Dimissioni della lavoratrice in gravidanza, efficacia sospesa senza la convalida ministeriale

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.5598 del 23/02/2023

L'efficacia delle dimissioni presentate da una lavoratrice durante il periodo di gravidanza, e da un lavoratore o una lavoratrice durante i primi tre anni di vita del bambino, è sospesa fino alla convalida da parte del servizio ispettivo del Ministero del Lavoro, come stabilito dall'art. 55, comma 4, del D.Lgs. n. 151 del 2001.

La Sezione Lavoro della Cassazione, con l'ordinanza n. 5598 del 23 febbraio 2023, chiarisce che terminato il periodo protetto, senza che sia intervenuta la convalida del servizio ispettivo, le dimissioni non producono l'estinzione del rapporto di lavoro.

La Suprema Corte sostiene che la specifica ratio della norma è quella di proteggere la volontà dismissiva espressa dalla lavoratrice o dal lavoratore in un periodo particolarmente delicato, contro eventuali abusi datoriali volti a viziare o condizionare in vario modo la formazione della volontà. Per questa ragione, il legislatore ha affidato ai servizi ispettivi ministeriali la verifica della effettività della volontà di risolvere il rapporto condizionando allora alla convalida l'efficacia del negozio di recesso.

Inoltre, la specifica finalità antiabusiva perseguita dalla norma risulterebbe in larga parte vanificata se si accedesse all'opzione per cui una volta trascorso il periodo protetto non sarebbe necessaria la convalida da parte dei servizi ispettivi ministeriali.

L'interpretazione secondo la ratio della norma trova ulteriore conferma nell'essere quella maggiormente coerente con l'articolo 37 della Costituzione, secondo cui le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento dell'essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.

Dimissioni della lavoratrice, periodo protetto, sospensione dell'efficacia, convalida del servizio ispettivo del Ministero del lavoro

L'efficacia delle dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino, è sospesa fino alla convalida da parte del servizio ispettivo del Ministero del lavoro, e non viceversa fino alla cessazione del periodo protetto di astensione per maternità fruito dalla interessata.

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Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n. 5598 del 23/02/2023 

Rilevato che

1. il giudice di primo grado, in parziale accoglimento della originaria domanda proposta da N.B. nei confronti di B. I di B.G. e C s.a.s e di B.G. quale socio accomandatario, ha dichiarato la esistenza inter partes di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 1.11.2006 al 21.5.2008 con diritto della ricorrente all'inquadramento nel IV livello c.c.n.l. Commercio Terziario e condannato la società resistente in solido con il socio accomandatario al pagamento delle differenze retributive e del tfr maturati dall'8 gennaio 2008 -data nella quale la N., assente per maternità, aveva rassegnato le dimissioni - al 22 maggio 2008 (in coincidenza con il venir meno del periodo "protetto") con ritenuta piena operatività delle rassegnate dimissioni;

2. la Corte di appello di Roma, in accoglimento del gravame della lavoratrice ed in parziale riforma della decisione di primo grado, nel resto confermata, ha dichiarato, ai sensi D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 55, comma 4, la inefficacia delle dimissioni rassegnate per non essere mai intervenuto il prescritto provvedimento di convalida da parte dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e condannato gli originari convenuti al pagamento in favore della suddetta degli importi corrispondenti alle retribuzioni mensili percepite dall'8 gennaio 2008 fino alla data di deposito del ricorso di primo grado, detratto raliunde perceptum nella misura risultante dalla documentazione reddituale prodotta;

3. la statuizione di riforma, unica rilevante in questa sede, è stata fondata sulla considerazione che ai sensi del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 55, la efficacia delle dimissioni era sospesa fino alla convalida da parte del servizio ispettivo del Ministero del lavoro, e non, come viceversa ritenuto dal primo giudice, fino alla cessazione del periodo protetto di astensione per maternità fruito dalla interessata;

4. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso B.G. in proprio e quale legale rappresentante di B. I di B.G. e C s.a.s sulla base di due motivi; la parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Considerato che

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 55 censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto che anche dopo il venir meno del periodo protetto collegato all'astensione per maternità, al fine della efficacia delle dimissioni, occorresse, comunque, la convalida dell'ufficio ispettivo del Ministero del Lavoro; sostiene che tale interpretazione del disposto dell'art. 55 cit. si poneva in contrasto con la ratio della norma positiva intesa a garantire la spontaneità e autenticità delle dimissione in funzione di tutela dei diritti costituzionalmente protetti dalla Cost., artt. 37 e sgg. in relazione al solo periodo riconosciuto come abbisognevole di tutela particolare, e non, quindi, per il periodo successivo;

