È sufficiente l’assenza di pregiudizio per giustificare la ripresa dei rapporti tra nonni e nipoti minorenni?
La Cassazione, con l’ordinanza n. 12317 del 9 maggio 2025, risponde negativamente: il diritto degli ascendenti ex art. 317-bis c.c. non è incondizionato e va valutato esclusivamente alla luce dell’interesse del minore.
Il caso riguarda la richiesta dei nonni paterni di riprendere i contatti con il nipote, all’epoca di circa cinque anni, con cui non avevano più rapporti da tempo. I nonni avevano agito ex art. 317-bis c.c. per chiedere al giudice di poter ristabilire un legame affettivo con il bambino.
La madre del minore, unica figura genitoriale presente poiché il padre era detenuto, si opponeva fermamente. Lamentava la mancanza di un qualsiasi rapporto precedente con i nonni, la loro assenza nel periodo della prima infanzia del minore, e faceva riferimento a episodi di grave conflittualità familiare, connotati anche da vicende penali e da condotte aggressive. Segnalava inoltre lo stato di disagio psichico della nonna e la mancata partecipazione degli ascendenti sia affettiva sia economica.
Nonostante le relazioni dei servizi sociali e del consultorio familiare, che suggerivano cautela per tutelare la serenità del bambino, il Tribunale per i minorenni aveva disposto la ripresa graduale dei rapporti attraverso incontri protetti in spazio neutro, e aveva limitato temporaneamente la responsabilità genitoriale della madre. La Corte d’Appello confermava tale impostazione. Ma la Cassazione ha accolto il ricorso della madre.
Secondo l’art. 317-bis c.c., gli ascendenti hanno diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, ma solo se ciò risponde all’interesse del minore.
La giurisprudenza consolidata (Cass. 15238/2018, 2881/2023, 6658/2025) e l’art. 8 CEDU chiariscono che non basta escludere il pregiudizio: è necessario accertare un vantaggio concreto per il minore, inteso come partecipazione affettiva e formativa da parte dei nonni.
Anche la CEDU sottolinea che ogni provvedimento deve fondarsi su un bilanciamento che privilegi l’interesse superiore del minore rispetto ai desideri degli adulti.
Nel caso specifico, i nonni non avevano mai instaurato un legame con il bambino nei primi anni di vita, non avevano contribuito al suo mantenimento né cercato contatti, pur avendo avuto occasione di farlo accompagnando il fratello maggiore del bambino alle visite. La madre aveva prodotto diverse relazioni psicosociali che sconsigliavano la ripresa forzata dei rapporti, mettendo in luce i rischi legati al contesto conflittuale e al disagio del minore.
Tuttavia, la Corte d’Appello si era limitata a escludere un pregiudizio attuale, senza accertare un beneficio concreto, come invece richiesto dalla norma e dalla giurisprudenza. Aveva fondato la propria decisione principalmente su due relazioni risalenti al 2021: quella della pedagogista dello spazio neutro, che evidenziava una generica curiosità del minore verso i nonni, e quella del neuropsichiatra infantile, che attribuiva il disagio del bambino più alle tensioni familiari che alla prospettiva degli incontri.
La Cassazione ha ritenuto questa impostazione errata: ha sottolineato che il diritto degli ascendenti non può essere imposto per via giudiziaria senza una valutazione attuale e approfondita della loro capacità relazionale ed educativa, soprattutto in contesti familiari gravemente conflittuali. Ha inoltre ribadito che non si può equiparare l’assenza di un pregiudizio a un beneficio concreto per il minore: ciò che conta è verificare se quel legame contribuisca davvero allo sviluppo sano ed equilibrato del bambino.
La Cassazione ha cassato il decreto, rinviando alla Corte d’Appello per un nuovo esame: il giudice dovrà verificare in termini positivi se la relazione con i nonni possa davvero giovare allo sviluppo affettivo ed educativo del minore, e non semplicemente se essa sia non dannosa.
Cosa ci portiamo a casa?
Non basta dire che “male non fa”: per tutelare i minori serve dimostrare che il legame con i nonni è utile, concreto, attivo.
Anche i nonni, insomma, devono fare la loro parte: affetto sì, ma dimostrato e valutato, non solo presunto.
