ordinanza 11/09/2023  n. 26256

FATTI DI CAUSA

1.- Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d'appello di Roma, con sentenza n. 3592 del 2016, depositata il 28 giugno 2016, ha qualificato le figure dei signori A.J. e B.G. come commentatori e conduttori-presentatori e ha dunque riconosciuto, a tale riguardo, la fondatezza della pretesa contributiva azionata dall'INPS, subentrato all'ENPALS, con cartella del 18 febbraio 2008.

La Corte territoriale ha confermato la pretesa contributiva anche per altre posizioni, enumerate in dispositivo, limitatamente al 60% del compenso, e per tutte ha configurato la più grave fattispecie dell'evasione.

Per la parte restante, la cartella è stata annullata ed è stato dunque accolto il gravame di (Omissis) s.r.l. contro la sentenza del Tribunale di Roma del 17 dicembre 2009, n. 20210.

2.- (Omissis) s.r.l. impugna per cassazione la sentenza della Corte d'appello di Roma, con ricorso avviato alla notifica il 28 giugno 2017.

3.- L'INPS resiste con controricorso, notificato il 3 agosto 2017.

4.- (Omissis) s.p.a. non ha svolto in questa sede attività difensiva.

5.- Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380-bis.1., comma 1, c.p.c..

6.- Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.

7.- La parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

8.- Il collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza nei sessanta giorni successivi alla camera di consiglio (art. 380-bis.1., comma 2, c.p.c.).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- (Omissis) s.r.l. formula quattro motivi di ricorso e, con i primi tre, censura le statuizioni concernenti la pretesa contributiva azionata dall'INPS per l'attività di A.J. e B.G., laddove, con il quarto mezzo, si duole dell'applicazione del regime sanzionatorio dell'evasione, per la parte in cui la cartella opposta è stata confermata.

1.1.- Con il primo motivo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), (Omissis) s.r.l. lamenta la violazione e/o la falsa applicazione del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 luglio 1947, n. 708, art. 3, del decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 15 marzo 2005 (Integrazione e ridefinizione delle categorie dei soggetti assicurati al fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo, istituito presso l'ENPALS), della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, commi 25-32, della L. 20 dicembre 1951, n. 1564, della L. 9 novembre 1955, n. 1122, della L. 5 agosto 1981, n. 416, art. 38, degli artt. 116 e seguenti della L. 23 dicembre 2000, n. 388, degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c..

Avrebbe errato la Corte territoriale nel qualificare i signori A. e B. come lavoratori dello spettacolo, categoria definita in termini tassativi dalla legge, e nell'equipararli ai presentatori e ai conduttori. La prestazione di commentatore tecnico, all'interno "di un programma (già) affidato alla conduzione del presentatore" (pagina 16 del ricorso per cassazione), non si atteggerebbe come prestazione artistica e sarebbe eterogenea rispetto a quella del presentatore, contraddistinta dal "carattere della professionalità e della stabilità nel mondo dello spettacolo" e da "una rappresentazione svolta con personale abilità, resa allo scopo di procurare divertimento, anche inteso in senso culturalmente ampio, degli spettatori" (pagina 17 del ricorso per cassazione).

Corretto, pertanto, sarebbe l'inquadramento nel regime della Gestione separata INPS di cui alla L. n. 335 del 1995.

1.2.- Con il secondo mezzo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), la ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, motivazione perplessa, illogica e contraddittoria.

Per le posizioni affini della signora M.C. e del signor Z.A., la Corte territoriale, con plateale contraddizione, sarebbe giunta a conclusioni diametralmente opposte. Ne deriverebbe "un contrasto irriducibile di affermazioni inconciliabili" (pagina 19 del ricorso per cassazione), che precluderebbe l'individuazione dell'iter logico della decisione impugnata.

1.3.- Con la terza censura (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la ricorrente prospetta, per le stesse ragioni illustrate a sostegno del secondo mezzo, la nullità della sentenza per contraddittorietà insanabile e obiettiva insufficienza della motivazione, con conseguente violazione dell'art. 132 c.p.c. e della Cost., art. 24.

1.4.- Con la quarta critica (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la ricorrente lamenta, infine, violazione della L. n. 388 del 2000, artt. 116 e seguenti.

Erroneamente la sentenza d'appello avrebbe sanzionato alla stregua delle norme sull'evasione il mancato pagamento dei contributi, benché i giudici del gravame, proprio sulla scorta della documentazione fornita dalla società, abbiano potuto acclarare la fondatezza della pretesa dell'INPS.