2. con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1372 e 1218 c.c. nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per avere escluso che la condotta successiva della lavoratrice si configurasse quale comportamento concludente di recesso dal rapporto di lavoro; richiama in tale senso la avvenuta percezione dell'indennità di disoccupazione e l'attività prestata in favore di terzi subito dopo avere rassegnato le dimissioni ed il fatto che il licenziamento era stato impugnata ad oltre due anni di distanza dalle dimissioni;

3. il primo motivo di ricorso è infondato; il D.Lgs. n. 151 del 2002, art. 55, comma 4, nel testo ratione temporis applicabile così recita: " In caso di dimissioni volontarie La richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro";

3.1. la disposizione non si presta ad essere interpretata nel senso propugnato dal ricorrente secondo il quale la inefficacia delle dimissioni non convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, sarebbe limitata al solo periodo "protetto", per cui una volta trascorso detto periodo le stesse sarebbero produttive della estinzione del rapporto di lavoro; tale approdo ermeneutico non è innanzitutto sorretto dal dato testuale in quanto l'ultimo periodo del comma 4 4 dell'art. 55 D.Lgs. cit. utilizza una formula ampia, di carattere generale, dalla quale non è in alcun modo dato inferire che la necessità della convalida sia destinata a venire meno una volta trascorso il periodo oggetto di particolare protezione; in secondo luogo, occorre considerare la specifica ratio che sorregge la disposizione che è quella di salvaguardare la genuinità e la spontaneità della volontà dismissiva espressa dalla lavoratrice o dal lavoratore in un periodo particolarmente delicato, corrispondente alla gravidanza ed al primo anno di vita del bambino, contro eventuali abusi datoriali volti a viziare o condizionare in vario modo la formazione della volontà; in altri termini, il legislatore ha inteso evitare che la estinzione del rapporto di lavoro fosse solo formalmente riconducibile all'iniziativa del lavoratore o della lavoratrice presumendo che le dimissioni potessero essere influenzate "da ragioni collegate alla specifica situazione che induce a privilegiare esigenze di tutela della prole rispetto alla stabilità dell'occupazione lavorativa" (così Cass. n. 4919-2014) e che possano essere indotte dal datore di lavoro che approfitti di una peculiare situazione psicologica del dipendente. Per questa ragione il legislatore ha inteso affidare ai servizi ispettivi ministeriali la verifica della effettività della volontà di risolvere il rapporto condizionando alla convalida l'efficacia del negozio di recesso;

3.2. alla luce delle considerazioni che precedono risulta del tutto evidente che la specifica finalità antiabusiva perseguita dalla norma in tema di convalida risulterebbe in larga parte vanificata ove si accedesse all'opzione per la quale una volta trascorso il periodo protetto non sarebbe necessaria la convalida da parte dei servizi ispettivi ministeriali per il prodursi della efficacia del negozio di recesso; il legislatore ha, infatti, inteso tutelare una volta per tutte la genuinità e spontaneità della volontà del dipendente con riferimento al momento delle dimissioni ed in relazione a tale elemento temporale la cessazione del periodo protetto costituisce un fattore neutro, inidoneo ad incidere, ora per allora, sulla modalità di formazione della volontà dismissiva espressa dal dipendente; la correttezza della opzione ermeneutica qui condivisa trova ulteriore conferma nell'essere quella maggiormente coerente con la Cost., art. 37 secondo cui le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento dell'essenziale funzione familiare e assicurare alla madre ed al bambino una speciale adeguata protezione;

4. il secondo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di specificità; le censure articolate, non risultano infatti incentrate sul significato e la portata applicativa delle norme indicate in rubrica ma risultano intese a sollecitare direttamente un diverso apprezzamento delle emergenze istruttorie in tema di comportamento concludente della N., sulla base di circostanze peraltro già considerate dal giudice di merito e da questi ritenute non significative nel senso voluto dal ricorrente;

5. non si fa luogo al regolamento delle spese di lite non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;

6. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, comma 1 bis dell'art. 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 dicembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2023.

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