Documenti correlati:
Cassazione civile, sez. I, ordinanza 09/05/2025 (ud. 11/02/2025) n. 12317
FATTI DI CAUSA
1. - Il ricorso riguarda il decreto assunto in data 17.5.2024 con cui la Corte d'Appello di Reggio Calabria ha respinto il reclamo proposto da Me.Va. contro il decreto in data 26.9.2023 con cui il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria - all'esito di un procedimento di volontaria giurisdizione aperto nel 2019 su ricorso avanzato dai nonni paterni del minore Ca.Do. che avevano agito ai sensi dell'art. 317 bis c.p.c., per ottenere la possibilità di conservare un rapporto affettivo col proprio nipote - allora di circa 5 anni -con il quale non avevano più contatti da anni - ha:
- confermato, in limitazione della responsabilità genitoriale della madre, il coaffido del minore al servizio sociale competente per territorio per la durata di un ulteriore biennio, con mandato di svolgere la necessaria attività di assistenza, vigilanza e sostegno psicologico, in collaborazione con l'E.I.P. competente, individuata dal coordinatore dei servizi socio-sanitari dell'ASP di Reggio Calabria in ossequio al protocollo d'intesa rinnovato in data 8.2.2017;
- confermato quale curatore speciale del minore l'avv. Vincenza Corasaniti del foro di Locri;
- demandato al S.S.T. e all'E.I.P. il compito di predisporre un calendario di incontri, in spazio neutro, tra i nonni paterni - Ca.Do. e Ce.An. - e il nipote, da attuarsi previa adeguata preparazione e secondo modalità di tempo e di luogo di svolgimento tali da preservare l'equilibrio psicofisico del minore, alla costante presenza di un operatore qualificato;
- disposto che, in caso di persistente rifiuto materno, gli operatori del S.S.T. ricorrano alle modalità previste dal decreto del 22.6.2021 avvalendosi - ove ritenuto necessario- dell'ausilio di personale specializzato dell'ASP di Reggio Calabria o della Questura di Reggio Calabria;
- disposto che, decorsi sei mesi dall'avvio degli incontri in spazio neutro, le agenzie delegate procedano ad una graduale liberalizzazione degli incontri stessi, sempre che ciò sia praticabile e ritenuto funzionale all'interesse preminente del minore;
- invitato le predette agenzie a trasmettere periodicamente alla Procura della Repubblica in sede relazioni di aggiornamento sulle condizioni personali e familiari del minore e sull'andamento degli incontri con i nonni paterni segnalando eventuali criticità o situazioni di pregiudizio;
- prescritto alla madre del minore - a pena di più drastici provvedimenti - di astenersi da qualsiasi condotta che possa recare ulteriore pregiudizio al figlio e di attenersi scrupolosamente, al pari dei ricorrenti, alle disposizioni impartite dalle agenzie delegate, seguendo i percorsi di sostegno psicologico, mediazione e recupero elaborati nei loro confronti;
- disposto, quindi, l'archiviazione del procedimento.
2. Nel reclamare il decreto la sig. Me.Va., ha dedotto che il Tribunale avrebbe accolto l'istanza dei nonni paterni senza considerare le gravi condotte pregresse dei medesimi e l'assenza di alcun legame tra loro e il bambino sino alla domanda da cui era scaturita la presente procedura, sottolineando che i nonni paterni non si erano mai interessati del bambino, né avevano mai neppure provato a contribuire economicamente alle esigenze del nipote, pur sapendo che il padre di lui era ristretto in carcere. Lamentava, quindi, che la decisione fosse stata adottata senza alcuna valutazione dell'adeguatezza affettiva dei nonni e senza tener conto delle patologie (ansia e depressione) che affliggono in particolare la sig. Ce.An.
Ricordava i gravi episodi di maltrattamento vissuti quando il minore era piccolissimo (addebitati tanto all'ex compagno, quanto in parte, ai genitori di lui, per i quali erano ancora pendenti procedimenti penali, nonostante la stessa avesse rimesso la querela su insistenza degli ex suoceri) e lamentava come, in concreto, la continuità dei rapporti tra nonni e nipoti non avrebbe potuto aggiungere in positivo alcunché alla vita del bambino, il cui preminente interesse, in realtà, non era stato tutelato nella vicenda giudiziaria, non essendosi dato il giusto peso all'opportunità anche solo di evitare che il bambino venisse sottoposto alle sollecitazioni negative derivanti dall'inevitabile e giustificata difficoltà della madre di gestire il contatto con gli ex suoceri in modo sereno. Infine contestava l'omessa adeguata considerazione degli elementi istruttori emersi nel corso dell'indagine psicosociale condotta dai servizi territoriali incaricati rispetto al palesato disagio del minore con riguardo alla necessità di incontrare gli ascendenti, evidenziando anche la gravità della scelta del Tribunale di prevedere la possibilità all'occorrenza di un prelievo coattivo del minore con l'ausilio della forza pubblica.
In particolare la sig. Me.Va. faceva riferimento alla relazione del Consultorio familiare di Me.Sa. che in, data 24.7.2020 aveva espresso parere negativo "in questo specifico caso per la forte conflittualità che esiste tra i genitori del bambino che vede coinvolti anche i nonni paterni e che è sfociata in diverse denunce che impone l'obbligo vista la tenera età del minore a tutela della sua serenità di salvaguardare gli interessi del bambino che suo malgrado verrebbe coinvolto in situazioni per lui devastanti", nonché la relazione del servizio sociale del 13.7.2021 che riferiva di un comportamento non consono dei nonni paterni e raccomandava e rilevava la necessità "di avere un profilo psicologico su questi nonni al fine di verificare la loro idoneità a instaurare col minore una relazione affettiva stabile dalla quale il bambino possa trarre beneficio".