Tutti i collaboratori avrebbero stipulato un regolare contratto di lavoro e sarebbero stati inquadrati secondo la disciplina di legge e per ciascuno di essi la società avrebbe versato all'INPS la contribuzione dovuta. Non si potrebbe dunque ravvisare alcun intento di occultare i rapporti di lavoro o le retribuzioni imponibili.

2.- I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente, poiché prospettano la medesima questione sotto profili tra loro connessi.

Essi sono inammissibili.

2.1.- La sentenza impugnata, quanto alla posizione del signor A., puntualizza che "ha stipulato contratti di collaborazione autonoma in virtù dei quali ha partecipato in qualità di telecronista in eventi sportivi, in qualità di ospite opinionista di programmi sportivi durante tutta la stagione calcistica 2003-2004 e 2004-2005, garantendo la propria disponibilità tutti i giorni, anche non lavorativi, della settimana e l'impegno di partecipare alle riunioni preliminari" (pagina 7).

Dalle risultanze di causa si evince che la prestazione consisteva nel fornire un contributo tecnico alle domande del giornalista, nel fare "la "seconda voce" negli eventi di calcio, ossia nelle partite: se il telecronista chiedeva il suo parere egli diceva la propria opinione tecnica" (pagina 7).

La Corte territoriale raffigura la prestazione come "continuativa sia negli eventi sportivi del periodo sia durante tutta la trasmissione in affiancamento (...) del conduttore-telecronista" sul versante tecnico (la già citata pagina 7).

Le peculiarità riscontrate inducono i giudici d'appello ad annoverare la figura del signor A. tra quelle dei commentatori e dei conduttori presentatori (pagina 8).

Alle medesime conclusioni la pronuncia impugnata perviene per il signor B.G., "campione di calcio del (Omissis) e in attività negli anni (Omissis), che, in virtù di contratti di collaborazione autonoma, ha prestato attività continuativa di ospite per i programmi in materia di calcio e la seconda voce nelle partite di calcio trasmesse in diretta in cui era il giornalista a fare la telecronaca (teste C.), aveva dato la propria disponibilità in contratto per tutti i giorni della settimana" (pagina 8).

La motivazione, che si è ripercorsa nei suoi snodi essenziali, è perspicua nel tracciare una chiara linea di demarcazione con le posizioni di M.C. e di Z.A., scandagliate alle pagine 7 e 8 della sentenza.

La Corte d'appello di Roma, anche sulla base dei chiarimenti offerti dalla prassi amministrativa, tratteggia il commentatore televisivo come "una figura di supporto e di sostegno al presentatore/conduttore, alla stregua di un co-conduttore" e dunque assimilato al presentatore.

Nell'individuazione delle diverse figure professionali, i giudici d'appello annettono un rilievo cruciale alle pattuizioni contrattuali e alle concrete modalità di esecuzione della prestazione lavorativa (pagina 8).

Quanto ai signori M. e Z., l'istruttoria non ha avvalorato un ruolo di presentatori, secondo gl'indici prima enucleati: difettava, in particolare, la continuità delle prestazioni e il ruolo si rivelava più circoscritto, in quanto si sostanziava nel rispondere a domande precise del conduttore o in un affiancamento puro e semplice, confinato a singoli eventi.

La sentenza impugnata non manca di differenziare le prestazioni eseguite dai signori A. e B. anche rispetto a quelle analizzate nel medesimo verbale 16/06/MI, contraddistinte da presenze sporadiche nelle trasmissioni televisive e da un ruolo marginale, relegato alla risposta a domande isolate (pagina 7).

2.2.- Il percorso argomentativo della sentenza, che si è delineato nei suoi punti nodali, non è inficiato da quelle aporie e da quelle insanabili contraddizioni denunciate con il secondo e il terzo motivo.

La pronuncia d'appello si fa carico di esaminare nel dettaglio le diverse posizioni, vaglia in maniera accurata l'istruttoria esperita e tiene conto delle peculiarità d'ogni vicenda, all'esito d'un prudente apprezzamento di tutti gli elementi probatori acquisiti.

La Corte territoriale, per le posizioni degli sportivi A. e B., non trascura di esporre le ragioni del proprio convincimento, anche nell'indispensabile raffronto con il ruolo degli altri commentatori. Lungi dall'omologare le prestazioni svolte e dall'appiattirne le particolarità, la sentenza impugnata mostra di soppesarle in maniera adeguata, in una valutazione organica ed esaustiva del materiale probatorio raccolto.

Le conclusioni, cui la Corte di merito approda, non promanano da un'indistinta equiparazione di figure differenti, che innalza ogni effimero commentatore a presentatore e conduttore, ma è il frutto di un'attenta opera di discernimento, rispettosa dei parametri normativi e dunque esente dalle censure mosse con il primo mezzo.