3. - La Corte d'Appello - dopo aver ripercorso l'istruttoria compiuta dal Tribunale sul ricorso dei nonni paterni, la difficoltà della sig. Me.Va. di accettare nell'interesse del figlio, il percorso che il Tribunale aveva individuato onde consentire (gradualmente e in un ambiente protetto) la ripresa dei rapporti tra il bambino e i nonni paterni, nonché le ragioni della decisione assunta in primo grado - ha ritenuto che:
- rilevanza privilegiata rivestivano agli effetti della valutazione del reclamo le relazioni della dott.ssa Trotta (pedagogista e operatrice dello "spazio neutro", che aveva curato la fase propedeutica agli incontri del minore con i nonni, ed evidenziato come il bambino non potesse ritenersi affetto da particolare stato di ansia rispetto alla possibilità di incontrare gli ascendenti, verso i quali, anzi, manifestava una certa curiosità, e che quanto riferito dal minore sui nonni in occasione degli incontri propedeutici, pareva doversi ritenere il frutto del suo assorbimento di quanto percepito dentro casa in proposito; sicché le minime resistenze del bambino, erano collegabili al forte legame con le figure di riferimento appartenenti al ramo materno, dalle quali però non era abbastanza supportato rispetto alla nuova esperienza, sebbene vi fossero buone possibilità di ottenere ausilio dalle stesse, che necessitavano a loro volta di aiuto), e del dott. Conti (neuropsichiatra infantile, che, benché la sig. Me.Va. avesse riferito che i malesseri che aveva accusato il bambino dipendevano dagli incontri con i nonni, aveva precisato che, all'atto della visita detti incontri non si erano mai verificati, come aveva appreso in seguito lo stesso sanitario, riconducendo, quindi, i disturbi osservati nel minore (disturbo del comportamento e del sonno, reattivi) alla dinamica con la madre, da cui assorbiva le percepite tensioni legate alle complesse vicende legali della donna); entrambe dette figure professionali - che avevano avuto modo di rapportarsi per un tempo adeguato e con competenze specialistiche al minore - avevano, invero, concluso concordemente per una disponibilità emotiva del bambino ad incontrare i nonni, offuscata, tuttavia, dalle tensioni percepite nella madre;
- dette risultanze erano dirimenti per ritenere "superflui ulteriori approfondimenti istruttori e per ritenere escluso un pregiudizio in capo al bambino, il cui preminente interesse sarebbe quello di poter approcciare con serenità i nonni paterni, figure, comunque, non eliminabili dalla sua vita (anche per un'auspicabile elaborazione del proprio vissuto) con il supporto specialistico necessario", che del resto era stato assicurato dalla decisione in prime cure, nella misura in cui questa prevede che gli incontri con i nonni avvengano in spazio neutro, con la presenza di figure qualificate, alle quali è stato demandato espressamente di interrompere immediatamente le sedute in caso di ravvisata necessità, a beneficio del minorenne.
Pertanto, pur dando atto delle comprensibili difficoltà manifestate dalla sig. Me.Va. nei rapporti con gli ex suoceri, ha ritenuto che la stessa- nel corso di detta vicenda - aveva tenuto un atteggiamento che, come sostenuto condivisibilmente dal curatore speciale del bambino, ha rivelato un'incapacità di gestione dei propri disagi interiori, "potenzialmente foriera di pregiudicare l'interesse del figlio più del rapporto coi nonni, sui quali allo stato non è possibile esprimere un giudizio negativo", sottolineando pure che, anche senza necessariamente aderire al proposto percorso di mediazione con gli ex suoceri, la sig. Me.Va. ben avrebbe potuto optare - a fronte delle sue difficoltà - per un supporto psicologico ed affidarsi alla valutazione operata dall'Autorità Giudiziaria deputata specificamente a tutelare i minorenni, con il confronto delle figure esterne alle quali l'Autorità stessa si è appoggiata.
In assenza di elementi significativi per sovvertire la valutazione operata dal primo giudice ha pertanto ha confermato il decreto in ogni sua parte.
3. - Contro il decreto la sig. Me.Va. ha proposto ricorso, affidato a due motivi di cassazione. I nonni paterni Ca.Do. e Ce.An. sono rimasti intimati come l'avv. Vincenza Corasaniti, curatore speciale del minore.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. - Va premesso che è ammissibile il ricorso straordinario in Cassazione a fronte di provvedimenti de potestate che abbiano un'attitudine al giudicato, in ragione della ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (v., per tutte, Cass., Sez. I, 19 marzo 2024, n. 7311), alla quale il Collegio intende dare continuità, per cui il provvedimento di reclamo avverso il decreto avente ad oggetto provvedimenti incidenti in senso limitativo o ablativo della responsabilità genitoriale, anche nel sistema normativo antecedente alla riforma di cui al D.Lgs. n. 149 del 2022 (c.d. riforma Cartabia), ha carattere decisorio e definitivo, in quanto incide su diritti di natura personalissima e di primario rango costituzionale, ed è modificabile e revocabile soltanto per la sopravvenienza di nuove circostanze di fatto, risultando perciò impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, settimo comma, della Costituzione.
Detto orientamento è stato confermato anche dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 22423/2023, che, investite della diversa questione dell'ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione contro i provvedimenti de poteste assunti nell'ambito di un procedimento di separazione o divorzio - ha ritenuto "di non ritornare sull'orientamento delle Sezioni Unite (v. sentenza n. 32359 del 2018) che ha ammesso la proponibilità del ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., avverso il decreto della corte di appello che, in sede di reclamo, conferma, revoca o modifica i provvedimenti de potestate emessi dal Tribunale per i minorenni ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c., ritenuti assistiti in tale ambito dal giudicato rebus sic stantibus".
Del resto la recente riforma (D.Lgs. n. 149 del 2022) - che ha introdotto (nel titolo IV-bis del cod. proc. civ.) un nuovo rito unificato per tutti "i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie, attribuiti alla competenza del Tribunale ordinario, del Giudice Tutelare e del Tribunale per i minorenni, salvo che la legge disponga diversamente e con esclusione dei procedimenti volti alla dichiarazione di adottabilità, dei procedimenti di adozione di minori di età e dei procedimenti attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione […]" (art. 473-bis c.p.c.) - non è applicabile ratione temporis nella controversia in esame (per espressa disposizione dell'art. 35, comma 1, del D.Lgs. n. 149 del 2022, come modificato dalla legge n. 197 del 2022, che prevede l'applicazione delle disposizioni anteriormente vigenti ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023).
Nella specie il provvedimento è limitativo della responsabilità genitoriale della madre in funzione dell'accoglimento dell'istanza dei nonni paterni a sensi dell'art. 317 - bis c.c.
2. - Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 317 bis c.c., 8CEDU e 24 della Carta di Nizza, perché la Corte di merito, ha confermato la ripresa in maniera coercitiva delle visite tra nonni e nipote sulla base del mero rilievo delle insussistenza di un reale pregiudizio per il bambino, senza accertare in concreto il beneficio che lo stesso avrebbe da una simile frequentazione, l'esistenza di un bisogno affettivo e il ricorrere di un interesse superiore a intrattenere detto rapporto.
Secondo la ricorrente il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni previsto dall'articolo 317 bis c.c., coerentemente con l'interpretazione dell'art. 8 della CEDU, non ha un carattere incondizionato ma è subordinato, nel suo esercizio, a una valutazione del giudice avente di mira l'esclusivo interesse del minore (cita Cass. n. 15238/2018). Poiché la norma tutela il diritto degli ascendenti in quanto ciò corrisponda all'interesse del minore, nel caso di specie il giudice di secondo grado avrebbe omesso di valutare se la ripresa dei contatti del minore con i nonni rispondesse effettivamente al suo superiore interesse, avendo omesso di valutare le ragioni per le quali il consultorio familiare di Me.Sa. rilevava nella relazione del 24.7.2002, come "(Omissis), fosse un bambino sereno che ha nella mamma e nello zio punti di riferimenti affettivi molto forti" e aveva espresso parere negativo sulla richiesta dei nonni poiché "pur riconoscendo l'alto valore affettivo e morale che i nonni hanno nella vita dei nipoti, il caso specifico, stante la forte conflittualità che esiste tra i genitori del bambino -che vede coinvolti anche i nonni paterni e che è sfociata in diverse denunce - impone l'obbligo - vista la tenera età del minore e a tutela della sua serenità di salvaguardare gli interessi del bambino che, suo malgrado, verrebbe coinvolto in situazioni per lui devastanti". A tale valutazione, osserva la ricorrente, deve aggiungersi il fatto che i signori Ca.Do., seppure incaricati di accompagnare il fratello Fabio presso la dimora della sig. Me.Va. a seguito di autorizzazione all'incontro tra fratelli, non avevano mai cercato alcun contatto con il nipotino né cercato di interagire con lui, anche solo parlandogli; solo a distanza di 5 anni dalla nascita del bambino i nonni paterni si sarebbero ricordati della sua esistenza, benché, fino a quel momento, nessun legame si fosse creato tra il bambino e i nonni, e non certo per mancata volontà della sig. Me.Va., ma per totale disinteresse dei nonni, anche per le forti ostilità dei medesimi nei confronti dell'odierna istante, a causa delle vicende che interessavano la stessa e il padre del bambino, figlio degli istanti; né aveva trovato smentita la circostanza che il bambino nel dicembre 2014, a soli due mesi, era stato costretto ad assistere alle minacce perpetrate ai danni della madre da parte della nonna paterna, per cui, nel caso in cui non fosse rientrata presso la dimora familiare a vivere con il bambino, avrebbe fatto in modo di far salire il padre del minore in casa sua, che l'avrebbe minacciata con la pistola; tant'è che lo stesso Andrea Ca.Do., poco dopo, si era recato presso la dimora della sig. Me.Va. e, strappandole letteralmente dalle braccia il bambino, se ne era andato con i nonni paterni; sicché soltanto l'intervento delle forze dell'ordine aveva consentito alla madre di riabbracciare il figlio.