A tale riguardo, intelligibile e tutt'altro che imperscrutabile è il fondamento logico e giuridico della decisione: esso poggia sull'individuazione dei tratti distintivi della figura del commentatore, che può essere identificata in quella di autentico presentatore solo al ricorrere di rigorosi presupposti di fatto, che la sentenza impugnata passa in rassegna e scrutina anche alla luce delle difese dell'odierna ricorrente.

Senza sovvertire la tassatività dell'enumerazione dei lavoratori dello spettacolo e senza pretermettere l'evoluzione della realtà comunicativa, che impone l'adattamento delle categorie professionali tipizzate dalla legge, i giudici d'appello muovono dal corretto presupposto che anche il commentatore assurge a presentatore, a compartecipe della conduzione, quando la sua presenza si caratterizzi come continuativa e quando il suo ruolo sia pregnante e così travalichi quello di mero supporto tecnico e di autore di episodici commenti a margine.

Quando si riscontrino tali caratteristiche, il commentatore, nell'apportare il proprio bagaglio tecnico e la propria professionalità, finisce per cooperare in modo determinante alla stessa presentazione e alla stessa conduzione dell'evento mediatico di cui si discorre.

Le competenze sportive non danno origine a un occasionale e irrilevante controcanto, ma costituiscono parte integrante e forza propulsiva dello spettacolo, per l'incisività e per la frequenza con cui lo scandiscono, fino a costituirne componente qualificante e imprescindibile, che non è possibile immiserire a un ruolo di mero e ancillare contorno.

Non sussiste una ontologica incompatibilità tra la figura dell'opinionista e quella del presentatore, nei termini adombrati tanto nel ricorso quanto nella memoria illustrativa (pagina 4), in ragione del differente "impatto mediatico" che ogni figura possiede e di un'interpretazione che considera il commento tecnico in una sua oramai anacronistica purezza, come entità del tutto avulsa dallo spettacolo in cui pure si colloca.

In questa prospettiva, che il dato empirico s'incarica di contraddire, il commentatore si limita a dispensare in modo imparziale ed asettico il proprio sapere, senza contaminarsi con quello spettacolo che altri presenta e conduce.

In un ambito come quello sportivo, costante, invece, è l'osmosi tra il dettaglio tecnico e lo spettacolo, poiché la dimensione spettacolare è coessenziale allo sport e il commento tecnico contribuisce a illuminarla.

A quest'osmosi concorre anche l'accentuata permeabilità tra il mondo dello sport e il mondo dello spettacolo, che non si giova più soltanto dell'apporto di presentatori e conduttori professionisti, formati in via esclusiva per questo compito, ma attinge anche ad ambiti disparati e a variegati percorsi professionali.

Senza cristallizzare figure che l'esperienza presenta in modo multiforme e cangiante, occorre valutare, in ogni singola vicenda, come si atteggi il ruolo del commentatore nel contesto della trasmissione, tenendo conto dell'assetto d'interessi prefigurato dalle parti e delle concrete modalità di esecuzione della prestazione.

Il giudice è chiamato a verificare se tale ruolo sia collaterale e subalterno o se, per la costanza, per il carattere assiduo e penetrante, per la caratura non esclusivamente tecnica di mera chiosa alla partita, si tramuti in un effettivo e apprezzabile apporto alla stessa conduzione e presentazione dell'evento televisivo e così ne definisca in modo inequivocabile, anche per gli spettatori, la cifra caratteristica.

2.3.- Con questa valutazione si è cimentata la sentenza d'appello, senza incorrere nei vizi censurati con i motivi in esame.

La Corte di merito ha accertato, in fatto, che le prestazioni dei signori A. e B. trascendevano il rango di occasionale e ininfluente affiancamento tecnico e assumevano in tutto e per tutto le sembianze di partecipazione alla conduzione e alla presentazione, così collocandosi nell'alveo delle prestazioni tipiche svolte dai lavoratori dello spettacolo individuati dalla legge.

I motivi di ricorso, anche nell'evocare le norme del codice di rito (artt. 115 e 116 c.p.c.) e la disciplina sul riparto dell'onere della prova (art. 2697 c.c.), tendono a sminuire la pregnanza dell'apporto tecnico prestato dai commentatori A. e B. e si esauriscono nell'apodittica contrapposizione di una lettura riduttiva del ruolo ricoperto dagli "opinionisti".

Le censure si collocano su un piano astratto, disancorato dalla specifica dialettica processuale, e omettono di confutare i molteplici elementi di fatto enunciati dalla decisione, che il ricorso inquadra, per contro, in una ricostruzione frammentaria e parziale.