3. - Il secondo motivo denuncia violazione falsa applicazione degli articoli 112,115,116,61 e 194 c.p.c. nonché dell'art. 61 c.p.c. in relazione all'articolo 360 comma 1 n. 3 c.p.c. per non avere la Corte di merito adeguatamente valutato la decisione di non ammettere la consulenza tecnica d'ufficio richiesta dalla sig. Me.Va., limitandosi ad affermare che non v'era necessità di procedere agli accertamenti istruttori da questa richiesti, senza chiarire per quale ragione detta necessità non ci fosse, ignorando del tutto la relazione del Servizio sociale territoriale del 13.7.2021, nella quale si riferiva di un comportamento non consono dei nonni paterni e si raccomandava e rilevava la necessità "di avere un profilo psicologico di questi nonni, al fine di verificare la loro idoneità a instaurare col minore una relazione affettiva stabile, dalla quale il bambino potesse trarre beneficio sul piano della sua formazione e del suo equilibrio psicofisico, non limitandosi ad accertare la loro disponibilità. Tutte le attenzioni si sono focalizzate sulla madre in quanto oppositiva, tralasciando di valutare la capacità di questi nonni trasmettere al bambino sentimenti di affetto e valori […] sarebbe corretto disporre una valutazione approfondita[…]".
In nessuno dei due precedenti gradi di giudizio era stata fatta alcuna indagine sui nonni, ritenuti idonei "non si sa bene in base a quale parametro", in assenza di approfondimenti idonei a stabilire l'effettiva capacità relazionale dei sig. Ca.Do.-Ce.An.
Mentre la sig. Me.Va. era stata accusata di opporsi senza alcun fondato motivo al rapporto nonni - nipote e addirittura definita come immatura.
Il provvedimento in sostanza sarebbe stato sbilanciato nel considerare l'infondatezza delle ragioni oppositive della madre e della stessa dott.ssa Stilo del servizio di Mileto Porto Salvo, che aveva seguito sin dal principio le vicende familiari di madre e minore, ritenuta inattendibile - in tesi della ricorrente -in quanto anch'ella sfavorevole alla ripresa dei rapporti nonni/nipote. D'altro lato, il servizio deputato agli incontri propedeutici all'avvio della frequentazione nonni-nipote era stato ritenuto attendibile in quanto favorevole agli incontri, pur in assenza di alcuna indagine sui nonni paterni, sulla loro capacità affettiva, onde valutare e chiarire, in maniera oggettiva, se corrispondesse al superiore interesse del bambino ripristinare il rapporto coi nonni oppure no. In assenza, peraltro, di alcuna pregressa interazione reale tra il bambino e i nonni che potesse consentire di valutare dette capacità relazionali ed affettive stante anche l'esito negativo dell'unico incontro, avvenuto nel gennaio 2022.
Infine osservava la ricorrente che la Corte ha ritenuto di dare rilevanza privilegiata a due relazioni (dott.ssa Trotta e dott. Co.) risalenti al 2021 senza alcun aggiornamento della situazione.
4. - I due motivi possono essere esaminati congiuntamente in ragione della evidente connessione, in sintesi riguardando una erronea applicazione dell'art. 317 bis c.c. in ragione di una scorretta prospettiva valutativa, incentrata, cioè, sulla verifica che la richiesta dei nonni paterni di riprendere i contatti con il nipote dopo vari anni non fosse di pregiudizio per il minore e non creasse nel medesimo sofferenza o disagio, laddove, invece, la verifica avrebbe dovuto essere incentrata sul fatto che la ripresa di detti rapporti corrispondesse - nello specifico contesto - ad un interesse reale del bambino (primo mezzo), anche in ragione dell'accertata capacità affettiva e relazionale degli istanti quale fonte di quel contributo che la relazione dei nonni con i nipoti può aggiungere al loro percorso di sviluppo e crescita, accertamento tanto più importante in un contesto caratterizzato da un forte conflitto tra i genitori del bambino, che aveva generato procedimenti penali in cui erano coinvolti anche i nonni paterni, e che aveva visto i nonni schierati con il padre anche nel portare a termine gesti gravemente disturbanti per il bambino, oltre che del tutto illegittimi ed arbitrari; accertamento, tuttavia, del tutto omesso in quanto ritenuto immotivatamente non necessario (secondo mezzo).
4.1 - L'esame degli stessi merita di essere preceduto da una ricognizione degli arresti di legittimità cui è pervenuta in materia questa Corte.
4.2 - L'art. 317 bis c.c. prevede che gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni e che al fine di ottenere tutela di tale diritto possono ricorrere al giudice "Affinché siano adottati provvedimenti più idonei nell'esclusivo interesse del minore". Come è stato rilevato (v. Cass. n. 15238/2018 in motivazione) detta posizione soggettiva - a differenza di quella precedentemente prevista dall'art. 115 primo comma c.c. ed ora trasfusa nell'art. 337 ter primo comma c.c. introdotto, come il precedente, dalla legge n. 154/2013 - è attribuita agli ascendenti non già in via indiretta, come riflesso della tutela accordata all'interesse del minore nell'ambito della crisi dell'unione tra i genitori, e ha, quindi, consistenza di vero e proprio diritto soggettivo, essendo tutelata in via principale, indipendentemente dalla predetta crisi ed anche nei confronti di una volontà comune dei genitori, sia pure subordinatamente ad una valutazione dell'interesse del minore.
4.3. È principio consolidato quello per cui "Il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, previsto dall'art. 317-bis c.c., coerentemente con l'interpretazione dell'articolo 8 Cedu fornita dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, non ha un carattere incondizionato, ma il suo esercizio è subordinato ad una valutazione del giudice avente di mira "l'esclusivo interesse del minore". La sussistenza di tale interesse - nel caso in cui i genitori dei minori contestino il diritto dei nonni a mantenere tali rapporti - è configurabile quando il coinvolgimento degli ascendenti si sostanzi in una fruttuosa cooperazione con i genitori per l'adempimento dei loro obblighi educativi, in modo tale da contribuire alla realizzazione di un progetto educativo e formativo volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalità del minore, nell'ambito del quale possa trovare spazio anche un'attiva partecipazione degli ascendenti, quale espressione del loro coinvolgimento nella sfera relazionale ed affettiva del nipote " (Cass. n. 15238/2018).
La centralità dell'interesse del minore è, del resto, condivisa anche dalla giurisprudenza della Corte EDU che - come già affermato da questa Corte in diverse pronunce (v. Cass. cit. e Cass. n.2881/2023) con specifico riferimento alla posizione dei nonni, ha affermato che l'art. 8 CEDU ha essenzialmente lo scopo di premunire l'individuo contro le ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri, ma non si limita, a imporre allo Stato di astenersi da ingerenze, giacché a questo impegno negativo possono aggiungersi obblighi positivi inerenti a un rispetto effettivo della vita privata o familiare. Questi obblighi possono implicare l'adozione di misure volte al rispetto della vita familiare nelle relazioni degli individui tra loro, tra cui la predisposizione di un "arsenale giuridico" adeguato e sufficiente per garantire i diritti legittimi degli interessati, nonché il rispetto delle decisioni giudiziarie o delle misure specifiche appropriate. Un simile "arsenale" deve permettere allo Stato di adottare misure idonee a riunire il genitore e il figlio, anche in caso di conflitto che oppone i due genitori, e lo stesso vale quando si tratta delle relazioni tra il minore e i nonni, dovendo lo Stato attivarsi per favorire la comprensione e la cooperazione di tutte le persone interessate, tenendo conto - in particolare - degli interessi superiori del minore e dei diritti conferiti allo stesso dall'art. 8 della Convenzione (cfr. Corte EDU, 20/1/2015, Manuello e Nevi c. Italia; Corte EDU, 7/12/2017, Beccarini e Ridolfi c. Italia).
Questa Corte (v. ancora Cass. n.2881/2023) ha, altresì, precisato che "Il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni è funzionale all'interesse di questi ultimi e presuppone una relazione positiva, gratificante e soddisfacente per ciascuno di essi, pertanto il giudice non può disporre il mantenimento di tali rapporti dopo aver riscontrato semplicemente l'assenza di alcun pregiudizio per i minori, dovendo invece accertare il preciso vantaggio a loro derivante dalla partecipazione degli ascendenti al progetto educativo e formativo che li riguarda, senza imporre alcuna frequentazione contro la volontà espressa dei nipoti che abbiano compiuto i dodici anni o che comunque risultino capaci di discernimento, individuando piuttosto strumenti di modulazione delle relazioni, in grado di favorire la necessaria spontaneità dei rapporti", osservando anche (v. motivazione) che in ogni caso le questioni concernenti le modalità con cui riconoscere il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni devono essere risolte alla luce del primario interesse del minore, secondo un principio di carattere generale che è riconducibile agli artt. 2,30 e 31 Cost., come la Corte costituzionale ha più volte chiarito (in questo senso, per tutte, la sentenza n. 79/2022), e che viene proclamato anche da molteplici fonti internazionali, indirettamente o direttamente vincolanti il nostro ordinamento (la Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176; la Dichiarazione sui principi sociali e legali riguardo alla protezione e sicurezza sociale dei bambini, approvata a New York il 3 dicembre 1986; il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881; la Convenzione di Strasburgo in materia di adozione, elaborata dal Consiglio d'Europa, entrata in vigore il 26 aprile 1968 e ratificata dall'Italia con la legge 22 maggio 1974, n. 357), nonché da fonti europee (l'art. 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, CDFUE, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adottata a Strasburgo il 12 dicembre 2007; gli artt. 8 e 14 CEDU).
L'interesse superiore del minore, perciò, deve costituire la considerazione determinante e, a seconda della propria natura e gravità, può prevalere su quello dei genitori o degli altri familiari (cfr. Corte EDU, 9/2/2017, Solarino c. Italia).