Sotto l'egida della violazione di legge e della nullità della sentenza, le censure ambiscono, a ben considerare, a ottenere una revisione del giudizio di merito, preclusa in questa sede (fra le molte, Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476), e prestano così il fianco alle eccezioni d'inammissibilità formulate nel controricorso (pagine 3 e seguenti).

3.- E' infondata, infine, la quarta censura.

3.1.- Questa Corte è costante nell'affermare che, in tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali e assistenziali, l'omessa o infedele denuncia mensile all'INPS (attraverso i cosiddetti modelli DM10) di rapporti di lavoro o di retribuzioni erogate, ancorché registrati nei libri di cui è obbligatoria la tenuta, concretizza l'ipotesi dell'evasione contributiva, di cui al L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, lettera b), e non la meno grave fattispecie di omissione contributiva di cui alla lettera a) della medesima norma (Cass., sez. lav., 27 dicembre 2011, n. 28966).

L'omissione, invocata nell'odierno giudizio dalla ricorrente, riguarda le sole ipotesi in cui il datore di lavoro, pur avendo provveduto a tutte le denunce e registrazioni obbligatorie, ometta il pagamento dei contributi.

L'omessa o infedele denuncia configura occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e fa presumere l'esistenza della volontà del datore di lavoro di realizzare tale occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti. Conseguentemente, grava sul datore di lavoro inadempiente l'onere di provare la mancanza dell'intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede (Cass., sez. lav., 25 agosto 2015, n. 17119).

A tale onere, tuttavia, il contribuente non ottempera allegando la mera circostanza della corretta annotazione dei dati, omessi o infedelmente riportati nelle denunce, sui libri di cui è obbligatoria la tenuta. Tali libri, difatti, restano pur sempre nell'esclusiva disponibilità del datore di lavoro e sono assoggettati a verifica da parte dell'istituto previdenziale solo in occasione delle ispezioni (Cass., sez. lav., 10 maggio 2010, n. 11261).

3.2.- A tale orientamento, confermato anche di recente (Cass., sez. lav., 24 giugno 2022, n. 20446) e richiamato anche nel controricorso (pagine 8, 9 e 10), si è uniformata la sentenza d'appello, che ha ricostruito con dovizia di richiami gli approdi della giurisprudenza di legittimità (pagine 9, 10 e 11) e, alla luce dei principi espressi in molteplici occasioni da questa Corte, ha esaminato la questione controversa.

In consonanza con le pronunce prima richiamate nelle loro enunciazioni salienti, la Corte territoriale ha osservato che "Stante il suddetto collegamento funzionale tra denunce mensili obbligatorie e pagamento dei contributi dovuti, l'omissione o l'infedeltà della denuncia è di per sé sintomatica (ove non meramente accidentale, episodica, strettamente marginale) della volontà di occultare i rapporti e le retribuzioni al fine di evitare, nell'auspicata (...) e non implausibile possibilità che la mancanza di successivi accertamenti o riscontri (...) consentano de facto di sottrarsi all'adempimento contributivo ovvero di effettuare il pagamento della contribuzione in misura inferiore al dovuto" (pagina 10 della sentenza impugnata).

In fatto, la Corte di merito ha accertato che il reale rapporto di lavoro, instaurato con i collaboratori esaminati nel corso delle verifiche, è stato occultato ed è stato ricostruito solo all'esito delle ispezioni.

I giudici d'appello hanno poi escluso che la società ricorrente abbia allegato circostanze indicative dell'insussistenza dell'intento fraudolento (pagine 10 e 11).

3.3.- Tali affermazioni, coerenti con la distinzione che intercorre tra evasione e omissione, sono sorrette da una motivazione particolareggiata in ordine alle circostanze di fatto rilevanti e alla labile valenza significativa dei dati anche in questa sede valorizzati dalla ricorrente.

La sentenza impugnata, pertanto, non incorre nelle violazioni di legge denunciate con il quarto mezzo.

4.- In virtù dei rilievi svolti, il ricorso dev'essere, nel suo complesso, respinto.

5.- La parte ricorrente deve rifondere all'INPS, parte controricorrente, le spese del presente giudizio (art. 385, comma 1, c.p.c.), liquidate nella misura indicata in dispositivo alla stregua del valore della controversia e dell'attività processuale svolta.

Nessuna statuizione si deve adottare in ordine alle spese nel rapporto con (Omissis) s.p.a., che non ha svolto in questa sede attività difensiva.

6.- L'integrale rigetto del ricorso, proposto successivamente al 30 gennaio 2013, impone di dare atto dell'obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge. Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, comma 1-bis dell'art. 13, ove dovuto.

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