4.4. - Se perciò "è fuor di dubbio che ciascun minore ha un rilevante interesse a fruire di un legame, relazionale ed affettivo, con la linea articolata delle generazioni che, per il tramite dei propri genitori, costituiscono la sua origine" (Cass. cit) laddove in casi particolari si generino situazioni limite, che esigono l'intervento giudiziale, onde far superare le frizioni fra gli adulti, detto intervento giudiziale, al fine di assicurare il beneficio di una frequentazione fra ascendenti e nipoti capace di reciproco arricchimento affettivo, deve "preoccuparsi di verificare, in termini positivi, la possibilità di procedere a un simile coinvolgimento, costituente il presupposto indispensabile per un'utile cooperazione degli ascendenti all'adempimento degli obblighi educativi e formativi dei genitori", coinvolgimento che ha una consistenza ben diversa dalla mera constatazione dell'insussistenza di un reale pregiudizio nel passare del tempo con i nonni, "perché implica un accertamento non - in termini negativi - della mera mancanza di conseguenze pregiudizievoli in esito alla frequentazione, bensì - in termini positivi - della possibilità per gli ascendenti di prendere fruttuosamente parte attiva alla vita dei nipoti attraverso la costruzione di un rapporto relazionale ed affettivo e in maniera tale da favorire il sano ed equilibrato sviluppo della loro personalità". (Cass.n. 2881/2023 cit.).
Come osservato ancora da questa Corte, con argomenti che il Collegio condivide, se si considera che la responsabilità genitoriale e i connessi diritti relativi alla relazione con i figli, quanto il diritto degli ascendenti di mantenere rapporti significativi con i nipoti costituiscono situazioni giuridiche "serventi", focalizzate sul primario interesse del minore, sulla sua protezione e sull'esigenza che egli cresca con il sostegno di un adeguato ambiente familiare, capace anche di assicurare il vantaggio derivante da una relazione positiva con le relazioni precedenti, non può che concludersi che in caso di conflittualità fra genitori e ascendenti "non si tratti di assicurare tutela a potestà contrapposte individuando quale delle due debba prevalere sull'altra, ma di bilanciare, se e fin dove è possibile, le divergenti posizioni nella maniera più consona al primario interesse del minore", il cui sviluppo è normalmente assicurato dal sostegno e dalla cooperazione dell'intera comunità parentale.
"Il compito del giudice, dunque, non è quello di individuare quale dei parenti debba imporsi sull'altro nella situazione di conflitto, ma di stabilire, rivolgendo la propria attenzione al superiore interesse del minore, se i rapporti non armonici (o addirittura conflittuali) fra gli adulti facenti parte della comunità parentale si possano comporre e come ciò debba avvenire"; il che comporterà verificare - in caso di rapporti conflittuali fra genitori e ascendenti - se si possa in qualche modo attuare una cooperazione fra gli adulti partecipanti alla comunità parentale nella realizzazione del progetto educativo e formativo del bambino, determinare le concrete modalità di questa necessaria collaborazione, tenendo conto dei differenti ruoli educativi, e stabilire, di conseguenza, i sistemi più proficui di frequentazione e le più opportune modalità di organizzazione degli incontri; ricorrendo "a strumenti di modulazione delle relazioni che sappiano creare spontaneità (e dunque significatività) di relazione con i minori piuttosto che imporre rapporti non desiderati"; tanto più laddove l'ostilità, la conflittualità, o il rancore che le pregresse vicende familiari possano avere generato, possano influire negativamente sui minori, specie di tenera età, che vanno invece preservati dal rischio di sentirsi oggetto di contesa, chiamati a compiacere l'uno o l'altro degli adulti in conflitto, di assorbire inconsciamente da costoro la tensione o il risentimento o la disistima che, inevitabilmente, provvedimenti "coercitivi" e non "condivisi" finiscono per alimentare.
4.5 - Traducendo nel caso di specie detti principi regolatori della materia, deve rilevarsi che entrambi i motivi di gravame meritano accoglimento.
4.5.1 - La stessa Corte di merito, nel ricostruire la vicenda, dà atto del fatto che la reclamante si era lamentata che la decisione del primo giudice fosse stata adottata senza alcuna valutazione dell'adeguatezza e della capacità affettiva dei nonni paterni, che non avevano da anni alcun contatto con il bambino né mostrato alcun interessamento al riguardo, neppure agli effetti di offrire un contributo di mantenimento stante il fatto che il padre del medesimo era ristretto in carcere, e ciò, nonostante che non fosse loro impedito dalla madre di vedere il nipote, dato che erano loro stessi ad accompagnare il fratello maggiore (figlio del solo Ca.An.) al domicilio della sig. Me.Va. affinché questi vedesse il proprio fratello, incontri durante i quali - a dire della sig. Me.Va. senza che risultino smentite in atti - i nonni non erano in grado di avere alcun rapporto o approccio con il bambino; e senza tener conto delle patologie che affliggevano, in particolare, la nonna del minore, per quanto dalla medesima documentato. Dà, altresì, atto la Corte di merito che nel gravame la sig. Me.Va. aveva posto in evidenza che il Consultorio familiare di Me.Sa. nella relazione di osservazione depositata al giudice, avesse aderito alle perplessità della reclamante rispetto all'opportunità di far incontrare il bambino coi nonni paterni, stanti le gravi vicende pregresse, le comprensibili ritrosie della madre, e l'opportunità "di dare più tempo" - in tale contesto - al bambino.
È risultata chiara inoltre alla Corte di merito - come al Tribunale - l'indisponibilità della madre ad affrontare un percorso di mediazione con i nonni, in ragione di una diffidenza e di rancori risalenti, che hanno condotto l'autorità giudiziaria di primo grado a rispondere nei contestati termini di disporre una limitazione della responsabilità genitoriale della madre, e di procedere nella tutela del diritto dei nonni anche - se del caso avvalendo di forme di intervento coercitive, sia pure affidate a personale specializzato.
4.5.2 - Pur dando atto di queste ragioni di doglianza e di questa complessità del contesto in cui dare attuazione al diritto dei nonni paterni, la Corte di merito ha ritenuto superflui ulteriori approfondimenti istruttori, alla luce delle relazioni della dott.ssa Trotta e del dott. Conti - che pure erano risalenti di tre anni - in quanto ha giudicato le stesse sufficienti ad escludere "un pregiudizio in capo al bambino il cui preminente interesse sarebbe proprio quello di potersi approcciare con serenità con i nonni anche per un'auspicabile elaborazione del proprio vissuto" (benché, è necessario osservare, il dott. Co., dopo aver osservato che "i disturbi reattivi di Ca.Do. sembrano più verosimilmente legati alla complessa situazione legale in cui si trova la madre che si riverberano sul rapporto madre e figlio", conclude la sua relazione del 26.7.2021 - v. doc. all. sub 18, fascicolo II grado - rilevando che "si ritiene che la sig. Me.Va. debba intraprendere un percorso di sostegno psicologico per superare il vissuto con il padre di Ca.Do. e i suoi nonni paterni. All'attuale non è possibile prevedere il comportamento e le reazioni dei minori agli incontri protetti con i nonni paterni"), laddove il nodo decisorio da sciogliere non stava - come si è detto - nella "esclusione di un pregiudizio" bensì nell' "accertamento di un interesse del bambino", non potenziale ("sarebbe quello") ma attuale e concreto, misurato sul contesto specifico, reso assai complesso per effetto, non solo delle vicende penali sottostanti ai rapporti tra i genitori e coinvolgenti - per certi versi - anche i nonni, ma anche, e soprattutto, in ragione dell'assenza di una pregressa relazione nipote-nonni, i quali, invero, più che per tutelare il diritto "a mantenere rapporti significativi" con il bambino, agivano per costruire con il medesimo una relazione ex novo, a distanza di anni, e senza aver mai cercato - a quanto risulta - di recuperare prima un rapporto né con il bambino né con la madre, non risultando smentito in atti quanto dalla madre affermato a proposito dell'assenza di una sua indisponibilità, o di comportamenti impeditivi o ostativi.
4.5.3 - Poiché, dunque, la ratio che sorregge la decisione non è quella richiesta dalla norma dell'art. 317 bis c.p.c. nella lettura ermeneutica che della stessa si ricava dalla giurisprudenza di questa Corte e da quella della Corte EDU, che, si ribadisce "implica un accertamento non - in termini negativi - della mera mancanza di conseguenze pregiudizievoli in esito alla frequentazione, bensì - in termini positivi - della possibilità per gli ascendenti di prendere fruttuosamente parte attiva alla vita dei nipoti attraverso la costruzione di un rapporto relazionale ed affettivo e in maniera tale da favorire il sano ed equilibrato sviluppo della loro personalità", ne consegue che la decisione va cassata affinché la Corte riesamini la vicenda adeguandosi ai predetti principi, tenendo in principale conto: a) la norma invocata è a tutela della conservazione dei rapporti con gli ascendenti; b) l'interesse del minore è il bene tutelato e non le aspirazioni degli adulti.
4.5.4 - Per altro verso la decisione risulta carente anche sotto il profilo denunciato con il secondo motivo, che, benché rubricato in relazione alla violazione di legge, appare illustrato, in effetti, sotto il profilo della assenza per apoditticità della motivazione in punto rigetto degli approfondimenti istruttori motivatamente richiesti. Ed invero la Corte ha ritenuto "di rigettare il reclamo avanzato dalla Me.Va. senza necessità di procedere agli accertamenti istruttori da questa richiesti", senza ulteriori spiegazioni se non quella con cui osserva di ritenere di "accordare rilevanza privilegiata" alle relazioni predette (Trotta e Conti) che però riguardavano l'osservazione del minore, e non dei nonni, che nessuno degli operatori coinvolti risulta essere mai stato chiamato a valutare, né in primo né - tantomeno appunto - in secondo grado, benché al di là del poco significativo (prevedibile) atteggiamento collaborativo con l'autorità giudiziaria da loro stessi adita, nessun riscontro obbiettivo sia stato menzionato o considerato a proposito di un loro interesse pregresso per il bambino, dei motivi oggettivi che ne avevano ostacolato eventualmente la relazione, della capacità relazionale (anche in funzione del percorso mediativo proposto alla madre) ed affettiva, in funzione della valutazione della loro legittima istanza ma pur sempre nella prospettiva preminente dell'interesse del minore ad intraprendere - in un contesto obiettivamente complesso- un percorso di riavvicinamento alle figure degli ascendenti, ed individuare il modo corretto per farlo.
5. - Il ricorso va pertanto accolto. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Reggio Calabria in diversa composizione che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.
6. - In caso di diffusione, devono essere omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma dell'art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi alla Corte di appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.
Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1 Sezione Civile dell'11 febbraio 2025.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2025.